Politica, istituzioni e territorio. Dialogo oltre i partiti
Giuseppe Adamoli   adamoli1@alice.it
inserito il 22/3/2012 alle 10:51

 

Spero anch'io come Pierluigi Bersani che la proposta del governo sul mercato del lavoro possa ancora essere migliorata.
Anche Pietro Ichino la considera perfettibile. Ne parleremo ancora nei prossimi giorni.
Ma intanto vorrei ragionare sulle conseguenze, da molti considerate drammatiche, che questa benedetta riforma potrebbe avere sul Pd. Parto da tre presupposti.
1) Il mercato del lavoro riguarda tutta la società e soprattutto le nuove generazioni, non solo gli occupati, sindacalizzati o meno.
2) La concertazione con le forze sociali è positiva perché fonte di reale coesione nazionale ma non può trasformarsi in un diritto di veto per chiunque.
3) In virtù dei primi due punti la decisione finale spetta solo al Parlamento. Il Pd deciderà in quella sede la sua posizione.
Messi in chiaro questi tre punti, almeno per me importanti, che un grande partito popolare di centrosinistra lavori per l’intesa del governo con le parti sociali, in particolare con i sindacati, mi sembra naturale. Che il mancato raggiungimento di questa intesa lo metta in crisi nera, è fuori della mia capacità di comprensione.
Perché non capirei? Perché non stiamo parlando di un contratto di lavoro (responsabilità sindacale esclusiva) ma di misure, garanzie, tutele sociali ed economiche universalistiche. E poi perché questa crisi del Pd sarebbe il risultato di una incongura delega in bianco consegnata ai sindacati che peraltro non sono più da anni un corpo unitario.
Ripercorriamo per un momento il congresso fondativo del Pd. In Walter Veltroni (votato da tutti o quasi gli ex Ds) questa ipotesi di delega era estranea. Stessa cosa per Enrico Letta e Rosy Bindi. In tutte e tre le piattaforme vi era rispetto e vicinanza per i sindacati con l’impegno di una reciproca autonomia di comportamento e decisione.
Voglio dire che le ragioni del nostro progetto politico vanno ben al di là di questo tema pur importantissimo.
Sono ragioni che affondano le radici nella riforma della politica, nel rinnovamento delle Istituzioni, nel salto di qualità verso un’Europa politica, nel recupero di una profonda unità civile dell’Italia, nella costruzione di una società più equa e solidale fra i ceti sociali e fra le diverse generazioni, oggi sperequate.
Se ci dimentichiamo tutto questo vuol dire che in tutto questo non ci abbiamo mai creduto veramente.


Commenti dei lettori: 60 commenti -
Come dici tu il PD non si deve sentire in obbligo di trovare una convergenza con i Sindacati (anche se molti suoi elettori sono iscritti). Politica e Sindacato possono trovare dei punti di convergenza ma i due soggetti devono restare completamente autonomi. Per 2/3 la riforma impostata è condivisibile in pieno ( motivi discriminatori e disciplinari). Per i motivi economici mi auguro che ci siano delle correzioni (come detto ieri da Letta e Bersani). La riforma si fa in Parlamento
Scritto da Simone Franceschetto il 22/3/2012 alle 10:43
Aspettavo il post su questo argomento scottante. Ho qualche dubbio sulla proposta Monti-Fornero ma sull'autonomia partiti-sindacati condivido il ragionamento.
Scritto da Pd Pavia il 22/3/2012 alle 10:58
Il Segretario del PD ieri sera è stato chiaro. Non si tratta di essere con questo o quel sindacato ma del tipo di società che si immagina e quella che personifica il segretario del PD non prevede la monetizzazione del lavoro. Mi pare difficile fraintendere queste parole.
Scritto da Lele il 22/3/2012 alle 10:58
Siamo giunti al chiarimento di fondo, caro Adamoli. Tu difendi onestamente il progetto del Pd, che io non ho mai condiviso, ma concordo col Bersani di ieri sera: "Nei momenti difficili, faccio come diceva Berlinguer e sto con i principi e gli ideali che avevo in gioventù".
Scritto da Pietro (di sinistra) il 22/3/2012 alle 11:15
@Lele, "non bisogna monetizzare il lavoro". Una bella frase vuota. Che cosa riguardano i contratti nazionali e territoriali se non anche i salari.
Scritto da Maurizio il 22/3/2012 alle 11:26
La foto è bella e l'hai scelta bene come al solito. Non vorrei che fra un anno sia una foto da vecchio repertorio.
Scritto da Emanuela il 22/3/2012 alle 11:32
Io sono molto perplesso sul provvedimento del Governo. Comincerà un periodo di lotte sociali, da una parte ravvivanti ma dall’altra che genereranno più insicurezza sociopolitica. Mi sembra che non stia vincendo l’economia generale ma le tasche di pochi. A me è piaciuta la Bindi l’altra sera a Ballarò quando ha risposto di attenersi alla Dottrina sociale della Chiesa. Sono poco d’accordo con Adamoli, lo sono di più con @Lele. Comunque Bersani è in difficoltà, questo è assodato. La sua giacchetta si rompe dal tanto che è tirata da più parti.
Scritto da V.R. il 22/3/2012 alle 11:40
@Maurizio, riporto la frase di Bersani, che parlando della proposta di riforma dell'art. 18 laddove si cancella il reintegro e lo si sostituisce con una indennità. non sono l'esegeta del pensiero Bersaniano ma voleva dire questo e non mi sembrano assolutamente parole vuote, bensì molto dure sebbene esprese in una prosa lieve, poi è vero che ha ribadito che il PD è il più leale sostenitore di questo governo che si trova a tentare di salvarci dalla bancarotta causata dal PdL e dalla Lega.
