Politica, istituzioni e territorio. Dialogo oltre i partiti
Giuseppe Adamoli   adamoli1@alice.it
inserito il 11/7/2011 alle 08:55

 

Nella base dei militanti e degli elettori del Pd c’è insoddisfazione per l’astensione alla Camera sull’abolizione delle Province. Tutta la questione è stata mal gestita: dal governo, dal fronte abrogazionista e anche da chi si è astenuto. Adesso però bisogna guardare avanti.
Oggi le province sono 110, quasi il doppio di 150 anni fa. E’ bene sapere che l’esplosione delle province è opera della Destra e della Sinistra storica e di tutti i partiti della Prima e della Seconda Repubblica.
Negli ultimi decenni, sempre su base bipartisan, sono nate province che hanno una popolazione risibile, motivazioni per lo più assistenziali, spese generali e di rappresentanza alte.
Rimandare la riforma delle province alle mitologica trasformazione generale della pubblica amministrazione significa prenderci in giro.
Le strade possibile sono due.
Primo, riduzione drastica del numero delle province con parametri  rigidi e invalicabili. Inoltre, incompatibilità assoluta tra le 14 Città metropolitane (nove decise dal parlamento e cinque dalle Regioni a Statuto speciale) con  le rispettive province. Non servono a questo scopo leggi costituzionali con iter lunghi e complessi.
Secondo, trasformare le province che restano dopo questa forte sforbiciata in organismi formati dai sindaci che si eleggono il loro presidente. Le funzioni provinciali verrebbero salvate ma si eliminerebbero i costi elettorali e tutte le bardature politiche che non sono più giustificabili.
La Lombardia alla fine degli anni settanta aveva tentato questa innovazione istituendo i comprensori che dovevano sostituire le province (come sindaco ero stato il primo e unico presidente di quello di Varese). Strada giustamente abbandonata quando il Parlamento decise di non eliminare le province dalla Costituzione.
Le due strategie non sono incompatibili ma complementari.
E’ certamente sbagliato includere tutte le spese delle province tra i costi della politica. I loro investimenti (strade, scuole, lavori pubblici locali) sono insopprimibili. Ma un bel dimagrimento degli apparati politico-burocratici è ormai improrogabile.

 

Categoria: Idee e proposte
Commenti dei lettori: 56 commenti -
Resta il fatto che il Pd ha nuovamente deluso gli elettori con una astensione che pochi hanno capito. Quando la smetterete con le tattiche parlamentari e darete ascolto alla base ed ai vostri potenziali sostenitori? Vi piace perdere?
Scritto da Davide il 11/7/2011 alle 09:22
L'insoddisfazione è tanta. Si cerca sempre di chiudere la stalla quando gli animali sono fuggiti. Dire che Berlusconi aveva promesso il taglio delle province e poi ha fatto il contrario non basta più. Occorre più decisione e coraggio.
Scritto da Luigi Pandolfi il 11/7/2011 alle 09:29
"Rimandare la riforma delle province alle mitologica trasformazione generale della pubblica amministrazione significa prenderci in giro". Questa è l'affermazione più importante. Ma io non ci credo più.
Scritto da Rosangela il 11/7/2011 alle 09:45
Quante sono le province con Presidente del Pd? Forse è qui che scorge il senso dell'astensione alla Camera sulla loro abolizione.
Scritto da Giorgio F. il 11/7/2011 alle 09:55
@Davide - In realtà il voto di astensione è molto difficile da spiegare in tutte le materie. Soprattutto in questa materia nella quale i cittadini si attendono un SI oppure un NO. L'astensione appare spesso il frutto dell'incertezza e dell'indecisione se non addirittura una fuga dalla realtà. Non posso però scagliare la prima pietra. In Regione, anche quando c'ero io, ci ripromettevamo di astenerci pochissimo e poi ci ricadevamo di frequente. Spero che in questo campo sia l'ultima volta.
Scritto da Giuseppe Adamoli il 11/7/2011 alle 10:02
Alcuni dicono che, oggi come oggi, le province servano come bilanciamento tra comuni piccoli e grandi. Ho dei dubbi, prima del merito, si bilancia la vicinanza politica. Anch'io sono per la provincia dei sindaci. L"abolizione" proposta era rozza, forse poco concreta. Però, votandola, si passava la palla a maggioranza e Governo.Li avremmo pesati. Ps: in questi giorni si sta esplicitando la dittatura della finanza degenerata. Che paghiamo noi e, ancor di più, i paesi poveri.Urge una via d'uscita.
