Politica, istituzioni e territorio. Dialogo oltre i partiti
Giuseppe Adamoli   adamoli1@alice.it
inserito il 24/9/2011 alle 09:49

 

Si l’hanno ammazzato. L’altra sera in Georgia a 42 anni dopo venti passati con buona condotta nel carcere di Jackson.
Condannato (con discussioni) per aver ucciso a 22 anni un poliziotto fuori servizio a Savannah. Dunque non un serial killer. Un nero il cui nome è Troj Davis, ma che importa il nome.
E’ un essere umano al quale è stata tolta la vita per iniezione letale. Né una mobilitazione internazionale, né i ricorsi legali, né il Papa hanno fermato la mano del boia.
Le sue ultime parole sconvolgono le coscienze di chi ritiene sacra la vita umana: “Dovete trovare la verità: A chi sta per prendermi la vita dico: Dio abbia pietà e benedica le vostre anime”.
In Georgia le religioni e le rispettive chiese sono forti. L’85% della popolazione è cristiana di cui il 9% cattolica. Come è possibile che possa accadere tutto questo?
L’America è stato ed è un faro di civiltà. La pena di morte è una un’onta di cui deve liberarsi al più presto.
 
 
Commenti dei lettori: 32 commenti -
Una barbarie, senza dubbio. In Italia c'è un'associazione "Nessuno tocchi Caino" che combatte la pena di morte dovunque nel mondo. E' importante rafforzarla.
Scritto da Emanuela il 24/9/2011 alle 10:13
La pena di morte nella sua drammatica e tragica definitività nega la speranza e come tale è nella sua essenza profondamente anticristiana. Certo gli USA sono per certi versi un modello di democrazia ma continuano a scontare pesantemente la loro storia, il processo di formazione federale. Passi avanti sono avvenuti in alcuni Stati ma le resistenze all'abolizione sono ben radicate nella cultura americana come hanno raccontato alcuni ottimi film
Scritto da cesare chiericati il 24/9/2011 alle 10:30
America faro di civiltà? Si, ma non in tutti i campi. Quanto ci hanno messo a sconfiggere la segregazione razziale?
Scritto da Luca il 24/9/2011 alle 10:40
Se anche il New York Times afferma "Troy Davis è innocente", le ombre sulla sentenza erano pesantissime. In questi casi non si "giustizia, si uccide.
Scritto da Ernesto Losa il 24/9/2011 alle 11:38
@Cesare Chiericati, come ti spieghi che una nazione con un forte senso religioso fatichi ad abilre la pena di mortre in tutti i suoi 50 Stati? Il carttolicesimo avrebbe fatto meglio e di più delle varie chiese cristiane?
Scritto da Vittorio (Luino) il 24/9/2011 alle 11:49
Ingiusto, crudele, incivile, per gli Usa e per il mondo intero.
Scritto da Un Pd Pavia il 24/9/2011 alle 13:32
Di solito, salvo rarissime eccezioni, in USA ammazzano solo poveri e negri. Loro sì che sono civili, loro sì che vivono in una grande democrazia, loro, gli unici che possono fare i poliziotti buoni del mondo. Mah.
Scritto da paperoga il 24/9/2011 alle 13:37
L'Europa in termini di civiltà può insegnare molto all'America che insegue tutte le guerre possibili per amore della potenza economica.
Scritto da Pietro (di sinistra) il 24/9/2011 alle 13:54
"Faro di civiltà", modello di democrazia.Mi sembra che il mito USA sia spesso frutto di sogni o illusioni.Lobby assicurative che comandano poteri economici che dominano la politica sistema elettorale peggio del nostro con meno del 50% di votanti.Un paio di Presidenti uccisi il razzismo ancora vivo un welfare inesistente il sostegno a dittature criminali e non ultima la pena di morte.Anche questo è America! PS: non sono antiamericano......solo realista.