Scritto da Lele il 22/3/2012 alle 12:14
Adamoli, ci siamo arrivati . su questo ,non c'è mediazione o acrobazie verbali che tengano : non si abolisce l'art. 18 col voto del PD, sarebbe come chiedere a te di andare a bestemmiare in chiesa, non credo che abbiate chiaro che vuol dire per noi, altrimenti non ce lo chiedereste.: conosco decine di compagni, sono tutti per togliere la fiducia o altrimenti lasciare il partito. questa volta non si risolve con un "ma anche".. speriamo di poter continuare insieme, ma non al prezzo dell'art.18
Scritto da marco il 22/3/2012 alle 12:31
il tuo post comunque centra delle cose di cui avremmo dovuto discutere al congresso, invece di chi era più vecchio o più giovane. un partito che sui massimi sistemi , sul criterio di analisi della società, è ambiguo, non dura a lungo. te dici : non ci avete mai creduto. io ci ho creduto, ma perchè pensavo che la difesa del lavoro potesse avere più forza da un'organizzazione in cui fossero presenti i moderati : ma se il prezzo e rinunciare a farlo -e l'art. 18 è l'ultima che ci resta-allora no.
Scritto da marco il 22/3/2012 alle 12:40
Sottoscrivo il post parola x parola.
Scritto da angelo ruggeri il 22/3/2012 alle 12:50
Trovo la posizione di Bersani chiara.Non vedo perchè dissentire su 1 punto della riforma sia "appiattirsi su cgil"che poi fa il suo mestiere.Sindacati e partiti DEVONO essere autonomi e solo la visione della società del domani è la guida delle riforme.Riforme per ora unilaterali(pensioni-lavoro)dove spicca la mancanza di equità tanto sbandierata da Monti,banche assicurazioni professioni politica rai solo sfiorate per i veti(di quelli si tace sui media)del pdl,comodo partire dal basso.
Scritto da emmezeta il 22/3/2012 alle 12:50
Ora vedremo di che pasta è fatto il Pd. Se c'è ancora troppa vocazione post comunista o se è davvero un partito nuovo che guarda avanti. Non dico post democristiano perchè questo spazio è molto ristretto.
Scritto da Elisabetta C. il 22/3/2012 alle 13:02
L'autonomia reciproca fra Pd e sindacati, ma meglio sarebbe dire fra Pd e Cgil, non è mai apparsa chiara e ferma. Queste ambiguità si pagano. Bersani, qualche tempo fa: "Qualunque cose decidano i sindacati per noi vabene". DELIRANTE. Il Pd che ci sta a fare?
Scritto da Maurizio il 22/3/2012 alle 13:08
Tutto vero quello che sostieni caro Adamoli anche se, inutile negarlo, questa questione sta provocando una lacerazione interna che non saprei come definire se non drammatica e pericolosa per le sorti del PD. Ovattare tutto ed appellarsi alle ragioni di bandiera è comprensibile, ma con ogni probabilità non sufficiente.
Scritto da paperoga il 22/3/2012 alle 13:43
Caro Giuseppe gli argomenti che introduci sono dirimenti per il PD e per la politica. Dividerei in due il ragionamento. Da una parte il rapporto PD con i sindacati, dall’altra il merito della proposta di riforma. Sul primo punto mi pare fondamentale sottolineare ancora una volta che deve esserci piena autonomia dei corpi intermedi, ma che la stessa autonomia deve essere salvaguardata nei confronti della politica e, di conseguenza, del PD. Prestare la massima attenzione alle dinamiche sindacali e a ciò che ispira e aspira il mondo del lavoro è certamente prioritario per un partito, come il PD, che si vuole realmente popolare. Ora, prestare attenzione, però, non coincide con la logica di essere “cinghia di trasmissione” dei sindacati o di un sindacato in particolare. Questo vuol dire che la politica deve avere una sua elaborazione, attenta fin che si vuole, alle ragioni sindacali, ma, appunto, autonoma e indipendente perché la politica ha l’aspirazione di rappresentare il tutto e non una parte. E qui si aprono i problemi del PD. In troppi nel nostro partito vivono come un dramma l’avere “autonomia politica” rispetto alle vicende sindacali. In troppi, a fronte di una unità sindacale che non c’è, si aspira a schiacciare le posizioni politiche del PD su quelle di un unico sindacato. In troppi c’è la tendenza a sostenere che siccome il mondo del lavoro così com’è non va, questo va cambiato, mentre, io penso, di fronte a processi di globalizzazione e alle contraddizioni capitalistiche, il mondo del lavoro vada migliorato. Insomma, a me pare, che il PD deve sciogliere questi nodi o se no, ad ogni occasione, si vivrà il tutto come un dramma che può portare ad una scissione. Secondo problema. Il merito della riforma. Ora che cominciamo a riflettere sui contenuti e a saperne di più mi pare che qualche sottolineatura di possa fare. La riforma è migliorabile. Esistono cose buone e altre meno buone. L’articolo 18 è l’ultimo dei problemi e il furore ideologico su questo articolo è imbarazzante. Estensione degli ammortizzatori anche ai precari e interventi a favore delle politiche attive per l’impiego, queste mi sembrano le lacune più visibili della proposta Fornero. Sull’articolo 18 che dire. Oggi il 90% delle cause porta alla monetizzazione e non alla reintegra, quindi, mi pare venga meno sia l’idea che l’art. 18 funga da “dissuasione” per le aziende che vogliono licenziare ( ma quando mai si è vista questa cosa…) sia anche l’idea/battuta di Bersani che non vuole morire monetizzando i licenziamenti…… Certamente l’art. 18 può essere rivisto. Si sente dire che sarebbe meglio la sua modifica ripercorrendo il modello tedesco ( solo parzialmente proposto infatti dalla Foriero ). Io sono d’accordo, a patto però che si segua anche la strada di “importare” anche quegli interventi “riequilibratori” che il diritto del lavoro tedesco, appunto, prevede, compreso quello di tempi certi e privilegiati per le cause di lavoro. Un ultimo appunto. Negli ultimi anni si è parlato di “Statuto dei lavori” come corpo normativo che andasse a sostituire la legge 300 del 70. Non vorrei che il tutto fosse ora dimenticato.
