Politica, istituzioni e territorio. Dialogo oltre i partiti
Giuseppe Adamoli   adamoli1@alice.it
inserito il 22/1/2012 alle 09:24

 

 
Carlo Azeglio Ciampi, nel suo ultimo libro “A un giovane italiano”,  Rizzoli, gennaio 2012:

    “Il liberismo ha avuto l’incommensurabile merito di aver spalancato le porte allo sviluppo dell’economia, al progresso della società, liberandone le forze vitali che hanno spazzato via i residui del sistema feudale.    
    “Il liberismo economico ha anche prodotto una ideologia che rifiuta qualunque modello sociale che affidi allo Stato interventi volti a programmare le sue scelte al fine di distribuire più equamente beni e oneri all’interno della collettività.
    “I cardini di tale interpretazione sono l’interesse individuale come fattore determinante la razionalità umana, e il calcolo dei costi e benefici come criterio guida di ogni attività umana.
    “Tale ideologia è alla base dell’azione di deregolamentazione adottata soprattutto nel campo della finanza”.

Chi si interroga sulle cause della più grave crisi economica e finanziaria dopo quella del 1929 trova in questo brano un motivo di seria riflessione.
Non parla un ideologo anti-mercato, ma l’ex Governatore della Banca d’Italia, l’ex Presidente della Repubblica, il capo del Governo e il ministro del Tesoro e dell’Economia che aveva fortemente voluto l’euro.
 
 
Commenti dei lettori: 38 commenti -
E' giusto chiamare ideologia il "liberismo". E' l'unica ideologia che ha vinto nel mondo intero.
Scritto da Bortoluzzi il 22/1/2012 alle 09:58
Riflessione domenicale molto impegnativa. Chi ha voluto la deregolamentazione della finanza? Solo i conservatori americani e inglesi? Quali altre complicità ci sono state? La grande stampa cosa ha fatto? E la sinistra europea? Da quale parte incominciare per ridurre l'influenza del pensiero unico?
Scritto da Roseto senza rose il 22/1/2012 alle 11:27
Ciampi aveva voluto l'euro, ma la moneta unica europea non c'entra nulla con la deriva del super liberismo. Questo bisogna riconoscerlo.
Scritto da Michela il 22/1/2012 alle 11:50
a proposito di liberismo. mentre eravamo tutti intenti a preoccuparci di tassisti, crociere e forconi, guarda guarda cosa ti infilano nel decreto liberalizzazioni. Il provvedimento si chiama project financing per la realizzazione di infrastrutture carcerarie, ed in sintesi realizza un sogno da tempo coltivato: quello di affidare le carceri ai privati. non solo si permette ai privati costruire le carceri, ma si scrive nero su bianco che al fine di assicurare il perseguimento dell'equilibrio economico-finanziario dell'investimento, al concessionario è riconosciuta, a titolo di prezzo, una tariffa per la gestione dell'infrastruttura e per i servizi connessi, ad esclusione della custodia. questo significa che la gestione carceraria, escluse le guardie, è affidata a privati imprenditori. riuscite ad immaginare cosa significa ciò in Italia, con infiltrazioni mafiose a tutti i livelli ed in special modo nell'edilizia? che le carceri saranno gestite dai delinquenti. quelli di serie A, naturalmente, perché quelli di serie B saranno il "prodotto", ovvero coloro su cui si farà business. un tot a carcerato. c'è dell'altro: il concessionario nella propria offerta deve prevedere che le fondazioni di origine bancaria contribuiscano alla realizzazione delle infrastrutture di cui al comma 1, con il finanziamento di almeno il 20 per cento del costo di investimento. in soldoni, è fatto obbligo di far partecipare le banche alla spartizione della torta. torta di denaro pubblico, perché è sempre lo stato che paga. a meno che non si voglia far lavorare a gratis i detenuti, in concorrenza con le aziende, e con il compenso intascato dall'imprenditore carcerario. funziona così, in USA. siamo fiduciosi che, nel decreto "privatizzazioni", si privatizzerà anche il lavoro schiavo dei carcerati. io credo che un provvedimento del genere avrebbe meritato un dibattito pubblico in un paese normale. che una simile cessione di democrazia, di controllo e di libertà da parte dello stato dovrebbe essere ben conosciuta dai cittadini e dall'opinione pubblica, e non infilata di soppiatto tra gli articoli mentre eravamo distratti a pensare ai taxi.