Scritto da FrancescoG. il 11/7/2011 alle 10:05
Caro Giuseppe, sono assolutamente d’accordo con te. Come sai sono per l’abolizione delle provincie da molto tempo, ma anche una impostazione come quella che hai illustrato tu è condivisibile. Per il resto, tuttavia, vorrei spendere una parola in più a difesa del PD. Qualche giorno fa c’è stata una bella intervista su “Repubblica” a Franceschini che ha ben spiegato la posizione del partito. E lo ha fatto con buoni e condivisibili argomenti che meritavano più attenzione da parte di tutti. E’ vero che illustrare dopo, quando i buoi sono scappati dalla stalla, non è una bella cosa, però, un problema, ad un fine politico come te, non può sfuggire. Oggi la sottile linea che divide gli schieramenti è tra il populismo e la demagogia e la razionalità o, se vuoi chiamala, capacità riformista. Qui, ormai, basta dare alla gente quello che vuol sentirsi dire, a prescindere da qualsiasi altra valutazione di merito, per essere applauditi o, con livore, messi alla gogna. A me, i miei padri politici, hanno insegnato che il politico di razza, che lo statista è quello che ascolta, interpreta i bisogni e gli umori della gente, ma poi è in grado di guidare la piazza su posizioni di buon senso, capace di risolvere i problemi dell’oggi e del domani. Sinceramente vedo poco di questo in giro. Ma forse sono io che vivo in un altro mondo.
Scritto da roberto molinari il 11/7/2011 alle 10:17
Sulle province c'è molta demagogia ma qualcosa bisogna fare rapidamente altrimenti la demagogia diventa irrefrenabile.
Scritto da Pd Sesto S. Giovanni il 11/7/2011 alle 10:31
la risposta al quesito di Davide "vi piace perdere?" è certamente SI. Non voglio dire che bisogna fare come Berlusconi, che prima di decidere ha sempre ascoltato i sondaggisti, ma quando un argomento è una delle promesse mancate del Governo ed è sorretto da una generalizzata opinione pubblica positiva (persino LIBERO lo sostiene) lo si deve cavalcare fino in fondo. Attendevo il tuo commento, però non ci hai spiegato cosa diavolo è passato per la testa di chi ha deciso in tal senso.
Scritto da b.m. il 11/7/2011 alle 11:42
GIUSTO TAGLIARE I COSTI E QUALCHE PROVINCIA MA NON DIMENTICHIAMO TUTTI GLI ENTI CHE SONO FONTE DI COSTI E DOVE SPESSO APPRODANO POLITICI LOCALI CHE NEL LORO CURRICLUM(LAVORATIVO???) PRESENTANO TUITOLI DI ASSESSORE POI COMPONENTI DI DI C.D.A, POI PRESIDENTI DI CONSORZI E COSI. VIA...NONO SOLO MAGAR IVENGONO ASSOLDATI COME CONSULENTI...MA DI CHE COSA?
Scritto da PAOLO LINDO il 11/7/2011 alle 11:42
Indubbiamente l'atteggiamento (e parlo di atteggiamento) del PD alla Camera, ha innescato duri commenti nel nostro elettorato. Mi chiedo e Le chiedo, cosa sarebbe accadauto il giorno dopo? Basta un colpo di spugna per spostare le competenze delle provincie agli enti locali? Credo che si dovrebbe tornare a parlare delle Aree Metropolitane, agglomerati che integrano servizi fondamentali superando gli organismi provinciali. Era necessario giocare d'anticipo e parlare della nostra di proposta.
Scritto da Fabio Zagari il 11/7/2011 alle 11:49
Mi scuso con i lettori. Nella prima versione del post, che poi ho corretto, avevo scritto "quasi il doppio di 150 anni". Ovviamente doveva intendersi di "150 anni fa". Cioè all'inizio dell'Unità nazionale.
Scritto da Giuseppe Adamoli il 11/7/2011 alle 12:25
@Giorgio F. - Rispondo alla tua precisa domanda. I presidenti delle province sono: 36 del Pd; 13 del Pdl; 5 della Lega. I restanti presidenti sono espressione di partiti diversi. Questi dati sono contenuti nell'articolo di Gian Antonio Stella che ho lincato. L'ho scelto per questi dati numerici e per la carrellata storica che fornisce. Non perché ne condivida tutti i contenuti.