Scritto da emmezeta il 24/9/2011 alle 14:14
In tutto il mondo quella pena deve essere abolita! Purtroppo, come scrive molto bene @cesare chiericati le resistenze all'abolizione sono ben radicate in certe culture. Interessanti comunque le domande poste da @Vittorio. Una curiosità: "la pena di morte nello Stato del Vaticano è stata rimossa dalla 'Legge Fondamentale' solo il 12 febbraio 2001": ma per fortuna lì era solo una formalità, credo mai applicata e ufficialmente abolita. E così deve essere in ogni Stato.
Scritto da Carlo A. il 24/9/2011 alle 14:26
Vedo che si stanno scatenando gli antiamericani. Poveri diavoli. Forse pensano ancora all'Unione Sovietica.
Scritto da Brambilla Luigi il 24/9/2011 alle 15:28
Cerchiamo di non farci abbagliare troppo da questo faro (di civiltà). In 230 anni di storia gli Stati Uniti hanno partecipato a 160 guerre, molte delle quali provocate da loro stessi. Faro di civiltà? L’America ha la percentuale più alta di analfabeti del mondo occidentale. Faro di civiltà? L’America ha la più alta percentuale di malati di mente del mondo occidentale. Faro di civiltà? L’America ha la più alta percentuale di carcerati del mondo occidentale. Faro di civiltà? L’America ha la più alta percentuale di suicidi del mondo occidentale. Faro di civiltà? L’America ha la più alta percentuale di tossicodipendenti (alcol giustamente compreso) del mondo occidentale. Faro di civiltà? L’America ha la democrazia meno rappresentata del mondo occidentale. Come ricordava un commento precedente, solo il 25%, o poco più, degli aventi diritto americani ha votato l’attuale presidente. Faro di democrazia? Credo che l’Uzbekistan, non ostante i foschi trascorsi dell’emiro di Buchara, Nasrullah, il quale deteneva i prigionieri in una buca verminosa prima di squartarli personalmente sulla pubblica piazza, diffonda più civiltà degli Stati Uniti, così cari al nostro ospite a stelline e striscette.
Scritto da Filippo Valmaggia il 24/9/2011 alle 16:23
Neanche a farlo apposta dopo un'ora dal mio commento è arrivato @Valmaggia, il più antiamericano di tutti. Forse un'ulteriore dimostrazione che l'intervento americano fu decisivo per liberare l'Europa dal nazifascismo. La sua capacità di scrivere (complimenti sinceri) non può nascondere la sconfitta storica delle sue tesi.
Scritto da Brambilla Luigi il 24/9/2011 alle 18:38
Perfetto @Filippo Valmaggia. L' America è un falso mito cosolidato sapientemente attraverso il denaro, con poca cultura e molta prepotenza ed ingiustizia. Le loro sono sempre finte guerre di ideali. Si muovono solo e sottolineo solo per interessi. Fare queste considerazioni sugli States non significa essere bolscevici o rimpiangere la vecchia Unione Sovietica. Non sono mai stato e non potrei certo essere comunista, tanto meno ho mai simpatizzato per l' orrido regime dell' Urss.
Scritto da paperoga il 24/9/2011 alle 18:54
@Filippo Valmaggia - Intanto ben tornato. Alcuni lettori si domandavano perché eri scomparso da alcuni giorni. Ormai sei una delle soubrette (si sarebbe detto una volta) più attese del blog. Nel merito del tuo commento potrei anche convenire su qualche tua critica feroce se fosse bilanciata dai meriti storici degli Usa. L’America è la Nazione (mi perdoni la N maiuscola?) con tanti abissi ma con tantissime vette. Ricordare solo i primi è un esercizio beffardo che non farò mai. Forse te lo avevo già detto a tu per tu, ma te lo voglio ripetere. Quando all’università di Trento (covo di figli di papà che recitavano con furbizia e cattiveria spartiti di sinistra estrema) tutti gridavano “via gli yankee” io mi qualificavo come ameriKano con la k. Mi sono sentito dare del fascista e ho corso il rischio di prendere qualche legnata da quei bastardi. Ma lo rifarei anche oggi.
Scritto da Giuseppe Adamoli il 24/9/2011 alle 19:05
@paperoga - Ho scritto la mia replica a @Filippo Valmaggia prima di leggere il tuo ultimo commento. La mia risposta a te non cambierebbe molto e dunque la ritengo inutile. Alla prossima occasione.