Scritto da Claudio Ennam il 22/1/2012 alle 12:04
L'indebolimento della Comunità Europea ha molto peggiorato la situazione. Il partito popolare e i socialdemocratici europei hanno gravi responsabilità. .
Scritto da Giovanna G. il 22/1/2012 alle 12:42
Fin dal suo varo (e come per la Costa Concordia la bottiglia non si ruppe), nel PD è invalsa tra i suoi leader una pericolosa competizione tra chi è più abile nella prassi dell’inchino, che consiste nel mostrarsi più liberali e moderati agli occhi della Chiesa, di Confindustria, delle banche, ecc.. Infatti, non passa giorno che Veltroni, Letta (eh sì, caro Giuseppe, anche Letta!), Fioroni o Bersani, navigando a vista non cerchino di avvicinarsi il più possibile al credo liberaldemocratico, non senza correre rischi di collisione nelle acque rese minacciose dalla presenza di scogli affioranti e di secche, come le liberalizzazioni, la patrimoniale, le coppie di fatto, la riforma del lavoro, ecc.. I più intrepidi, tuttavia, sono i dirigenti di provenienza comunista, come D’Alema, i quali, dopo aver virato di 360° la propria rotta ideologica, si sono diretti, barra a dritta, verso i più familiari approdi della socialdemocrazia, inchinandosi davanti ai faraglioni dell’Opus Dei e non riuscendo a concepire che possano esistere altri continenti culturali oltre l’orizzonte del riformismo socialista. Questi sono i comandanti (qualsiasi riferimento al latin lover latino Schettino è puramente casuale), però ci sono anche i “primi ufficiali” che non sono da meno. A me viene in mente Ichino che, accecato dalla sirenetta di Copenaghen (modello danese), è pronto a rinnegare il Mare Nostrum e la consolidata nonché quasi millenaria tradizione delle italiche Repubbliche Marinare. Se non si desidera il naufragio elettorale o, peggio ancora, il definitivo inabissamento della nave da crociera Pd, occorre smetterla con la pratica degli inchini, sia nei confronti delle idee altrui che dei propri residui ideologici ma elaborare una nuova (e nostra) idea rispetto al ruolo dello Stato, ad una nuova forma di welfare che costituisca un argine alle derive del liberismo senza freni. E non ho parlato delle hostess Bindi, Finocchiaro, Serracchiani, ecc. E nemmeno dei mozzi. E nemmeno dei pirati. E nemmeno dei clandestini.
Scritto da Mafalda il 22/1/2012 alle 14:05
Certe liberalizzazioni sono figlie della concezione liberista illustrata da Ciampi.
Scritto da Osvaldo il 22/1/2012 alle 15:05
Comprendere esattamente, anche a posteriori, il perchè ed il percome avvengano grandi mutamenti nel funzionamento dell'economia mondiale è un esercizio difficile che molto spesso da luogo a interpretazioni ognuna diversa dall'altra. Non si può cercare un solo fattore scatenante perchè troppi elementi si intersecano e si condizionano. Inutile pensare a singole regie oppure a fantomatici poteri forti quando si deve interpretare il modello di funzionamento del mondo intero.
Scritto da bm il 22/1/2012 alle 15:20
Il brano di Ciampi individua come il mondo della finanza si sia sviluppato in un modo deregolamentato che classificherei come uno "che fa gli affari suoi". Quello che dovremmo studiare e, casomai, correggere è come la finanza si relazioni e condizioni il funzionamento dell'economia reale. Esempio,se l'economia di uno Stato intero trema solo perchè una qualunque società (facente parte della cattiva finanza) gli assegna una brutta pagellina direi che la prima colpa non è di chi ha dato quei voti
Scritto da bm il 22/1/2012 alle 15:32
@Claudio Ennam, lei non era quello che odiava i commenti troppo lunghi? Non c'è solo questo, si direbbe che questo commento glielo ha scritto qualcun altro. E' completamente diverso dagli altri.