Scritto da Giuseppe Adamoli il 11/7/2011 alle 12:29
Caro presidente, bell'argomento. E' giusto parlarne con serietà e senza demagogia, come lo ha affrontato lei. Lo avevamo fatto anche in sede di elaborazine dello Statuto di Autonomia della Lombardia, purtroppo senza poter concludere niente di significativo.
Scritto da Dirigente regionale il 11/7/2011 alle 12:37
Condivido il pernsiero di @b.m. Non servono le mezze misure, bisogna usare la scure e stop.
Scritto da Arnaldo il 11/7/2011 alle 13:22
Ti dici che "un bel dimagrimento degli apparati politico-burocratici è ormai improrogabile". Io sono convinto che aspetteremo ancora un bel pò di tempo. Non è questione di destra o di sinistra, ma di potere. E il potere, che è la greppia dei partiti, è difficile che i partiti lo taglino. Sarebbe come segare il ramo su cui sono seduti..
Scritto da Bianchi Giò il 11/7/2011 alle 13:27
In effetti, l’astensione è la peggiore manifestazione dei sistemi parlamentari. Più che una “fuga dalla realtà” (come Lei la definisce nel rispondere a @Davide) mi sembra una “fuga dalle responsabilità”. A differenza, il voto – favorevole o contrario – ci vincola (a volte, ci inchioda) alle nostre responsabilità. La situazione politicamente confusa ed economicamente preoccupante del nostro Paese non depone a favore di un dibattito costruttivo. Interessante il punto di vista dell’UPI (Unione Province d’Italia) disponibile a questo link e diramato nei giorni scorsi http://www.upinet.it/docs/contenuti/2011/07/scheda%20dati%20province%20giugno%202011.docx Qualche estratto. Dalle circa 70 Province del secondo dopoguerra si è arrivati alle attuali 107. Gli amministratori provinciali sono 4.014. Di questi: 107 Presidenti; 107 Vice Presidenti; 107 Presidenti del Consiglio; 840 Assessori; 2853 Consiglieri, per un costo pari a 113 milioni di euro (Dati Siope 2011). Il costo complessivo della politica in Italia (organi costituzionali, a rilevanza costituzionale, Presidenza del Consiglio dei Ministri, uffici di diretta collaborazione, Regioni, Comuni e Province) è pari a 6 miliardi e 500 milioni di euro. (Fonte Bilancio Preventivo dello Stato 2011). Secondo l’Upi, con il costo della politica nazionale si coprono i costi della politica delle Province per 60 anni. Sempre sulla base dei dati Upi, in questo momento esistono oltre 7000 enti strumentali (Consorzi, Aziende, Società) che occupano circa 24mila persone nei Consigli di Amministrazione che, impropriamente, esercitano funzioni tipiche di Province e Comuni, per una spesa pari a 2,5 miliardi di euro. Eliminarli consentirebbe un risparmio immediato pari a 22 volte quello che si otterrebbe abolendo le Province. Inoltre, 318mila persone hanno incarichi di consulenza nella Pubblica Amministrazione, per un costo, per l’anno 2009, pari a circa 3 miliardi di euro. Ed è per questo che l’UPI si è impegnata a promuovere, nelle prossime settimane, una campagna di raccolta firme per la presentazione di una Proposta di legge di iniziativa popolare che cancelli gli enti di nomina della politica.
Scritto da Mafalda il 11/7/2011 alle 14:04
Voglio ringraziare @Carlo per l'accurata ed esaustiva risposta che mi ha fornito nel post "Bossi, l'ultimo giapponese" di qualche giorno fa in tema di malattie correlate all'ambiente. Lo ringrazio in questo post in modo che anche i lettori assenti nel fine settimana possano andare a leggere quanto lui scrive. Le informazioni che ci ha fornito, corredate delle fonti, fanno molto riflettere. Occorre non abbassare la guardia.
Scritto da Mafalda il 11/7/2011 alle 14:05
Cara, o caro, @Dirigente regionale, non c'è una sola ragione per continuare a chiamarmi presidente. Non lo sono più nemmeno di una bocciofila, come si usa dire in questi casi. Voglio approfittare del tuo commento per precisare alle persone poco informate che lo Statuto regionale non poteva assolutamente affrontare la questione "province". Questa è materia costituzione o, in ogno caso, delle leggi ordinarie del Parlamento, non della Regione.