Scritto da Giuseppe Adamoli il 24/9/2011 alle 19:12
Sì è trattato di un omicidio esecrabile. Molti testimoni avevano ritrattato; al poveraccio la circostanza non è valsa neppure per la revisione del processo. Questa è barbarie giuridica. Ho provato un profondo disgusto per quelli che plaudevano al GOVERNATORE CHE NON SI FA IMPIETOSIRE. Il motto “dagli al negro” ha ancora un incredibile numero di tifosi. Mi torna alla mente un’osservazione del giornalista Zucconi: negli USA la Giustizia sta dalla parte di coloro che sono in grado di pagarsi gli avvocati più bravi. Nulla di nuovo; tutto il mondo è paese. Ne abbiamo le prove.
Scritto da Angelo Eberli il 24/9/2011 alle 20:37
Non so se la sentenza era giusto. Se lo era la pena di morte in questi casi non è da escludere.
Scritto da G.S. il 24/9/2011 alle 20:45
Caro Adamoli, forse fra te e @Valmaggia cè meno distanza di quello che può sembrare a prima vista. E non solo perchè scrivete entrambi molto bene ma anche per altri motivi come appare dai tuoi cenni su Trento.
Scritto da Iscritto Varese il 24/9/2011 alle 21:30
Hai ragione, Giuseppe, dovrei essere più equilibrato nei riguardi degli Stati Uniti, quindi non ricorderò la situazione degli homeless, circa quattro milioni, dei quali ne muoiono mille ogni anno solo per il freddo. Non ricorderò neppure la condizione dei bambini abbandonati: le malattie, la fame e i “chicken hawks” ne uccidono più di cinquemila ogni anno. E per finire non ricorderò la penosa realtà lavorativa degli States. L’Occupational Safety and Health Act, la PRIMA legge organica su sicurezza e igiene negli ambienti di lavoro, risale al 1971. Per venti anni il governo Mussolini protestò per le condizioni in cui versavano gli immigrati italiani, chiedendo garanzie che sarebbero arrivate solo un trentennio più tardi. Ogni anno in America muoiono circa diecimila lavoratori per incidenti, anche perché la legge suddetta è inadeguata e viene rispettata solo da pochissime aziende, quelle in cui lavorano operai sindacalizzati. Meno del 15% del totale. Buona notte, Giuseppe. Buona notte, America. Dreamland?
Scritto da Filippo Valmaggia il 24/9/2011 alle 22:42
Come vedi anche dal suo ultimo commento, caro @iscritto di Varese, io e @Filippo Valmaggia non siamo distanti, siamo distantissimi. Solo che io lo rispetto: difende le sue idee che illustra con maestria. Lo stesso rispetto non l’ho mai avuto per i finti e odiosi rivoluzionari di Trento che nella loro vita hanno inseguito i propri interessi e comodi arrivando a proclamare il contrario di quel che professavano qualche anno o mese prima. Sui buoni avvocati che, se li paghi bene ti fanno vincere, ha ragione @Angelo Eberli. E’ il lato negativo della pratica del diritto nei tribunali. Vale in tutto il mondo ma non è sempre così. In democrazia, poi, se i potenti vincono nelle corti di giustizia possono perdere nelle urne.