Scritto da Ex Pci Gallarate il 22/1/2012 alle 15:34
signor ex pci gallarate, la cifra dei miei commenti è sfuggente; lo stilema è indefinibile perché utilizzo registri comunicativi diversi. suggerisco altri termini che possono provocare utili reazioni tassonomiche: anonimo, pseudonimo, ortonimo, a cui corrispondono anepigrafo, apocrifo, pseudepigrafo, ortoepigrafo. Certamente è molto quello che resta fuori da questa mia disordinata lista. se vuole aggiungervi qualcosa, si accomodi ma la prego entri nel merito di ciò che scrivo e non di come scrivo.
Scritto da Claudio Ennam il 22/1/2012 alle 17:37
Cara @Mafalda, come sempre cerco di scegliere qualche singolo spunto tra i tanti che offri. Sulla patrimoniale: non m’interessa molto che matrice culturale e politica abbia. Ero favorevole, da una certa soglia in su, e penso che Monti avrebbe osato maggiormente se non avesse avuto bisogno dei voti del Pdl in Parlamento. Sulla linea politica del Pd: d’accordo sulla piattaforma nuova, perché se si andasse su quella della vecchia sinistra non navigherei nel Pd neanche come clandestino.
Scritto da Giuseppe Adamoli il 22/1/2012 alle 18:03
Caro @bm, ho messo questo brano di Ciampi per la sua grande esperienza e autorevolezza di cui dovremmo essergli tutti profondamente grati. Sulle agenzie di rating hai ragione. Può darsi che sbaglino o siano influenzate da qualche pregiudizio ma il problema cruciale per noi è di mettere a posto i nostri fondamentali: pareggio di bilancio in prospettiva, mercato del lavoro più moderno, giustizia civile e penale migliore, istituzioni pubbliche che funzionano, credibilità politica internazionale. Il resto verrà da sé.
Scritto da Giuseppe Adamoli il 22/1/2012 alle 18:07
Discorsi difficili da affrontare in un blog. Immagino una caduta negli accessi, ma reputo interessante il tentativo di provarci e di insistere.
Scritto da Luisa Cardin il 22/1/2012 alle 18:49
Il Pd non ha nessuna alternativa al liberismo imperante. Solo la Lega ha qualche idea chiara. Il "padroni a casa nostra", che tu critichi e forse disprezzi, è un modo per contrastare i pericoli sociali della globalizzazione.
Scritto da Luca Mazzoleni il 22/1/2012 alle 19:01
La frase di Ciampi (non ho letto il libro) penso si riferisca al liberismo classico inventato da Adam Smith che postula l’assoluta libertà d’iniziativa degli attori economici e ipotizza la presenza di una “mano invisibile” che trasforma automaticamente gli interessi individuali in bene collettivo. Poiché gli elementi ideali e astratti sovrastano nettamente l’esperienza reale basata su dato obiettivi, si può parlare di ideologia. Il sistema capitalistico che ne è derivato ha certamente portato ad un progresso tecnico scientifico accompagnato però da una spaventosa ingiustizia nella distribuzione della ricchezza che ha privilegiato un manipolo di “capitali d’Industria” a scapito delle masse che lavoravano, quasi in condizioni di schiavitù, nelle fabbriche e abitavano in fatiscenti città industriali prive degli essenziali servizi igienici. La critica di Marx ha colto obiettivamente questi aspetti disumanizzanti ma non ha aperto una valida alternativa. La lotta tra le classi e quella imperialista tra nazioni autoritarie ha portato ad un’epoca di conflitti sociali e bellici che, con le due guerre mondiali, ha distrutto l’Europa e con la crisi mondiale del 1929 ha impoverito l’intero pianeta e provocato l’avvento di regimi populistici di carattere autoritario. Negli anni Trenta il capitalismo liberista era tecnicamente fallito. L’economista J.M.Keynes, con le sue tesi del “deficit spending”, provocò gli interventi degli Stati per