Scritto da Giuseppe Adamoli il 11/7/2011 alle 14:17
L’astensione del PD ci ha fatto imbufalire, per l’ennesima volta i nostri politicanti si sono comportati come Ponzio Pilato. Soprattutto perché, come direbbe Fantozzi, la proposta del PD sull’argomento è “una str…. pazzesca”. All’orizzonte si annuncia una terribile tempesta, io spero che nessuno di questi folli si aspetti che il peso della crisi possa essere sostenuto solo e soltanto, come al solito, da pensionati e lavoratori. Per affrontare la crisi, credo sia utile ridisegnare l’architettura istituzionale, il che vuol dire tagliare e accorpare tutto ciò che è possibile. Le Province, come assemblee politiche, non servono quasi a niente (e chi ha un minimo di onestà intellettuale deve riconoscerlo), servono come articolazioni amministrative, anzi si deve provvedere ad un accorpamento degli uffici e delle funzioni amministrative, bisogna semplificare e snellire, o qualcuno preferisce rinunciare alla reversibilità o pagare le cure sanitarie o pagare integralmente scuole a e asili (solo per fare qualche esempio)?
Scritto da Lele il 11/7/2011 alle 14:21
La statura del vero politico quale è Adamoli ancora una volta si vede. Ha illustrato in modo molto chiaro una possibile soluzione al problema Provincia, un dibattito iniziato su varesenews e che bisogna portare anche nei circoli.
Scritto da Doride Sandri il 11/7/2011 alle 14:30
Dopo l’inaspettata vittoria alle amministrative e ai referendum, ho letto la seguente battuta messa in bocca ad un notabile del Pd : “Dove abbiamo sbagliato”? Appunto.
Scritto da Angelo Eberli il 11/7/2011 alle 14:30
Stimo Roberto Molinari, persona acuta, le cui analisi mi fanno sempre riflettere. Questa volta però esterno tutta la mia insofferenza per il voto di astensione sull'abolizione delle province da parte del P.D. che ritengo assolutamente sbagliato. E' vero che i politici non devono assecondare la pancia dell'elettorato, ma elaborare in modo razionale i bisogni dei cittadini, dando una risposta non demagogica, nè populista. Però, caro Roberto, a quarant'anni dall'entrata in vigore dell'ordinamento regionale, che avrebbe dovuto sostituire le province, ci troviamo 110 province, un numero ben maggiore di quelle originarie, con il rischio che, in seguito a pressioni localistiche di boss locali, aumentino ancora. So bene che si tratta di un provvedimento che richiede una modifica costituzionale, so bene che ci sarà poi da assegnare i compiti delle province a comuni (o consorzi di comuni) ed alle regioni (i cui uffici periferici esistono peraltro già). Un voto a favore della proposta IDV avrebbe, a mio parere, lanciato un segnale positivo nella direzione giusta. Invece ci siamo comportati in modo tale da lasciare il solito sospetto nell'elettorato di non prendere troppo a cuore il problema. Cordialmente,Mariuccio Bianchi
Scritto da Mariuccio Bianchi il 11/7/2011 alle 14:37
Sono sconsolato, perchè populismo e demagogia trovano terreno fertile ed ognuno spara numeri e percentuali senza definire(lo spazio campionario)le pietre di paragone. Sono favorevole alle due strade da te indicate, ma con regole ferree: nessun doppio incarico(nè doppio stipendio), nessuna doppia competenza, doppia supervisione, doppia struttura rispetto alla regione. Spesso alcune strutture provinciali hanno il 90% del budget per esistere ed il 10%(quasi nulla) per intervenire sul territorio...
Scritto da GianMarco Calella il 11/7/2011 alle 14:39
Mafalda fornisce un'indicazione precisa che sciuscita attesa. Aspettiamo la proposta UPI perché il rischio di gettare il bambino con l'acqua sporca esiste. L'abolizione delle Province non deve diventare un "mantra", una parola d'ordine assoluta. Se l'italia, come sostiene da anni il prof. Ichino, sapesse monitorare i costi delle Stato sarebbe in grado anche di contenere la spesa pubblica con una certa facilità senza i ricorrenti psicodrammi e con un minimo di giustizia sociale in più.