Scritto da Giuseppe Adamoli il 24/9/2011 alle 23:38
Vedo che non si parla di Obama; ma una parola o meglio una proposta di legge la potrebbe anche fare; non penso ci si possa limitare a dire che lo Stato federale ha una propria autonomia in questo ambito. Caro Adamoli non pensa che prima di arrivare al Papa convenga dare la sveglia a OBAMA che lo Stato federale ha una propria autonomia in questo ambito. Caro Adamoli prima di arrivare al Papa vediamo di svegliare OBAMA
Scritto da Osservatore il 25/9/2011 alle 00:00
Credo che l'argomento proposto da Giuseppe Adamoli avrebbe meritato e meriti riflessioni responsabili, più che un vieto e stantio anti-americanismo di tipo fascisto-comunista. Né io, dal profondo del mio abisso personale, posso contribuire, se non ripetendo quanto altri hanno affermato: essere gli Stati Uniti d'America la forza che storicamente s'è opposta al “mistero dell'iniquità”. E intendo il giudizio di Carl Schmitt che mise in campo il concetto di “Katechon” di Paolo di Tarso nella Seconda lettera ai Tessalonicesi. Mi conforta la lettura del discorso di Benedetto XVI al Bundestag, da cui traggo alcune espressioni che considero di fondamentale importanza: “La politica deve essere un impegno per la giustizia e creare così le condizioni di fondo per la pace” “Servire il diritto e combattere il dominio dell'ingiustizia è e rimane il compito fondamentale del politico”. Se dunque la cultura dell'Occidente “è nata dall'incontro tra Gerusalemme, Atene e Roma” (e già a Ratisbona, Ratzinger aveva preso posizione contro la dis-ellenizzazione del cristianesimo); se si opererà affinché “la ragione sia aperta al linguaggio dell'essere”, potremo forse anelare “alla capacità di distinguere il bene dal male e di stabilire così un vero diritto, di servire la giustizia e la pace”.
Scritto da ulderico monti il 25/9/2011 alle 06:53
“Vi starete chiedendo perché. Perché una ragazza trentina di buona famiglia, figlia del proprietario della profumeria ‘La casa del sapone’ – una brava figlia cattolica che tiene concerti di chitarra classica e fa assistenza agli anziani – un giorno decide di mettersi a sparare. Non sopporto si dica che sono diventata terrorista per amore. Renato Curcio è stato l’uomo della mia vita ma non mi ha plagiato. Il nostro era un rapporto paritario, fra compagni. Lui era al mio fianco sul sagrato del Duomo di Trento, quando leggevamo a voce alta le Lettere di don Milani e i benpensanti ci tiravano le mele addosso. E quando mi sono laureata in Sociologia con il prof. Alberoni, sì quello che poi scriverà ‘Innamoramento e amore’, e al momento del 110 e lode ho sventolato il pugno chiuso. Sapete che la tecnologia consentirebbe a dieci miliari di persone di vivere come un americano medio? Invece il mondo muore di fame, è intollerabile! Certo, chi spara ha sempre torto perché la violenza chiama violenza e prepara le ingiustizie di domani. Ma io allora vi avrei risposto: è la guerra che dà la libertà, non la scheda elettorale, un trucco delle multinazionali per farci giocare alla democrazia e intanto tutto resta come è. Ho sposato il mio Renè in abito bianco e la luna di miele l’abbiamo passata alla Pirelli. Milano mi ha mostrato la faccia vera del consumismo. Gli sperperi, le disuguaglianze. Ho perso il nostro bambino in uno scontro con la polizia durante un’occupazione di case a Quarto Oggiaro. Fu allora che decidemmo di passare alla lotta armata. Un giorno, a Piazzale Loreto, Renato mi disse: ‘Qui una brigata partigiana appese Mussolini a testa in giù. Chiamiamoci brigata anche noi’. ‘Rossa’ aggiunsi io. Poi arrivarono altri compagni e la brigata rossa divenne plurale. La prima azione fu l’incendio dell’auto di un sorvegliante della Pirelli: sistemai io la tanica di benzina mentre Renato faceva da palo. Poi i rapimenti: un dirigente della Sit-Siemens, il giudice Sossi. Ci sentivamo i nuovi partigiani, in guerra con i fascisti delle stragi di Brescia e dell’Italicus. Non ero un’invasata. Mi piaceva ridere e suonare Dylan. Però prendevo la vita sul serio, come tutte le donne. E come tutte le donne avevo un sesto senso. Non fidarti di Frate Mitra, dissi a Renato, che si era infatuato di quel sedicente rivoluzionario. Avevo ragione, era una spia del Generale Dalla Chiesa. Renato fu rinchiuso nel carcere di Casale Monferrato. Per liberarlo mi presentai all’ingresso con un pacco: dentro c’era una mitraglietta. Servivano soldi, così rapimmo il Gancia degli spumanti e lo nascondemmo in una cascina vicino ad Acqui Terme. Si chiamava la Spiotta e qualcuno fece la spia, perché la mattina dopo un carabiniere bussò alla porta. Misi mitra e borsetta a tracolla e corsi fuori. Mi chiamo Margherita Cagol, nome di battaglia Mara, e sono morta a trent’anni in combattimento, il 5 giugno 1975. Nel luogo in cui fui uccisa, alcuni compagni gettarono dei fiori rossi”.