Scritto da roberto molinari il 22/3/2012 alle 13:53
Caro @Pietro (11.15), ritengo che Bersani ieri sera sia stato convincente su molti punti ma la citazione di Berlinguer di un'epoca fa non l'ho condivisa proprio. Se ciascuno di noi dovesse restare fedele ai principi della propria giovinezza il Pd sarebbe già fallito. Berlinguer parlava così 40anni fa nel momento del massimo splendore elettorale del Pci e si riferiva agli anni in cui riteneva che i principi di giustizia e libertà fossero incorporati nella dottrina comunista. Io, e molti di noi che hanno aderito al Pd, in quell’epoca ritenevamo che gli stessi principi fossero tutelati meglio nella democrazia liberale che ha poi storicamente vinto. Capirai che trovo quella frase di Bersani del tutto infelice.
Scritto da Giuseppe Adamoli il 22/3/2012 alle 13:59
Caro @Marco 12.31- 12.40), dai quasi l’impressione di parlare del Pd al passato. Penso che stai commettendo un errore. Il tuo riferimento alla bestemmia in chiesa mi fa capire che consideri un’idea politica alla stregua di una fede religiosa. Non può essere così. Per me non è mai stato così. Tranquillizzati almeno su un punto: il “ma anche” di Veltroni non l’ho mai condiviso. Forse tu l’hai votato, io no, anche se nella sua piattaforma molte cose erano giuste.
Scritto da Giuseppe Adamoli il 22/3/2012 alle 14:02
@Pietro (di sinistra) 22/3/2012 -11:15. Ripeto ciò che ho scritto nel precedente post: gli ideali di gioventù di Berlinguer, come i miei, poggiavano sulle magnifiche sorti del compagno Stalin e dell'Unione Sovietica. Perchè – noi che siamo di sinistra - siamo condannati alle stupidità ricorrenti dei dinosauri di famiglia? Andremo, ancora una volta, ad una gloriosa sconfitta, il Paese per fortuna andrà avanti, come sempre, senza di noi e noi saremo lì, con la testa volta all'indietro, a leccarci nostalgicamente le ferite.
Scritto da ulderico monti il 22/3/2012 alle 14:09
Io credo che questo duro confronto sia necessario, troppo tergiversare nel prendere decisioni, sia da parte dei precedenti governi sia nei partiti. Il fatto che sia stato stilato un “verbale” è il modo migliore per fissare le posizioni e comporre la proposta da presentare in Parlamento. Il Parlamento avrà ora una delle ultime possibilità di riscattarsi, cosa che non è riuscito a fare con il decreto liberalizzazioni, scolorito e depotenziato dall’azione delle lobbies e degli interessi organizzati. I Sindacati hanno fatto il loro lavoro, ora tocca ai partiti, però per favore evitate di continuare a ripetere la sciocchezza che sindacati e partito debbano essere distinti e distanti, primo perché le decisioni prese dai sindacati hanno inevitabilmente ricadute sociali e politiche che solo un pirla può pensare che non siano mediate e poi perché io vorrei capire: quando il vecchio premier andava all’assemblea di Confindustria e affermava, offrendo un futuro posto di ministro alla leader, “Il vostro programma è il mio programma” allora lì va tutto bene, oppure quando i tassisti bloccano le città e a Roma e Milano sfilano con loro Gasparri e La Russa, tutto va bene, se invece sono i sindacati dei lavoratori a cercare una rappresentanza politica, allora no non va bene.
Scritto da Lele il 22/3/2012 alle 14:11
D'accordo con Adamoli. Non diamo il Pd per decotto o quasi per finito. A sinistra torneremmo in un 'angolo per il piacere di tutti i nostri avversari di centrodestra.
Scritto da Ex Pci Gallarate il 22/3/2012 alle 14:12
Caro Adamoli, cos’è la Religione ? un dare un senso al reale, e si può arrivare a Dio anche per via razionale, oltre che per via mistica, lo spiega bene Ratzinger. E l’idea politica ? lo stesso : organizzare il reale in un significato, che poi illumini l’agire quotidiano . manca, è vero, un assoluto esterno e personale, il che rende a politica meno potente in termini di self-help. Questo per dire che sì, la causa del lavoro è una religione, per me !