sostenere l’economia nei momenti di crisi del ciclo economico e nel costruire, secondo le idee di Beveridge, il “Welfare State” per assicurare i lavoratori dai rischi dell’esistenza; così il “capitalismo” venne a patti con la classe lavoratrice assumendo un “volto umano”. Le teoria Keynesiana presupponeva però che, passato il momento della crisi, gli Stati dovessero recuperare quanto speso in modo da rimettere in ordine i bilanci pubblici, condizione essenziale per assicurare la continuità della crescita. Così invece non è stato. Sotto la spinta dell’opinione pubblica, lo Stato ha largheggiato nel dare servizi sociali ma, in una prima lunga fase, non ha preteso che i cittadini contribuissero a loro volta con il pagamento delle tasse. Negli anni Ottanta tutti i Paesi si trovarono fortemente indebitati, entrarono in una serie di crisi economiche e finanziarie che non potevano più essere affrontate con i rimedi suggeriti da Keynes. Si affermarono così le idee neo-liberiste degli economisti di Chicago guidati da Milton Friedman che hanno proposto una versione ancora più radicale con una libertà senza limiti per gli attori economici e il ritiro completo degli Stati da ogni forma di sostegno; persino la scuola statale e il servizio sanitario sono messi in discussione: lo Stato può al massimo distribuire dei “voucher” ai più poveri, ma il “Welfare State” va smantellato. Il neo-liberismo ha inoltre introdotto la pratica della “shock economy” per la quale i governi, approfittando delle crisi, delle difficoltà e degli sconvolgimenti sociali, devono intervenire per privatizzare non solo l’economia ma anche i servizi pubblici. Questa concezione è alla base della crisi attuale. Il governo Monti, pur condizionato e limitato dalla situazione politica, è il primo, da molti decenni a questa parte, che applica il capitalismo keynesiano con un programma di medio periodo e con un progetto di graduale ma effettivo cambiamento.
Scritto da Camillo Massimo Fiori il 22/1/2012 alle 19:35
Oltre che volerlo l'EURO bisognava gestirlo. Non farci appioppare un cambio da furto a 1936,27 che in tanti da subito avevano osteggiato (per Ciampi e &). Quanto alla deriva socialdemocratica degli ex PCI,PDS,DS,DP non c'è da stupirsi,non è materia vostra. La socialdemocrazia era quella di Saragat,Tremelloni,Matteotti,Romita...non è mai stata materia vostra. C'era arrivato Craxi,ma è morto esule.
Scritto da La professoressa il 22/1/2012 alle 20:43
L'individualismo esasperato, e l'egoismo dell'alta finanza, hanno creato le condizioni della crisi attuale. Stiamo attenti però a buttare il bimbo con l'acqua sporca. La liberaldemocrazia può essere l'arma vincente contro la deregolamentazione e contro le utopie collettivistiche che nel secolo scorso, per fortuna, sono state battute.
Scritto da Stefano Sandri il 22/1/2012 alle 21:50
Sono contenta che il blog affronti questi problemi difficili. Grazie anche a @Fiori per la sua capacità di spiegare e approfondire.
Scritto da Cittadina cattolica il 22/1/2012 alle 23:03
Oggi a Milano la Lega ha confermato di essere fuori dal mondo. Non ho mai capito come possa raccogliere consenso in una regione come la Lombardia.
Scritto da Alessandro il 22/1/2012 alle 23:30
@Camillo Massimo Fiori, dove lei vede l'impostazione di Keynes nell'azione del governo Monti non lo so. Io sostengo Monti in quanto mi pare l'unica strada per affrontare l'emergenza drammatica. Ha ridato credibilità all'Italia, parla con competenza, sta approntando dei provvedimenti riformatori con il vecchio Parlamento a maggioranza Pdl. E' quasi stupefacente, ma Keynes è molto distante e non solo nel tempo.