Scritto da Mafalda il 25/9/2011 alle 10:11
Il brano che ho postato nel commento precedente è tratto da “La Patria, bene o male. Almanacco essenziale dell’Italia unita (in 150 date)”, edito da Mondadori e scritto a due mani dal noto Carlo Fruttero e da Massimo Gramellini, vice-direttore de “La Stampa”. E’ parte del capitolo “1972-1978 Shot river (fiume di piombo)” (pagg. 255-262). Questo capitolo ripercorre, romanzando, le vite di cinque protagonisti uccisi nel corso di quegli anni: un poliziotto, Luigi Calabresi; una terrorista, Margherita Cagol; una studentessa, Giorgiana Masi; un giornalista, vice-direttore de “La Stampa”, Carlo Casalegno; un politico, Aldo Moro. Cinque brani tutti commoventi, fra i quali ho deciso di riportare quello dedicato a Mara Cagol, protagonista della stessa Trento di cui Adamoli ci ha raccontato sopra qualche esperienza. Certo, confrontandoli con quegli anni, questi che stiamo vivendo sono proprio ridicoli, fintamente tranquilli e, soprattutto, caratterizzati dalla presenza, in politica e in società, di “soubrette” (termine dispregiativo). P.S.: Per pura combinazione, ho finito di leggere il libro nei giorni scorsi. E poi, io amo Fruttero (e Lucentini).
Scritto da Mafalda il 25/9/2011 alle 10:21
Concordo sulle prime considerazioni, i commenti di Filippo Valmaggia sull’America sono insopportabili ma dopo dove va perdendosi Ulderico Monti? Il suo abisso è il nostro, ed è proprio lui ad accompagnarci. La sua lettura dei Vangeli è nevrotica e mette troppa carne al fuoco, lasciandola bruciare senza possibilità di essere gustata. Riporta le parole del Santo Padre come rivelazioni ma ben altro ha detto il nostro Papa che non quelle vuote parole dette e ridette: giustizia, pace, ragione e poi ancora giustizia e pace. Andiamo, Monti! La catechesi l’abbiamo già subita da piccoli. Dica qualcosa di interessante! Per forza poi Valmaggia è la soubrette del blog, come ha detto simpaticamente Adamoli, uno che di comunicazione mangia in testa a tutti. Lei, Monti, è visibilmente più colto di Valmaggia, un furbo, un rimasticatore di testi, ma quello colpisce al cuore quando vuole. Lei no.
Scritto da Giorgio Piras il 25/9/2011 alle 10:27
@Osservatore - Nel secolare ordinamento americano queste materie appartengono agli Stati e non al governo federale. Anche le Corti supreme, a cui spetta l’ultima parola, sono statali. Non capisco poi l’accenno al Papa. L’ho citato solo perché Benedetto XVI è opportunamente e doverosamente intervenuto.
Scritto da Giuseppe Adamoli il 25/9/2011 alle 13:51
@Mafalda - Ti ringrazio di aver ricordato un bel libro e di aver riportato un brano suggestivo su Mara Gogol. Un nome mitico che a Trento godeva di una notorietà ampia e rispettata. Ma questo, ti assicuro, non cambia una virgola del mio giudizio su quegli anni in quella università. La combriccola pseudo rivoluzionaria era composta in gran parte da sfaccendati che giocavano a fare la guerra alle istituzioni, e spesso alle organizzazioni sindacali, con in tasca i soldi di papà e mammà. Ho tentato un paio di volte di prendere la parola in quelle assemblee inferocite ma, in nome della “loro” democrazia, sono stato zittito al grido di fascista. Le ultime parole che ho pronunciato sono state queste: “allora evviva i fascisti”. Poi sono scappato per salvare la mia incolumità.