Scritto da cesare chiericati il 11/7/2011 alle 15:02
Si @roberto molinari vivi in un altro mondo. Vero che bisogna ascoltare la gente e poi mettere in campo proposte risolutive, vero che non si deve correre a vuoto dietro ai vari umori ma quando, come avete fatto voi a Varese, il parere di tutti (ve ne siete resi conto?) viene completamente inascoltato come la mettiamo? Altro che padri della politica quelli non erano di certo refrattari come voi. Mi spiace. Siete roba vecchia .Politici come Adamoli, Alfieri e Rossi sono avanti anni luce. Voi no.
Scritto da un rottamatore il 11/7/2011 alle 15:34
Caro Adamoli, nella risposta a @Dirigente regionale affermi che non sei più neanche presidente di una bocciofila. Ci puoi dire per favore se fai parte di organismi amministrativi o consigli di amministrazione di qualche ente pubblio o para-pubblico? Senza spirito polemico, solo per conoscerci meglio.
Scritto da Una lettrice il 11/7/2011 alle 15:44
D'accordissimo con Cesare Chiericati. Non abbiamo bisogno di slogan ma di monitoraggi seri della spesa pubblica.
Scritto da Lucky il 11/7/2011 alle 15:46
@Una lettrice - Esaudisco volentieri la tua legittima curiosità. Non faccio parte di nessun organismo pubblico o parapubblico e quindi di nessun consiglio d’amministrazione di qualsiasi tipo. Se fossi stato nominato in qualche ente utile, in virtù del mio curriculum, non della mia appartenenza politica, avrei sicuramente accettato. Siccome non è mai troppo tardi mi impegno, nel caso succeda, a renderlo noto ai lettori del blog.
Scritto da Giuseppe Adamoli il 11/7/2011 alle 16:23
Caro Mariuccio, come ho premesso sono a favore dell’abolizione delle province e di questo Adamoli mi è testimone perché anche in campagna elettorale, in un dibattito con lui, l’ho sottolineato. Il mio ragionamento era dubbioso. Sulla difficoltà di dare delle ragioni sfuggendo agli umori della piazza. Tutto qui. E questo perché ritengo ancora che il compito della politica sia di non piegarsi alla piazza e ai suoi umori. Dopo di ché ho anch’io molti dubbi sull’astensione compiuta dal PD, ma non mi sento lo stesso di gettare la croce addosso a chi l’ha fatta.
Scritto da roberto molinari il 11/7/2011 alle 16:38
Questo stesso dibattito dimostra che la riforma delle province è ormai ritenuta ineludibile da molti cittadini di cultura diversa. Il Pd se vuole irrobustire la sua forza elettorale non può glissare.
Scritto da Elisabetta il 11/7/2011 alle 17:05
@ Tutti - Come spesso accade, oltre a rispondere alle domande dirette, non posso intervenire su tutti i commenti. Cerco di citarne alcuni per chiarire il mio pensiero ma ringrazio tutti per il contributo recato. @Roberto Molinari sottolinea opportunamente il rischio della demagogia e del populismo. Condivido. Il fatto è che non credo più al disegno generale da attuare tutto in una volta. L’architettura istituzionale deve essere delineata e resa pubblica ma l’attuazione non può che essere graduale. Sulle province i tempi sono maturi. Una larga fetta dell’opinione pubblica è favorevole. Proviamo ad iniziare da lì. A tutti vorrei ribadire che non sono per la eliminazione secca delle funzioni delle province. Sostengo che la loro forte semplificazione è possibile subito. Nella mia attività politico-amministrativa non ho mai incontrato nessuno che abbia difeso tutte le province. Mai. In nessuna Regione, perfino del Sud. Anche a Monza, l’ultima creatura provinciale lombarda, o a Busto Arsizio che ne aveva l’ambizione, il discorso era: si tagli almeno il 40 % delle province esistenti che hanno meno titoli di noi. Ha ragione @Fabio Zagari, il colpo di spugna non risolverebbe il problema dell’efficienza amministrativa. Credo che il bandolo della matassa si possa trovare nelle due ipotesi che ho avanzato le quali hanno dei sostenitori nei vari partiti, tranne la Lega che vuole mantenere tutto così com’è. @Paolo Lindo e diversi lettori che sostengono la priorità dell’abrogazione di molti enti inutili aprono un fronte caldissimo che la politica non può abbandonare. A @Mafalda e @Cesare Chiericati, dico che conosco molto bene la posizione dell’Upi. Ho avuto con loro lunghi incontri come presidente della Commissione Statuto della Lombardia. Alcune loro preoccupazioni e ragioni sono fondate. Aspetto di vedere la loro proposta di riforma. Sarei lieto di firmarla anch’io. Purché non sia rivolta soltanto agli “altri”.