Scritto da Roseto senza rose il 23/1/2012 alle 09:11
Caro Giuseppe poni un interessante tema di riflessione. Gli ultimi trenta anni di storia mondiale sono condizionati e dominati dall’ideologia liberista. Nel secondo dopoguerra sembrava che le politiche socialdemocratiche e democristiane, soprattutto in Europa, avessero trovato la ricetta magica. Sulla spinta delle politiche economiche interventiste del “New Deal”, delle riflessioni di Keynes dopo la crisi del 29, erano state messe delle “regole” alla finanza e ai mercati. Le prime elezioni in Gran Bretagna, dopo la fine della guerra, avevano visto la vittoria dei laburisti e, sulla spinta del rapporto del 1942 di Lord Beveridge, “l’invenzione” del welfare state come “sistema” di redistribuzione dei redditi, come processo di coesione sociale, ma, soprattutto, come insieme di politiche capaci di strappare dalla povertà milioni di persone e di garantire loro la possibilità di risalita nella scala sociale. Sostanzialmente questo insieme di interventi, sia pure con diversi accenti, è stato comune in tutte le politiche messe in atto dai grandi partiti europei per cinquanta anni. Paradossalmente il successo delle politiche di welfare state ha prodotto la “sterzata” uguale e contraria, appunto, il liberismo imperante degli ultimi tre decenni. Quelli che, infatti, avevano beneficiato del welfare hanno giudicato il sistema troppo oneroso, troppo burocratico, troppo generoso e parassitario oltre che inefficiente. Così abbiamo avuto la Thatcher e Reagan e prima Milton Friedman e i Chicago Boys, insomma, abbiamo avuto i prodromi della globalizzazione e l’instaurarsi dell’ideologia del predominio dell’individuo sulla società. Famosa la frase della Thatcher che diceva “cosa è la società?, la società non esiste solo l’individuo”. La riflessione dovrebbe avere ancora decine e decine di pagine perché il tema è profondo. Mi limito però a porre alcune domande. Liberismo e stato sociale sono le facce uguali di uno stesso sistema, il capitalismo? La dottrina sociale della Chiesa che ha trovato la sua sistemazione organica con la “Rerum Novarum” del 1891 pose sullo stesso piano socialismo e liberismo, ma oggi, che cosa dice al mondo e non solo ai credenti? Quali risposte si possono dare ad un mondo sviluppato che chiede uguali opportunità e ad un mondo invia di sviluppo che chiede giustizia sociale, ma anche benessere? E’ possibile riscoprire il significato del senso di appartenenza ad una comunità senza delle politiche di welfare? Personalmente credo che oggi occorrerebbe rileggere con laica attenzione le teorie economiche di Marx e porsi il problema di come coniugare libertà con sviluppo economico e coesione sociale. Mi chiedo se abbiamo leader politici in grado di fare questo.
Scritto da roberto molinari il 23/1/2012 alle 09:46
Argomento molto complesso e difficile. Mi permetto solo di dire che se ne dovrebbe parlare molto di più in tutti i partiti per ricercare una soluzione più basata su "equità, responsabilità, coesione sociale".
Scritto da Loredana Baroffio il 23/1/2012 alle 10:47
E bravo @Fiori. I suoi commenti sembrano delle lezioni universitarie perchè fa un compendio dei fenomeni sociali, politici e storici. Davanti a lui mi sento un nano. Un bocconiano nano. Mi è piaciuto anche il commento di @Mafalda, ironico e stimolante come sempre.
Scritto da Ex democristiano il 23/1/2012 alle 10:54
@Luisa Cardin (18.49) - Hai ragione, non sono questi gli argomenti che possono attirare un gran numero di lettori. Ma io non sono in cerca di popolarità o di consenso politico. Nel mix di temi che propongo quasi quotidianamente mi sembra giusto immettere anche queste riflessioni. Il contributo di @Camillo Massimo Fiori, per fare solo un esempio, merita da solo un post.
Scritto da Giuseppe Adamoli il 23/1/2012 alle 11:04
@La professoressa (20.43) - Sulla socialdemocrazia europea metterò un post nei prossimi giorni. E’ vero che il Pci è stato per un lungo tratto di strada avversario dei socialdemocratici. Ma quella ormai è storia.
Scritto da Giuseppe Adamoli il 23/1/2012 alle 11:05
@ Roseto senza rose - La lezione Keynesiana applicata da Monti è quella che il mercato e l’economia non devono essere affidati esclusivamente agli attori sociali, cioè in pratica dominati dai più forti, ma richiedono l’intervento regolatore dello Stato democratico. La liberalizzazione (che non è sinonimo di privatizzazione) serve ad eliminare o ridurre i privilegi delle corporazioni unitamente alla semplificazione burocratica a cui dovranno (si spera) seguire interventi per eliminare le partecipazioni incrociate nelle aziende e il sistema delle “scatole cinesi” che sono forme di monopolio a danno dei consumatori. Sono queste le premesse indispensabili per lo sviluppo e per la sostenibilità del “Sistema di sicurezza sociale” che Monti vorrebbe gradualmente estendere anche ai giovani precari e agli anziani che hanno perso il lavoro. J.M. Keynes non era un socialista ma un liberale.