Scritto da marco il 22/3/2012 alle 14:57
Anche se sono d'accordo, in linea di principio con Molinari e Adamoli, prima di formulare un giudizio perentorio,vorrei capire che cosa sia successo negli ultimi giorni da far "precipitare" la situazione in modo non auspicato dalla maggior parte di noi. In altri termini vi sono stati alcuni passaggi, negli ultimi giorni o addirittura nelle ultime ore, per me assai oscuri. Posto che la via stretta per un eventuale accordo tra le parti era -al di là delle chiacchere- l'art. 18 (non che il resto non fosse importante, ma l'ostacolo era sull'art.18 per i motivi pratici e simbolici che sappiamo), mi chiedo: 1. Dopo che, grazie anche all'apertura d'inizio febbraio di Bonanni, apprezzata da Fassina, la Cgil faticosamente era disposta a cedere sul licenziamenti individuali per motivi economici, qualcuno ha introdotto il licenziamento per motivi disciplinari. Come mai ed a che scopo? 2. Come mai, dopo tanto parlare di modello tedesco (che va ben oltre l'art.18 per la verità, va ben oltre la concertazione, perchè vi è la partecipazione), affidando al giudice l'eventuale contenzioso, nella proposta del governo si parla solo di indennizzo per il licenziamento individuale per motivi economici e non di reintegro? 3. Come mai un punto, assolutamente pacifico, per me importante ed accolto da tutti (a parole), è stato bellamente dimenticato? Mi riferisco all'accelerazione dei contenziosi per giusta causa, per evitare che il protrarsi delle vertenze danneggi lavoratori ed imprenditori. 4. Non voglio discutere in astratto di concertazione sì, concertazione no, del ruolo delle parti sociali e di quello delle forze politiche, del parlamento e del governo. Nel concreto, però, è stato fatto dal governo (e forse non solo dal governo) lo stesso sforzo che saggiamente fecero alcuni governi alla fine della prima repubblica, in occasione di situazioni altrettanto drammatiche per il Paese (Governi Amato e Ciampi)? In altri termini, è più importante mostrare ai governi europei e mondiali, nonchè ai mercati che anche in Italia si può decidere senza il sindacato o parte di esso, anzichè cercare fino in fondo quella coesione sociale, di cui, come per l'Araba Fenice, tutti parlano, ma che nessuno sa trovare. Forse la stessa fretta invocata da Monti, il porre un termine perentorio alla consultazione ha impedito una soluzione più soddisfacente. Dopo di che azzardo alcune considerazioni. 1. Il sindacato, al di là della finzione che nessuno firma niente (differenza formale con il passato governo, dove Cisl e Uil firmavano e la Cgil no), sta uscendo nuovamente malconcio dalla vicenda. La Cisl ed in minor misura la Uil, vedono il bicchiere mezzo pieno e attendono gli sviluppi in Parlamento, ma auspicando che cosa, chiedo io? La Cgil ha già proclamato la mobilitazione generale, senza che si capisca bene se voglia buttare con l'acqua sporca (parte dell'art.18) anche il bambino (gli aspetti ampiamente positivi contenuti in materia di ammortizzatori, flessibilità in entrata, costi del lavoro precario, ecc.). In ogni caso i sindacati, a causa anche della loro ennesima divisione, mi sembrano sostanzialmente fuori gioco, almeno per ora. 2. E il P.D.? Dopo aver sentito Bersani da Vespa, mi sento moderatamente fiducioso rispetto a quello che potrà succedere in Parlamento. Sempre che il P.D. stesso non dia ragione a quegli opinionisti di centro destra che lo dipingono, augurandoselo, allo sbando e sull'orlo della scissione. Del resto autorevoli suoi leader, non certo di area cigiellina, come Franco Marini e Sergio D'Antoni, Pier Paolo Baretta dicono quasi le stesse ragionevoli cose di Bersani da Vespa. E cioè che il governo deve fare ancora un piccolo sforzo sull'art. 18, non sottraendo al giudice la possibilità di decidere in merito all'indennizzo o al reintegro. Ed io aggiungerei intervenire per accelerare eventuali contenziosi. Per concludere si tratterebbe di un piccolo sforzo, con il quale si otterrebbe, a mio parere, la robusta manutenzione dell'art. 18 e non una vera e propria demolizione. Senza per questo trascurare gli altri punti delle proposte governative che richiedono una ulteriore definizione. Il macigno però, come sappiamo, anche se fino alla fine in molti hanno fatto come gli struzzi, è l'art.18.
Scritto da Mariuccio Bianchi il 22/3/2012 alle 14:59
Adamoli, tu cerchi tenere alta la bandiera del Pd e quelli di sinistra, che sono due terzi del partito, ti attaccano. Non ne possono più che esci dal partito. Dovresti contenrtarli in fretta. Non ti vogliono e non ti meritano.
Scritto da Fab il 22/3/2012 alle 14:59
La posizione del PD è una sola. Coloro che non sono allineati con questa posizione parlano a titolo personale. Nel caso tirassero in ballo il PD, sarebbero loro l'elemento di rottura.
Scritto da Loredana il 22/3/2012 alle 15:18
@Simone Franceschetto, condivido la tua posizione chiara, pulita e semplice.
Scritto da Chiara il 22/3/2012 alle 15:26
Discorso molto ampio e complesso da sintetizzare in 500 caratteri. Giusto il recupero della centralità del Parlamento. Resto in attesa di un disegno generale sul recupero della centralità della persona e del riequilibrio finanza/lavoro. Una cosa che i "tecnici", da soli, non possono fare. Tocca a noi come collettività e come rappresentanze autonome, nelle dovute sedi, farcene carico. La società degli “individui dell’incertezza” ci fa male. (si veda Mons. Bregantini, intervento d'oggi).
Scritto da FrancescoG. il 22/3/2012 alle 15:43
@Loredana, ragioni come una comunista dei vecchi tempi tempi ma ti faccio notare che il comunismo non c'è più.