Scritto da Giuseppe Adamoli il 11/7/2011 alle 17:16
I Comprensori della Lombardia era formati da assemblee gigantesche che non erano in grado, spesso, di avere il numero legale per prendere decisioni. L'intuizione era buona, ci ha detto il nostro docente di "Istituzioni", ma la normativa organizzativa era tutta di rifare. Lei condivide il suo parere?
Scritto da Carla C. il 11/7/2011 alle 18:08
Non escludo affatto che la discussione intorno alle province sia viziata dal populismo più sfrenato. Di Pietro è uno specialista in questo. Ma l'eliminazione di un certo numero di questi enti politici è necessaria. Mi convince anche l'idea di trasformare quelli che restano in organismi di collaborazione intercomunale.
Scritto da Elena G. il 11/7/2011 alle 18:40
Nel 1980 le province erano 80, oggi 110. La loro riduzione fortissima la impone la logica. Fateci caso, sono aumentate nella parte finale della Prima Repubblica e poi nella Seconda. Da questo punto di vista è come se la decadenza isituzionale fosse stato il filo rosso che ha congiunto le due repubbliche, questa vola uso volutamente l'iniziale minuscola .
Scritto da Roseto senza rose il 11/7/2011 alle 19:49
E le Città metropolitane chi le ha inventate, a cosa servono, non sono anche loro un spreco? Mi piacerebbe avere sentire il parere di tutti, non solo di Adamoli.
Scritto da Valceresio il 11/7/2011 alle 20:24
Non fatevi troppe illusioni. La politica è diventata mera gestione dell'esistente e i partiti strutture chiuse, spesso di tipo proprietario, dove si avanza non per merito ma per cooptazione. I seggi delle Provincie, e relative consulenze, servono alla "casta" per gratificare i militanti. Le gratificazioni morali hanno senso solo in un partito che, seguendo la lezione di Sturzo e Gramsci, vuole cambiare la società, umanizzandola. Per rinnovare la società bisogna rigenerare anche i partiti.
Scritto da Camillo Massimo Fiori il 11/7/2011 alle 20:24
Amare e vere le considerazioni di @Camillo Massimo Fiori. L’efficacia della cooptazione che lo stesso denuncia è fondata, a sua volta, sul consolidarsi, nei partiti, di veri e propri “blocchi di potere” che è troppo nobile definire “correnti”. Si tratta, piuttosto, di raggruppamenti personalistici intorno a figure che hanno una rappresentanza istituzionale e politica. Ad esempio, quando si parla dei “dalemiani”, dei “veltroniani”, dei “franceschiniani”, ecc. di cosa stiamo parlando? Cosa rappresentano dal punto di vista politico? Non che definirsi “bersaniani” abbia un senso ma, almeno, Bersani è stato eletto da un congresso. Quello che io, però, non comprenderò mai è la “obbligatorietà della riconferma d’ufficio” degli eletti. Se nella giornata di oggi fosse nato, in provincia di Varese, la reincarnazione del Dalai Lama e la sua candidatura, alle prossime elezioni politiche e regionali, fosse sostenuta dai cittadini, il Pd sicuramente non si troverebbe d’accordo. Le prossime elezioni politiche - ed anche quelle regionali - sono già “ipotecate” per le medesime persone in carica oggi. A prescindere che stiano lavorando o meno, o che lo facciano bene o male, a prescindere che mostrino qualità di empatia con gli elettori, a prescindere che contribuiscano o meno a far crescere il partito (e non solo il proprio prestigio e conto corrente). Qui andiamo oltre la cooptazione. E, spesso, prevale la sopravvalutazione dell’eletto. Preciso che la mia critica non è diretta, nello specifico, agli eletti varesini. Ciò che accade in provincia di Varese, accade ovunque.
Scritto da Mafalda il 11/7/2011 alle 22:33
Condivido molto il breve ma lucido commento al tuo post di Camillo Massimo Fiori.
Scritto da paolo rossi il 11/7/2011 alle 22:42
I commenti di @Roseto senza rose e @Camillo massimo Fiori sono complementari. E' dagli anni ottanta che la politica è in crisi e non si risolleva. Non sarei però sicuro come @Mafalda che i candidati al Parlamento siano gli stessi di oggi in provincia di Varese. La necessità di cambiare è forte anche nel partito.
