Politica, istituzioni e territorio. Dialogo oltre i partiti
Giuseppe Adamoli   adamoli1@alice.it
inserito il 2/9/2009 alle 12:35

Un articolo di Romano Prodi sul Messaggero del 14 agosto ha aperto un interessante dibattito sul riformismo in Italia e in Europa. Non la solita discussione astratta perché Prodi sottopone a critica netta l’esperienza stessa del centrosinistra in Italia da lui guidato. Nella discussione sono intervenuti in molti, fra cui segnalo particolarmente Piero Sansonetti su “L’altro”, Antonio Polito su “Il riformista”, Stefano Menichini su “Europa”. Si tratta di pagine suggestive ed efficaci perché sganciate da un immediato impatto sulla competizione fra i candidati alla segreteria del Pd.
Di Prodi, che leggo e ascolto sempre con enorme rispetto, condivido l’idea che «per vincere i riformisti debbono elaborare nuove idee e proposte […] ribadendo con forza il ruolo dello Stato come regolatore di un mercato finalmente pulito». Condivido anche la considerazione che «la rapidità con cui gli estremisti del mercato si sono impadroniti del linguaggio dei riformisti è degna di un premio Nobel». Da questo punto di vista il neostatalismo di Tremonti è illuminante.
Ciò che davvero non mi va giù della diagnosi europea di Prodi è che «la causa della sconfitta di questa grande stagione è da individuare nel fatto che […], nella prassi di governo, Tony Blair, e i governi che ad essa si erano ispirati, si limitavano ad imitare le precedenti politiche dei conservatori inseguendone i contenuti ed accontentandosi di un nuovo linguaggio». Dire che quello di Blair era riformismo solo verbale può essere una giustificazione per i risultati non brillanti del centrosinistra in Italia. Ma questa consolazione rende più difficile capire che cosa possa essere il riformismo in Italia nel nuovo secolo. Se quel modello, debitamente depurato degli errori compiuti (come la guerra in Iraq) non va bene, qual è l’esempio storicamente realizzato che può essere considerato come un riferimento valido?
Piero Sansonetti, un intellettuale-giornalista che mi piace seguire per una lettura da sinistra della politica italiana, afferma che se un lettore non sa chi è l’autore dell’articolo di Prodi potrebbe supporre che sia Fausto Bertinotti. E prosegue: «Cosa dice, in sostanza, Prodi? […] Azzeriamo e proviamo a ricostruire una nuova sinistra, non più divisa tra moderati e radicali e non più costretta a schiacciarsi sul centro o addirittura sulla destra».
Forse l’eccessivo entusiasmo non ha dettato a Sansonetti l’interpretazione più corretta. Però la critica pesante che Prodi fa dell’Ulivo porta acqua al mulino di chi crede che il centrosinistra abbia fallito per eccesso di liberalismo, ma non è così. In realtà anche le “lenzuolate” liberali di Pierluigi Bersani sono abortite non perché l’intuizione non fosse valida, ma perché non sono state adeguatamente  sostenute con la fermezza necessaria per avere successo contro i corporativismi che voleva combattere.
Temo che l’analisi di Prodi possa favorire anche il disegno di chi vuole scomporre e ricomporre il campo del Pd fino a rappresentare tutta o quasi la sinistra dando così un addio definitivo al centro e ai moderati. Saremmo così condannati all’irrilevanza per un tempo lunghissimo.

Categoria: Idee e proposte
Commenti dei lettori: 16 commenti -
Caro Giuseppe, condivido la tua analisi. Se anche la stagione di Blair non rappresenta un modo di interpretare l'inizio del nuovo millennio, allora che dire dell'esperienza dell'ultimo governo di centro sinistra in cui Prodi era costretto a correre per cercare di accontentare tutte le anime della sua maggioranza? Il PD deve capire finalmente che la battaglia si vince al centro e che l'idelogia della sinistra unita ci condannerà alla marginalità per decenni.
Scritto da Angelo il 2/9/2009 alle 14:02
Molto interessante. Quando avevo visto l'articolo di Prodi mi ero domandato anch'io quale riformismo avesse in testa lui. Francamente non l'ho capito. Vuole tornare all'Unione? Vade retro Satana.
Scritto da Gianfranco G. il 2/9/2009 alle 14:15
Questa è la vera discussione congressuale che però latita su questo punto chiave. A me vanno bene sia Franceschini che Bersani, ma sul problema posto da Prodi, che tu hai illustrato chiaramente, che cosa dicono?
Scritto da Uslenghi il 2/9/2009 alle 15:48
Caro Giuseppe, ti chiedi : " qual'è l'esempio storicamente realizzato che può essere considerato come riferimento valido?" NON C'E'. Hanno fallito tutte le soluzioni di liberismo sfrenato e quelle socialdemocratiche hanno fatto il loro tempo. Tutto va ripensato e costruito dal nuovo. Questa la difficoltà nostra e non solo nostra. Invece stiamo ancora cercando modelli . Abbiamo troppe paure. Se ci fa paura anche Prodi, stiamo prorio male. Certo il nostro è un compito immane.