Scritto da Luciana Binaghi il 22/3/2012 alle 15:46
Caro @Roberto (13.53), condivido molto di ciò che scrivi e quindi mi soffermo brevemente solo sull’ultima parte relativa al “modello tedesco”. Alcuni dicono: “prendiamole tutte quelle regole e non una parte sola come hanno fatto Monti e Fornero”. Nella fattispecie non penso sia possibile. Le relazioni industriali sono troppo diverse. In Germania si tende alla cogestione in molte realtà di fabbrica e il diritto del lavoro poggia su norme, comportamenti e tradizioni dissimili. Le decisioni sulle cause di lavoro in Italia e in Germania, come tu dici, hanno tempi non comparabili. I modelli stranieri possono essere fonte di ispirazione ma mai essere copiati tali e quali. Su questo siamo d’accordo.
Scritto da Giuseppe Adamoli il 22/3/2012 alle 16:09
Caro @Mariuccio (14.59), non conosco i retroscena che tu richiami. Le ultime ore sono state certamente convulse. Ne sapremo di più forse nei prossimi giorni. Sono da sempre un difensore delle Istituzioni che considero il cuore della politica. Per me la partita si chiude in Parlamento e solo in Parlamento. Sennò la concertazione fra governo e forze sociali, certamente positiva come avevano dimostrato Ciampi e in qualche misura Prodi, diventa un consociativismo deleterio che ha dato frutti validi sono in una brevissima stagione della Prima Repubblica contro il terrorismo.
Scritto da Giuseppe Adamoli il 22/3/2012 alle 16:12
Il signor Adamoli è molto simpatico, lo sanno tutti i suoi parenti stretti, isole comprese. Ma sbaglia quando, commentando altrove, scrive: “il Pd sarebbe già fallito”. È sbagliato l’uso del condizionale: il PD è fallito, ha fallito, fu fallito. È nato brutto, mostruoso, da Cottolengo, quel luogo dove mia madre voleva, giustamente, destinarmi appena sono venuto al mondo. Due teste sulle stesso corpo, quando non litigano aspramente, non possono convivere. Si guardano e non si riconoscono. Non parlo di anime poiché questo partito non ha anima. Un’animella, forse; quelle che si mangiavano una volta, condite con olio e che “slizzivano” in bocca. Uno schifo. “Taci, e mangia che ti fa bene”. Il Pd è lo stesso e ce lo vogliono fare ingoiare così com’è. Io morirò di sinistra ma non voglio che sia Bersani a darmi l’estrema unzione.
Scritto da Claudio Ennam il 22/3/2012 alle 16:15
Dall'articolo di Michele Salvati sul Corriere della Sera: Il Pd può farcela solo se "l'asino di Buridano decide a quale mucchio di fieno rivolgersi, se a quello riformista o a quello della conservazione sindacale". Io mi attacco a quello riformista.
Scritto da Una lettrice il 22/3/2012 alle 16:18
Questo discorso avrebbe senso solo alla luce di una posizione chiara, netta, inequivocabile e univoca sull'argomento in questione. Magari da rendere pubblica al resto del Paese, aldila' di generiche parole di circostanze rese in televisione. Il "riformismo" fine a se stesso non vuole dire proprio niente.
Scritto da Lorenzo M. il 22/3/2012 alle 16:42
@Luciana Binaghi . Avevo la convinzione che il PD fosse nato per superare le divisioni della prima repubblica per un progetto riformista. Evidentemente mi sbagliavo perchè ci sono ancora persone che agitano lo spauracchio del comunismo per secondi fini, anche all'intermo del PD. Credo sia inconfuntabile che il PD abbia una posizione netta sulla riforma del lavoro, per il resto siamo in democrazia e si può ragionare, ma negando l'evidenza si scivola...
Scritto da Loredana il 22/3/2012 alle 17:30
Un partito riformista e riformatore che non affronta con coraggio la riforma del lavoro e si aggrappa ai sindacati che sono divisi tradisce la sua missione.
Scritto da Carlo Colombo il 22/3/2012 alle 19:00
Ritorno dal lavoro in treno. Qualcuno parlava della riforma ma non ho capito se era favorevole o contrario. Quello che chiedevano è la chiarezza, in un senso o nell'altro, e la fine di discussioni lunghe che dividono. Ho qualche perplessità ma sono a favore della riforma Monti. Molto meglio che niente.