Scritto da Iscritto Varese il 11/7/2011 alle 23:34
Se lo dice un cooptato totale come Rossi c'è da credergli.
Scritto da Arnaldo il 11/7/2011 alle 23:44
"Un bel dimagrimento degli apparati politico-burocratici è ormai improrogabile" scrive Adamoli a conclusione del suo post. Questo è il punto: è necessario un programma di pochi punti: taglio del numero dei parlamentari, revisione del sistema bicamerale, accorpamento dei comuni, eliminazione degli enti inutili, elezione diretta del Presidente della Repubblica il cui ruolo è eccessivo rispetto alla legittimazione attuale, riforma della giustizia e della magistratura. La crisi morde, ma noi chiediamo le dimissioni del governo: perché? se il governo ha i voti in Parlamento ha l'obbligo di governare. Tentiamo di essere credibili! Il titolo CIR è crollato in borsa: ci ho gusto!
Scritto da ulderico monti il 12/7/2011 alle 06:24
Caro Arnaldo, non ci sono cooptati totali e cooptati parziali. Paolo Rossi è stato nominato dal partito esattamente come tutti gli altri deputati e senatori a Varese, in Lombardia, in tutta Italia.
Scritto da Giuseppe Adamoli il 12/7/2011 alle 09:05
Caro @Valceresio, le Città metropolitane sono state inserite in Costituzione nel 2001 con il voto del centrosinistra e dopo il referendum popolare. Sono un sostenitore di queste nuove realtà istituzionali. Purtroppo 14 sono troppe ma il problema non è nemmeno questo. Se e quando si costituiranno (spero presto almeno a Milano), dovranno sostituire sia le province che i comuni tradizionali. A Milano, i trasporti, le infrastrutture sociali culturali, le scuole, la visione urbana, le regole di sviluppo del territorio, le misure anti-inquinamento, sono problemi che investono un conglomerato che va molto al di là della Milano che ci è stata tramandata da genitori e nonni.
Scritto da Giuseppe Adamoli il 12/7/2011 alle 09:13
Condivido pienamente il contenuto del post e le proposte di Giuseppe. Ottimi il commento di @Camillo Massimo Fiori ed il contributo di @Mafalda. Oltre all'abolizione delle province, che è diventata anche una battaglia di bandiera, per una riduzione della spesa e degli sprechi ritengo necessario superare anche la mentalità autarchica dei comuni, incentivando forme di gestione associata di funzioni e servizi comunali. Inoltre, penserei anche ad una riforma degli enti locali in direzione di una drastica riduzione del numero dei comuni. Per quanto riguarda, invece, il problema degli apparati politici, non c’è dubbio che il settore degli enti e delle società partecipate costituisca il terreno di coltura del clientelismo e del correntismo politico. Da questo punto di vista la sua riforma è ineludibile, così come è necessario potenziare i controlli sulla legalità e sull’efficacia amministrativa della gestione di molti consigli di amministrazione di nomina politica. Sulle dinamiche della politica e sulla sua involuzione il discorso è più complesso. Mi limito a condividere le considerazioni di @Camillo Massimo Fiori sui “partiti proprietari” e quelle di @Mafalda sulla “riconferma d’ufficio degli eletti”, che mettono il dito nella piaga di un sistema nel quale sembra ormai prevalere un patto consociativo tra gli schieramenti per non modificare il sistema elettorale e lasciare alle oligarchie di partito ogni scelta sulle candidature.
Scritto da Leonardo C. il 12/7/2011 alle 09:47
L'ultimo commento di @Leonardo C. è ragionevole e acuto. Lo sottoscrivo con una sola osservazione. Tutto quello che dice è giusto ma bisogna iniziare anche da poco, da qualche appiglio. Non possiamo aspettare la luna nel pozzo.
Scritto da Rosangela il 12/7/2011 alle 13:06
Caro @Arnaldo, nel Parlamento italiano siamo tutti cooptati, purtroppo. Ti assicuro comunque che diversi di quelli che sono rimasti fuori ma che hanno fatto di tutto per entrare e con quella stessa legge elettorale, sono quelli che sull' argomento sono i più inferociti. Potevo anche, visto la schifezza del porcellum, rifiutare di entrare e cedere il passo ad altri. Sono sincero: non ce l'ho fatta.