Scritto da Giuseppe Adamoli il 25/9/2011 alle 13:56
Nel blog di Paolo Rossi ho scritto, in risposta a un commento, che l’off-topic è il principale alimento della comunicazione telematica. Ma non vorrei abusarne. Consideriamo, quindi, il tema proposto dal nostro ospite. Delle pene. La Nazione è un essere umano, carne e Sangue, materia e spirito. E’ un macroanthropos le cui pulsioni non vanno represse. Una di queste, irrinunciabile, è la vendetta. La pena di morte andrebbe vista in questo senso. La Nazione ferita si vendica eliminando un brandello di carne corrotta. Una cauterizzazione e l’Uomo Grande riprende il suo cammino, il suo Destino. Nelle società adattate, lo Stato si è sostituito alla Nazione, rimpicciolendo tutti. Ora gli ometti formicolanti si dibattono fra redenzione, perdono, riabilitazione, carità, ricupero (come se i corpi deformi dei gobbi, degli zoppi si potessero sanare; gli occhi strabici delle donne si potessero raddrizzare con un profondo e definitivo maquillage).
Scritto da Filippo Valmaggia il 25/9/2011 alle 14:20
Vorrei rispondere brevemente e come posso a Giorgio Piras, che è tanto cortese da prendere in considerazione alcune mie opinioni sugli Stati Uniti d'America. Intendo affermare che la funzione storica degli Stati Uniti è stata la realizzazione della liberazione dell'Europa dal nazifascismo prima e dal comunismo sovietico poi e, aggiungo io, di favorire la resurrezione dello Stato di Israele. E' lecito ritenere che l'azione di liberazione sia stata, almeno nella prima fase, inconsapevole, o meglio, come affermò Schmitt, che gli Stati Uniti agirono come un “acceleratore involontario”. Non so se gli Stati Uniti abbiano esaurito la loro funzione storica: resta il fatto che, anche se l'azione fosse stata di matrice imperialista e priva di una cosciente e conseguente ispirazione etica, hanno realizzato il programma della nostra liberazione. E' evidente a tutti, e soprattutto a me, che - come ha detto realisticamente Giorgio Piras – io sia un “rimasticatore di testi”: giunto al termine della mia vita, convinto della mia mediocrità, mi aggrappo a pochi testi, che diminuiscono di numero nel corso del tempo e ad alcuni concetti fondamentali che mi ripeto incessantemente e, oso dire, disperatamente. E mi pare un privilegio credere o illudermi di avere un porto sicuro! Infine, per terminare in letizia, sono lieto che il prestigioso blog di Giuseppe abbia la sua “soubrette”: ora attendiamo di conoscere chi sarà il “comico” della compagnia di giro! cordiali saluti, ulderico monti
Scritto da Ulderico Monti il 25/9/2011 alle 22:53
@Vittorio (Luino), scusami se rispondo in ritardo. Senza alcuna pretesa di completezza, ti posso dire che negli USA i protestanti sono il 24,6% e i cattolici il 22,1%. Dunque non una grande differenza. Ritengo però che la frammentazione protestante in gruppi e sette talvolta estreme per credo e comportamenti rispetto ai fondamenti del loro stesso credo, non abbia giovato al superamento della barbarie della pena di morte. Pena di morte che nella storia "breve" degli Stati Uniti pare essere un disvalore condiviso anche da numerosi gruppi cattolici e drammaticamente inscritto nel dna del paese.
Scritto da Cesare Chiericati il 26/9/2011 alle 11:03
Ovunque nel mondo,le sentenze di morte sono una barbarie contro l'essere umano.Gli stati liberali e democratici che la comminano vanno in contraddizione con i loro principi. di morte li rende deboli agli occhi degli altri. In USA, una simbiosi tra Far West e mandato divino, con sentore di razzismo. Montanelli disse a Bettiza:"«Ogni volta che andrai negli Usa non dovrai dimenticare che loro,anche se non lo dicono,credono soprattutto in tre cose. Bibbia, pistola e sedia elettrica».
Scritto da FrancescoG. il 26/9/2011 alle 14:12
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