Scritto da Luisella il 22/3/2012 alle 19:16
Lo Statuto dei diritti dei lavoratori è nato in un’altra epoca completamente diversa dall’attuale, agli albori del centro-sinistra quando l’Italia conobbe un accelerato processo di industrializzazione che pose la classe lavoratrice (la “classe generale”) e il sindacato al centro del dinamismo sociale. Si trattava di far beneficiare anche i lavoratori del nuovo benessere e di impedire che il loro impegno politico e sociale venisse ostacolato da prassi discriminatorie come i “reparti di confino della Fiat” o i “sindacato gialli”,creati dagli imprenditori per dividere le masse. Tutto questo è ormai alle nostre spalle con lo spostamento dell’industrializzazione nei Paesi emergenti, la delocalizzazione dei processi produttivi, le tecnologie leggere che hanno in parte messo a margine la centralità della forza lavoro e hanno invece posto il problema prioritario della “scomparsa del lavoro”. Invocare l’articolo 18 dello Statuto ha ancora significato per evitare le discriminazioni perché, in tal caso, si tratta di un diritto inalienabile a difesa della dignità della persona; ma che senso ha reclamarlo quando il licenziamento è determinato da ragioni economiche, quindi di opportunità? Interessati all’articolo 18 sono alcune decina di migliaia di lavoratori di cui solo ad una minima parte viene riconosciuto il reintegro o un adeguato risarcimento. Il problema vero sono i milioni di giovani precari e disoccupati per i quali serve una politica di sviluppo e di crescita: se non c’è lavoro non ci sono neppure i diritti dei lavoratori. Nonostante la “lezione” di Pastore e Romani con l’esperienza originaria della CISL, il nostro Sindacato è rimasto ad una concezione meramente difensiva che era inattuale ieri e lo è a maggior razione nell’epoca della globalizzazione. Le ricette “operaistiche” vanno integrate con una più ampia visione dei problemi dello sviluppo economico e sociale. L’opzione offerta dal governo Monti non è negativa: i diritti diventano universali anche per la fabbriche con meno di quindici dipendenti mentre i licenziamenti causati da motivi economici vengono risarciti con un sostanziale aumento dell’indennità di fuoriuscita. La nuova disciplina prevede inoltre strade più efficaci per inserimento dei giovani nel ciclo lavorativo. Perché non discutere intorno a questa proposta? Alle volte si ha l’impressione che non contano tanto i risultati sperabili e possibili quanto la possibilità di “mobilitazione” che nascondono la mancanze di idee costruttive. Non sembra proprio il caso di fare una guerra ideologica che ricorda quella del famoso “punto di contingenza” dei tempi di Craxi! Né il sindacato può pretendere sempre un “diritto di interdizione” nei confronti del governo il quale solo ha la legittimazione alla rappresentanza dei cittadini attraverso il Parlamento. La piazza non può sostituire le istituzioni rappresentative e i partiti sono investiti di una responsabilità generale e non soltanto settoriale. Il P.D. fa bene a sostenere le aspettative dei lavoratori, senza però perdere di vista quelle degli altri ceti sociali a cominciare dai giovani; deve comunque scindere il legame incestuoso della “cinghia di trasmissione”, eredità del comunismo, se non vuole restare sempre una forza minoritaria. Il “berlusconismo” ci ha abituati allo scontro frontale ma la politica non è il “muro contro muro” ma il confronto e il compromesso sono la regola aurea.
Scritto da Camillo Massimo Fiori il 22/3/2012 alle 20:00
Dire che il nuovo art. 18 significa libertà di licenziamento è un cosa non vera. Su tutti gli altri punti ci sarebbe stato l'accordo con i sindacati, ha detto il misnistro Fornero questa sera. Se le cose stanno in questo modo lo sciopero della Cgil è un errore.
Scritto da Giorgio G. il 22/3/2012 alle 20:15
Pensando e ripensando mi pare che la posizione del blog sul Pd sia la più giusta.
Scritto da Farncesca Colombo il 22/3/2012 alle 21:27
Piuttosto che il vecchiume ideologico è preferibile il governo Monti e la riforma Fornero.
Scritto da Giovane ex rottamatore il 22/3/2012 alle 21:49
Concordo sulla necessaria “autonomia di comportamento e di decisione” dei partiti rispetto ai sindacati. Anzi, sottolineo che una dichiarata indipendenza dovrebbe essere rivendicata rispetto a tutti i soggetti che inevitabilmente esercitano il loro potere di condizionamento sulla politica e sui partiti: le imprese, la finanza, le categorie professionali, i media, la Chiesa e, persino, la mafia. Aggiungo, però, che l'indipendenza non basta dichiararla, ma occorre praticarla dimostrando di avere un'autonoma e critica capacità di analisi e di progetto politico. Ecco, è proprio questo che oggi manca al PD, a questo PD dipendente sia dalle sirene della modernizzazione liberale - non avente alcun interesse a immaginare una società diversa da quella funzionale agli interessi di un capitalismo divenuto ormai post democratico -, sia dalla residuale forma mentis di una sinistra che non si dimostra all'altezza dei radicali cambiamenti in atto. Nel merito dell'art. 18 non posso che condividere la sensazione/convinzione della Camusso, secondo la quale, in verità, il Governo Monti l'accordo non lo ha mai cercato. Perché mai avrebbe dovuto cercarlo un governo che, grazie ad una maggioranza parlamentare acriticamente blindata, può permettersi d'imporre a suon di decreti-legge la modernizzazione liberale a senso unico? La giustificazione ideologica dell'interesse comune, efficacemente rappresentata dai titoli "Salva Italia" e "Cresci Italia", nasconde una raffinata strategia che punta ad alimentare divisioni e contrapposizioni sociali che costituiscono l'humus ideale per una ristrutturazione radicale del mondo del lavoro, dei rapporti sociali e della stessa politica. Penso che la posta in gioco sia molto più alta dell'art. 18, ma la vera utopia è quella dei riformisti del PD, che, in nome di non si sa quale senso di responsabilità, si affannano a rincorrere il liberalismo altrui spacciandolo per proprio. Vedremo, tra un anno, chi beneficerà realmente del raccolto di quanto seminato dal governo Monti.
Scritto da Leonardo C. il 22/3/2012 alle 21:50
@Fiori bravissimo, mi riconosco totalmente.
Scritto da Maurizio il 22/3/2012 alle 22:33
Avete notato che nessun sindacalista è intervenuto nella discussione? Pancia piena e tanta pigrizia. Loro sono superiori, la sanno lunga.
Scritto da Lavoratore Malpensa il 22/3/2012 alle 22:43
Giuseppe, giusta la tua analisi filologica della citazione di Bersani: gli ideali del giovane Berlinguer erano dentro la dottrina comunista. Ma dedurne che il segretario del PD propugni il marxismo-leninismo è un paralogismo. Stiamo agli ideali del giovane Bersani (da lui più volte ricordati): il lavoro non è una merce come un'altra e i diritti del lavoro hanno a che fare con la dignità dell'uomo. Per me (e per molti) è un'idea di civiltà ancora buona, poi la ricerca comune è su come affermarla.