Scritto da paolo rossi il 12/7/2011 alle 13:08
Caro Adamoli, non volevo offendere Rossi. L'ho definito cooptato totale perchè lui prima di essere nominato non aveva mai preso voti su scala provinciale come altri suoi colleghi. E' finito lì senza nessun filtro di popolo. La differenza con te e con altri di provenienza diessina è clamorosa.
Scritto da Arnaldo il 12/7/2011 alle 13:12
La legge elettorale dovrebbe essere l'ultimo dei problemi. L'elettore, in generale, vota il partito di riferimento, la preferenza è del tutto secondaria, essendo i candidati pressoché sconosciuti alla maggioranza dei cittadini: se il signor X si presentasse da solo, fuori da un partito, di norma non lo voterebbe nessuno. La credibilità di un candidato sta nel fatto che il partito l'ha selezionato e messo in lista: se ho fiducia nel partito, quale differenza tra scegliere uno dei candidati indicati oppure dilatare la fiducia accordata al partito accettando l'indicazione di priorità? Forse che in un caso avremmo una dirigenza liberale e nell'altro una oligarchia autoritaria? E nell'elezione di un senatore, quale “libertà” di scelta ha l'elettore
Scritto da ulderico monti il 12/7/2011 alle 13:23
Ma @Arnaldo, trovo ironico il tuo commento sul Senatore Rossi che invece va apprezzato. Da tempo è uno dei pochi parlamentari che ha pubblicamente riconosciuto lo schifo di questa legge elettorale. Non lo puo' fare? Deve scaldare la sedia e non dire niente? Tra l' altro è uno che versa al partito quasi la metà dello stipendio ed è uno dei più presenti. Non sarà un genio della politica ma noi di geni non ne abbiamo bisogno. Ci servono persone oneste e perbene.
Scritto da Piero Ribolzi il 12/7/2011 alle 13:38
Secondo me il partito come unico filtraggio è poco.Necessario, non sufficiente. Chi fa politica tra e con le persone dev'essere il primo a volere un chiaro mandato da parte dei cittadini,con il voto (modello Adamoli elezioni post-tangentopoli). Mi pare che gli interventi di Paolo Rossi sulla legge elettorale dicano anche questo. Le leggi dovrebbero garantire la rappresentanza ed limitare al massimo (vorrei dire eliminare, ma pare troppo) le storture clientelari. Oggi non accade.
Scritto da FrancescoG. il 12/7/2011 alle 15:08
Quoto @ Leonardo C. sui comuni e sulle società partecipate. Sui primi, meno fondi ci saranno, più ampie le gestioni associate o le fusioni. Si farà di necessità virtù. Secondo me, siamo ben capaci di fare le cose insieme senza perdere le identità.
Scritto da FrancescoG. il 12/7/2011 alle 15:13
@Arnaldo non mi ha offeso perchè ha detto la verità. Un unica aggiunta. Questa è la legge che per ora stiamo subendo. Mi sono trovato posizionato in alto nella lista grazie al fatto che ero segretario provinciale della Margherita, vicino alle posizioni nel pd di Franceschini-Marini e aiutato in modo determinante da un certo Giuseppe Adamoli. Mi sono cimentato anch'io con le preferenze, con ottimi risultati, per tre volte nella mia città, a Varese. Non è che, quindi, 'l'ho sempre fatta franca'.
Scritto da paolo rossi il 12/7/2011 alle 16:10
@Arnaldo - Confermo le parole di @Paolo Rossi a prescindere dal riferimento al mio nome. Con questo direi di chiudere una discussione che diventerebbe antipatica e stucchevole.
Scritto da Giuseppe Adamoli il 12/7/2011 alle 17:37
Ciao Giuseppe, ancora stamattina, parlando con alcuni colleghi e viaggiatori in treno è uscita una forte incazzatura per il voto pilatesco sulla cancellazione delle Province. emerge chiaramente che il bizantinismo nell'assumere decisioni mal si attagli ad una situazione esacerbata, che richiede decisioni chiare ed efficaci. Io credo che il PD, se non si chiarisce le idee, riuscirà ancora a farsi molto male.
Scritto da Lele il 13/7/2011 alle 12:07
Caro Lele, tu non sia quante persone alle feste del Pd mi hanno riportato le tue stesse rimostranze. Spero ardentemente che la maggioranza del partito si renda conto che qualche riforma, magari picccola, deve essere messa in cantiere subito.
Scritto da Giuseppe Adamoli il 13/7/2011 alle 13:36
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