Scritto da AMBROGIO VAGHI il 2/9/2009 alle 17:05
Il dibattito innescato dall'intervento di Prodi è la cosa più interessante di questo (stanco) dibattito pre-congressuale. La riflessione che traggo è che l'Ulivo - nelle sue varie declinazioni - non ha realmente creduto (al di là di vuote parole) nella visione liberal-riformista incarnata da Tony Blair e incentrata sulla persona, sulla sua autonomia, sulla sua libertà e sulla sua responsabilità. E ora forte è la tentazione del ritorno alle origini, alle parole d'ordine della sinistra tradizionale o del solidarismo cattolico, che privilegiano sempre la dimensione del collettivo rispetto alla dimensione dell’individuale. Secondo me, questo sarebbe un tragico errore.
Scritto da Alfred il 2/9/2009 alle 18:01
Torniamo sul tema. La battaglia si vince sia al centro che a sinistra.Dobbiamo cessare di vedere esclusivamente rapporti o scelte alternative di vertice. O con Casini, o con Ferrero, o con Di Pietro. Si vince allargando il PD tra l'elettorato nelle due direzioni Interpretando bisogni, attese ed aspirazioni che non sono alternative. Il dibattito congressuale del PD latita ? Avrà dei limiti ma dipende da dove lo si vuole trovare. Venerdì 4 / 9 Enrico Letta è a Varese al De Filippi alle 18.30.
Scritto da A.Vaghi il 2/9/2009 alle 20:27
Dire come fa Ambrogio Vaghi che non ci sono modelli storicamente validi per il nostro riformismo mi sembra pessimistico. Diverso è dire che nessun paese può limitarsi ad imitarne un altro perchè ciascuno ha le sue specificità. Prodi afferma che tutto il riformismo europeo è fallito, ma per fortuna non è così. In Italia è fallito il suo governo perchè aveva dentro troppe contraddizioni. Si vuole tonare all'Unione? Ma per carità!
Scritto da Andrea M. il 2/9/2009 alle 21:21
Sento in giro per Milano che c'è nostalgia di Bertinotti, Ferrero e compagnia. E pensare che due anni fa eravamo tutti ad esaltarci per la "vocazione maggioritaria" di Veltroni. Un pò di serietà, per favore. Non ti conosco ma vai avanti.
Scritto da Giulio P. il 2/9/2009 alle 21:27
Perchè vi scandalizzate? Prodi è ancora legato all'Unione. Per vincere avete ancora bisogno di noi della sinistra vera. Adamoli è coerente e lo stimo ma deve convincersene anche lui (però così averne di Adamoli).
Scritto da Mario il 2/9/2009 alle 21:55
Alfred dice giusto. Ormai il PD sta perdendo quasi del tutto l'impostazione liberal-riformista. In Lombardia questo è suicida per il PD.
Scritto da Ghiringhelli il 2/9/2009 alle 22:10
Caro Adamoli, non ti rendi conto che parli nel deserto? Li sei sprecato e sottostimato.
Scritto da Un ciellino doc il 2/9/2009 alle 22:39
Tutti si dicono riformisti ma che cosa è il riformismo? Boh. Dal tuo scritto forse qualcosa di più ho capito. Ma non basta. In ogni caso mai più l'Unione.
Scritto da Un giovane PD il 2/9/2009 alle 22:45
Caro ciellino doc, tu parli del deserto del PD, ma che cosa è il tuo campo? un giardino fiorito? Di che cosa?
Scritto da Ex DS di sinistra il 3/9/2009 alle 09:41
Io credo si debba riflettere sull'affermazione "scomporre e ricomporre l'elettorato" (Letta usa “spacchettare”) però poi aggiungono chi SINISTRA, chi LIBERALDEMOCRATICI, chi... più ne ha più ne metta. E così di strada non ne facciamo molta. Io dico che se, per svariate ragioni (anche etiche e morali) il "centrosinistra" è ora minoranza nel paese giocoforza dobbiamo ridefinire i confini ideologici, programmatici e di orizzonte politico, a partire dalla categorie politiche sinistracentrodestra. L’alternativa, come dice anche quel simpatico mattacchione di Cossiga, potrebbe essere, rivalutando il concetto di classe e di lotta di classe modernamente inteso, dare all’Italia una “sinistra” moderna, rischiando però di pagare un duro prezzo, la fine del PD come ce lo eravamo sognati.
Scritto da Lele il 3/9/2009 alle 10:54
ma uno che all'individuo non ci crede, come me, perchè dovrebbe votare per una sinistra liberale-liberale...e in che cosa questa sinistra sarebbe tale ? forse ragiono al passato, ma a me sembra che sia il liberalismo ad avere fallito...da quando il neo-liberismo si è affermato, è la mia condizione INDIVIDUALE ad essere peggiorata : meno soldi, meno sicurezza...Prodi ha ragione : se invece di risanare il deficit fosse partito con un po' di zucchero per la povera gente, forse sarebbe sempre lì.
Scritto da marco il 3/9/2009 alle 22:35
@Marco. Mi piacciono alcuni dei tuoi spunti. Però fai attenzione a non confondere LIBEALISMO e LIBERISMO, sono cose completamente diverse, guarda che Einaudi si sarebbe arrabbiato. A proposito, molti affermano, riprendendo non so chi, che il liberismo "non esiste"... li invito a leggere un saggio di Einaudi che invece, 50 anni fa, diceva l'esatto contrario e che affronta propro le differnze tra le due "ideologie".
Scritto da Spartacus il 4/9/2009 alle 11:03
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