Scritto da roberto caielli il 23/3/2012 alle 00:41
Tu richiami nel penultimo capoverso le ragioni di fondo della nascita del Pd. L'elenco è sintetico ma fondato e reale. Il progetto però va avanti a singhiozzo, stop and go, direbbero gli inglesi. Forse questo metodo sarebbe valido in una situazione politica normale ma nella nostra realtà ci vorrebbe un'altra determinazione e un'altra velocità. Diamo sempre la sensazione di essere un'opera incompiuta.
Scritto da Pd Pavia il 23/3/2012 alle 08:49
@Roberto Caielli (00.41) - Caro Roberto, che nel Pd ci sia del marxismo-leninismo mi pare inconfutabile e l’ho sempre ritenuto inevitabile. Per questo motivo ritenevo strumentale e sbagliato che nel primo congresso questa tendenza politica appoggiasse Veltroni che marciava su tutt’altri lidi. Ma se pensassi che il segretario del mio partito, nella sintesi che tocca a lui. “propugna il marxismo-leninismo” me ne uscirei subito. Non lo penso, ritengo che sia un riformista, e infatti l’ho votato anch’io. Ma quell’uscita davanti alla Tv mi è sembrata infelice. Serviva a tranquillizzare i militanti di sinistra, d’accordo, ma il Pd deve parlare a tutti. Io sono orgoglioso della mia memoria, come Bersani della sua. Facciamo bene entrambi, ma il segretario del Pd non può trasformare la sua memoria giovanile nella fonte di ispirazione dei momenti difficili. Altrimenti si certifica la fine del Pd.
Scritto da Giuseppe Adamoli il 23/3/2012 alle 09:10
“Governo educato, ma poi fa quel che gli pare”, ha detto ieri Carniti. Sottoscrivo le posizioni fiduciose di @Mariuccio Bianchi. Forte quello che scrive @Leonardo C. sull’auspicata indipendenza dei partiti dalla mafia. Io non ho mai avuto Berlinguer come fonte ispiratrice, mi ispiravo alla Dottrina Sociale della Chiesa, la sinistra democristiana lombarda in quegli anni era rappresentata da Marcora, poi mi è piaciuto Orlando (guardate che fine ha fatto) e il suo tentativo della Rete. Ciò non toglie che le parole di @Caielli sulla ricerca di un percorso comune mi sembrano azzeccate. Anche la Cei ha detto che il lavoro non è merce.
Scritto da V.R. il 23/3/2012 alle 09:35
Sono d'accordo con Molinari e Adamoli nella risposta a Pietro. Il richiamo a Berlinguer, per quanto nobile, è fuori stagione. E' una sorta di richiamo della foresta che non aiuta a risolvere i problemi dell'oggi, il capitalismo è cambiato, nel bene e nel male. Consiglio in merito il pezzo di Giovanna Zincone sulla stampa di qualche giorno fa
Scritto da cesare chiericati il 23/3/2012 alle 09:43
Giuseppe, mi sembri troppo arrendevole e rassegnato col marxismo-leninismo. Non c'entra niente con un partito riformista. Il Pd lo dovrebbe ripudiare senza esitazioni, altro che riccorrere alla memoria di Berlinfuer quand'era un giovane comunista.
Scritto da Francesco P. il 23/3/2012 alle 10:20
nel ddl di monti, anche dove il giudice riscontrasse la falsità del motivo economico, non potrebbe comunque disporre il reintegro . non ci prendiamo in giro, per favore, questa è L'ABOLIZIONE dell'art. 18. ieri ho parlato con tanti amici e compagni -tutti lavoratori, come me-: ce ne fosse uno che non fosse esasperato e d'accordo con me, e critico col cedevole Bersani, io conosco bene una parte del PD, che credo maggioritaria : cedere su questo sarebbe il via libera, per quasi tutti.
Scritto da marco il 23/3/2012 alle 10:20
@Marco, sono anch'io un lavoratore dipendente come te e ho anche due figli in cerca di occupazione che sanno benissimo che il posto fisso sarà difficile che ce l'abbiano. Loro se ne fregano dell'art. 18, "roba da privilegiati" dicono e vogliono che le aziende assumano, poi si vedrà, se proprio saranno licenziati pazienza, ma intanto che le aziende assumano.
Scritto da Renato il 23/3/2012 alle 10:52
Il nuovo presidente della Confindustria Squinzi sostiene da tempo che l'art.18 è un FALSO PROBLEMA. Per aumentare la competitività del sistema Italia è fondamentale diminuire le tasse sull'impresa e sul lavoro dipendente. Fino d ora il Governo non è andato in questa direzione e la cosa mi stupisce un pò. Crediamo che se le imprese hanno più mano libera nel licenziare, allora l'occupazione aumenterà? La direzione è COMPLETAMENTE sbagliata. Correzioni sulla riforma sono obbligatorie per il PD.
Scritto da Simone Franceschetto il 23/3/2012 alle 11:28
Far passare il nuovo art. 18 come libertà di licenziamento è un'offesa all'intelligenza dell'italiano medio.