Scritto da cmf. il 23/1/2012 alle 11:58
All'inizio del terzo millennio credo sia ormai del tutto ideologica l'equazione liberismo/progresso, così come la tesi che indica nel liberismo il fattore di civiltà che avrebbe determinato la fine del sistema feudale. Non parliamo, poi, del ricorso all'egoismo ed all'individualismo quali cause congenite alla natura umana per giustificare l'origine del male e delle ingiustizie sociali. L'era delle utopie collettivistiche sarà anche terminata, ma quale era ci accingiamo a vivere? L’Occidente è ormai giunto ad un bivio: o consolida la civiltà dei diritti e dell’equità su scala planetaria, contrastando politicamente le derive speculative e autoritarie del mercato globalizzato, oppure si arrocca nella propria superiorità economica, militare e tecnologica ed abdica alle proprie aspirazioni democratiche a beneficio di oligarchie senza scrupoli, noncuranti della dignità degli uomini, della vita e dell’ambiente.
Scritto da Leonardo C. il 23/1/2012 alle 12:28

Scritto da un rottamatore il 23/1/2012 alle 12:40
Il liberismo mi sembra piu' dottrina economica che filosofia morale. I capitalisti americani dell’ 800-900 hanno creato colossi seguendo anche l’etica protestante (v. M.Weber). I pirati della finanza di oggi seguono carrierismo e materialismo: due idoli per i quali molti (loro controllori inclusi) sono disposti a fare quasi tutto. In Italia, le tante regole (es. art. 41 Cost.) hanno impedito cio' che e' successo negli USA. Non bastano, temo, senza un senso etico diffuso e l'esempio delle elites
Scritto da andreus il 23/1/2012 alle 13:05
@Un rottamatore - Come vedi il tuo commento della 12.40 non risulta pervenuto. Se me lo mandi lo metto subito.
Scritto da Giuseppe Adamoli il 23/1/2012 alle 13:12
Non volevo contestare la scelta dell'argomento difficilissimo di oggi ma solo considerare un probabile lato critico per il numero dei lettori. Avanti così, molto meglio del gossip.
Scritto da Luisa Cardin il 23/1/2012 alle 14:41
@Roberto Molinari (9.46) - Domande più che pertinenti. I leader dovrebbero essere di stampo e livello europeo. Riprenderemo il discorso sul post che ho appena messo sul Pd e la socialdemocrazia.
Scritto da Giuseppe Adamoli il 23/1/2012 alle 15:25
@Camillo Massimo Fiori (11.58) - Grazie per la spiegazione, chiara ed efficace, delle liberalizzazioni che Monti sta cercando di attuare.
Scritto da Giuseppe Adamoli il 23/1/2012 alle 15:26
Ottimi interventi.Grazie.Vorrei un'economia ecosociale, fatta per gli esseri umani e le loro relazioni sociali e con l'ambiente, non per applicare modelli "da libro", che spesso sono limitati o lati oscuri pericolosi. Questi modelli, con il tempo, possono cambiarci nel profondo, incidere sulla personalità e sulla vita comune. Come mutazioni genetiche. Che la sfida globale e democratica sia una sintesi tra libera iniziativa, stato sociale europeo e protezione familiare?
Scritto da FrancescoG. il 23/1/2012 alle 15:28
@Andreus (13.12) - Sottoscrivo ciò che hai scritto e sottolineo l'importanza dell"esempio delle "elites".
Scritto da Giuseppe Adamoli il 23/1/2012 alle 15:30
@Leonardo C. (12.28) - Penso che il problema sia di fare quello che tu dici a proposito delle "aspirazioni democratiche dell'occidente" ma senza cadere nelle vecchie ideologie collettivistiche.
Scritto da Giuseppe Adamoli il 23/1/2012 alle 15:42
keynes ebbe un grande merito: rendere necessaria la regolamentazione del sistema finanziario per evitare che questo potesse diventare disfunzionale rispetto al sistema economico. adesso torno a vendere maglioncini. ma chi li compra? nessuno. nessuno più. keynes o mica keynes sono tutti in bolletta marcia. chi ha i soldini se li tiene. altro che maglioncini. eppure ne ho di bellissimi.
Scritto da Claudio Ennam il 23/1/2012 alle 15:52
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