Scritto da Giuseppe Battaini il 23/3/2012 alle 12:02
sai come andrà, Renato ? che licenziano te,( quanto ti manca ai mitici 67 ?) e assumono -molto forse - loro alla metà del tuo stipendio e senza garanzie : bel guadagno ! poi saranno loro a dover mantenere te, con metà soldi ! credo che la maggioranza dei dipendenti la pensi come me, per fortuna, e credo e spero che riusciremo a fermare questa svendita dei diritti : Bersani ormai si è esposto troppo per accettarr il licenziamento facile, sarebbe la fine del PD e della sua carriera politica.
Scritto da marco il 23/3/2012 alle 12:16
Monti è un liberista ortodosso. Lo sapevamo sarebbe stato così. Se serve per raddrizzare la nave Italia, va bene in via provvisoria. Quando diventa strumento per avvicinare l'Italia a qualcosa che storicamente, soocialmente e culturalmente non è, non va bene. Nemmeno in via provvisoria. Il modello anglosassone/americano non ci appartiene. E lo dico a costo di prendermi del reazionario. E' un approccio innaturale, che alimenta le posizioni estreme. Con le dovute conseguenze. Le posizioni espresse sul blog (@ Mariuccio Bianchi, @ Lele, @V.R., @ Leonardo C, @ Camillo Massimo Fiori e altri che mi scuso se li ho dimenticati), il riavvicinamento della CISL, la posizione della CEI, mi pare sottendano uno stesso obiettivo: ridimensionare l'incertezza del cittadino-lavoratore, pur tenendo conto del contesto generale. Voglio pensare si operi per passare da una modello che spinge gli individui a servire il consumismo ad una società in cui i cittadini siano attori nella collettività. Operazione difficile, ora, in Italia ed in Europa. Siamo coperti di debiti, come popolo siamo disorientati, le regole che hanno creato il disagio non sono cambiate, la pressione internazionale è fortissima. E, forse, la passione per l'Uomo è superata dalla passione quasi religiosa passione per la "dottrina" liberista da libro. Il processo di rinnovo è difficile, ma non impossibile. E va fatto. Mi pare che il PD, nonostante i travagli (sono ricchezza per un grande partito, quando portano ad una sintesi), stia operando in questa direzione. FrancescoG.
Scritto da FrancescoG il 23/3/2012 alle 12:19
La Repubblica di oggi venerdì 23 pubblica un articolo di Rampini dedicato allo scenario economico-finanziario mondiale, alle politiche protezionistiche di Cina, India e Brasile, alla ripresa Usa e alla recessione UE. Tale articolo non è in apertura del giornale, ma è collocato a pagina 13. Mi pare una sufficiente dimostrazione della progressiva provincializzazione della nostra cultura politica ed economica, confinata negli angusti spazi delle questioni interne, e della accentuata disattenzione alle vicende esterne che pure influenzano e condizionano la nostra realtà. La pochezza irresponsabile delle dirigenze politiche e sindacali ci ha condotto a una soluzione anomala del governo del Paese, unica in Occidente. Per nostra fortuna, aggiungo io... Così ci trastulliamo tra gli arcaismi della proclamazione di uno sciopero generale e le nostalgie comuniste del Bersani che trova rifugio alla sua impotenza nelle infelici citazioni di Berlinguer. Auspico che questa linea conservatrice tanto da essere ormai reazionaria, che ci ha isolato in Europa, sia duramente sconfitta.
Scritto da ulderico monti il 23/3/2012 alle 14:22
Speravo di essermi spiegato, ma in poche righe è difficile. Non c'è traccia di marxismo-leninismo nel difendere la dignità del lavoro, che non è mercificabile, più di quanta non ve ne sia nelle parole del Papa o di Pierre Carniti. Capisco che il nome di Berlinguer faccia scattare riflessi condizionati positivi (x me) e negativi. Ma ricordiamoci che Berlinguer fu colui che ripudiò il comunismo sovietico e lo fece anche in nome dei propri IDEALI (che sono altra cosa dalla fredda dottrina
Scritto da roberto caielli il 23/3/2012 alle 14:42
Caro Francesco (10.20), se con ci sono tirato per i capelli preferisco non parlare di “riformismo” e “marxismo-leninismo”. Si cade facilmente in astrazioni, generalizzazioni, ideologismi. Il riformismo era stata una categoria di pensiero della sinistra contro il massimalismo. Fino alla fine degli anni ottanta era considerato un insulto dalla parte maggioritaria del Pci, anche da chi era riformista nei fatti. Di comunisti riformisti ante-litteram, per fortuna, ce n’erano stati tanti e bravissimi nel partito, nei sindacati, nelle amministrazioni. A partire da quell’epoca ha assunto un simbolismo positivo. Al Pd tocca però declinarlo in modo credibile e comprensibile, altrimenti resta uno slogan. Forse sarà più facile farlo quando la “partita” sul lavoro sarà alle nostre spalle. Spero presto e senza averlo trattato alla stregua di una merce qualsiasi, come ha scritto giustamente @Roberto Caielli (14.42).
Scritto da Giuseppe Adamoli il 23/3/2012 alle 15:28
@renato : bada che questo non è certo quello che ti auguro, è quello che temo (non vorrei mi fraintendessi) e sicuramente succederà a tanti, sostituiti dopo i 40...
Scritto da marco il 23/3/2012 alle 18:31
Per chi inizia a lavorare lo stipendio è basso perchè giustamente la produttività è bassa. Poi via via cresce, con le responsabilità e con l'esperienza lavorativa. Perchè però poi non può decrescere? Molte aziende vedono le persone prima della pensione come un costo perchè sono meno produttive e costano tantissimo. Se il loro costo fosse proprzionato alla loro produttività? Ma chi accetterebbe una riduzione di stipendio?
Scritto da Martino Incarbone il 10/4/2012 alle 11:09
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