Politica, istituzioni e territorio. Dialogo oltre i partiti
Giuseppe Adamoli   adamoli1@alice.it
inserito il 25/3/2012 alle 09:59

 

Fino a qualche mese fa era Berlusconi che si intestava il “partito dell’amore” ma trasformava gli avversari in nemici rendendo più difficile il rafforzamento dell’unità civile degli italiani.
La sinistra reagiva con compostezza e responsabilità. Oggi, da questo versante, la lettura dei giornali e le cronache di molte riunioni ci rimandano una svolta psicologica, culturale e politica che sento il bisogno di annotare.
Gli imprenditori ridiventano “padroni”, la proposta di riforma del lavoro del governo (con molti punti buoni) viene ridotta all’art. 18, il quale viene presentato solo come licenza di licenziare.
Ora, che il progetto del governo possa e debba essere migliorato non c’è dubbio e la forma del disegno di legge, fortemente voluto da Giorgio Napolitano, è lo strumento giusto.
Ma io sono preoccupato di un’altra cosa. Sono sempre stato fra coloro che rifiutavano la lotta di classe, che si definivano “interclassisti”.
Ad un certo punto queste “categorie politiche” sono apparse giustamente obsolete: le classi sociali tradizionali, con la chiusura di molte fabbriche, la trasformazione degli operai in piccoli imprenditori, il ridimensionamento delle “cinture industriali” (la fine del cosiddetto fordismo), avevano cessato di combattersi in quanto tali.
Restavano in campo i soliti ultimi giapponesi
Se dovessimo ritenere giunto il tempo di ripristinare questo lessico, vorrebbe dire che il progresso sociale si è arrestato, che si torna a guardare pericolosamente indietro, che il tessuto connettivo del Paese si è fortemente slabbrato.
Conto molto sul fatto che il Pd impedisca questa deriva.

 
Commenti dei lettori: 56 commenti -
Concordo ma sottolineo che gli "ultimi giapponesi" sono stati sia a sinistra che a destra.
Scritto da Lucky il 25/3/2012 alle 10:07
Il PD potrebbe impedire questa deriva se finalmente deciderà cosa vuole fare da grande. Le nostalgie del passato, assolutamente comprensibili, vanno però riposte in soffitta. Se non si farà in questo modo anche il PD è destinato a rimanere nell' alveo del conservatorismo e rappresentante anacronistico di una storia che non c'è più. Comprendo che per qualcuno sia difficile, ma questo è il momento di cambiare. Detto questo so bene che non farete nulla e che vi accontenterete di sopravvivere.
Scritto da paperoga il 25/3/2012 alle 10:43
Caro Giuseppe, non sarei così pessimista. Sgombriamo intanto il campo da una querelle puramente teorica. "Aria di lotta di classe", tu affermi. Beh, come la lotta di classe preesisteva a Carlo Marx, tanto che il primo a parlarne è stato Adam Schmit (se la mia memoria non mi inganna), così non possiamo pensare ingenuamente che essa sia scomparsa con il crollo del sistema comunista dei paesi del cosiddetto "socialismo reale". Il mondo è cambiato ed i conflitti hanno assunto un aspetto del tutto diverso rispetto ai due secoli precedenti. Nei giorni scorsi Luigino Bruni, che ben conosci, su "Avvenire"scriveva che " nella società contemporanea il centro o l’asse della dialettica sociale non è più il conflitto imprenditore-lavoratori, ma quello tra rendite e mondo dell’impresa...". D'accordissimo, ma questo ovviamente non vuol dire che l'esito del conflitto attuale non sia meno devastante, sia in Occidente, sia nel Terzo-Quarto mondo. Certo di fronte allo strapotere dei mercati finanziari e delle loro speculazioni globali, il mondo dell'impresa, inteso come imprenditori e lavoratori, dovrebbe poter ricercare il comune interesse e muoversi all'unisono. Questo non avviene, proprio perchè l'antagonismo sociale è visto ancora nel tradizionale e ottocentesco conflitto capitale-lavoro. Di chi però è la responsabilità di questa relazione arretrata della dialettica sociale? Certamente delle minoranze sociali e sindacali agguerrite (vedi Fiom), ma anche di un padronato italiano (scusa se anch'io uso il termine retrò) che parla spesso di patti sociali, di responsabilità sociale, di necessità di coesione sociale, ma non ha mai aperto uno spiraglio, dico uno, al modello partecipativo, in termini gestionali e di distribuzione degli utili, di stampo tedesco. Del resto l'esito, per il momento, della consultazione-trattativa sul mercato del lavoro, da questo punto di vista è sconfortante: il modello tedesco è stato bellamente rifiutato in nome forse di un modello di tipo anglosassone, nè partecipativo, nè concertativo. Ecco, caro Giuseppe, alcune riflessioni stimolate dal tuo scritto: se c'è un deriva da evitare, il P.D. deve contribuire, ma, come vedi, altri attori o protagonisti sociali devono dare il loro contributo; altrimenti rimarremo noi soli con il cerino in mano del riformismo sociale, mentre attorno prevarranno (Dio ce ne scampi) coloro che, non solo fanno dell'antagonismo sociale e del conflitto esasperato la loro ragione di essere, ma che, ancora peggio, sbagliano obiettivi, interlocutori e avversari.
Scritto da Mariuccio Bianchi il 25/3/2012 alle 11:53
Per me i padroni sono sempre stati padroni. Per voi non era così, lo so bene, ma la sinistra deve restare con la schiena diritta.
Scritto da Pietro (di sinistra) il 25/3/2012 alle 12:16
Sottoscrivo @Bianchi,occorre una sinergia tra lavoratore e impresa.Gli scioperi spontanei di questi giorni non sono contro l'impresa o "il capitale"ma contro politiche inadeguate e inutili a creare nuovo lavoro.Dopo le pensioni aspettavamo le scelte per "la crescita" e dove sono?Le banche non finanziano il lavoro e la PMI è in crisi con chiusure e licenziamenti quotidiani altro che art18!Oggi proprietà e lavoratore hanno l'interesse comune di continuare a esistere.Lotta di classe?La fa Monti.
Scritto da emmezeta il 25/3/2012 alle 14:19
la struttura di classe è quella delimita i confini delle nostre vite : la mia di sicuro. avevamo raggiunto un compromesso, in europa, e questo è messo in discussione dai liberisti, non dalla sinistra. E' lotta si, ma difensiva. ci vogliono più deboli, più poveri, peggio pagati, con meno sanità, scuola, e dovrebbe essere il PD che fa passare tutto questo senza scossoni ? sarebbe parte del problema, allora. niente lotta di classe ? difendete i diritti raggiunti. se no, lotta sia
Scritto da marco il 25/3/2012 alle 14:31
Il clima di cui parli non è una novità, anzi. Nel 2009, a seguito dell'accordo sulle regole contrattuali, dentro il sindacato fu anche peggiore. All'interno del sindacato metalmeccanico è clima ricorrente da almeno 10 anni. Bisogna imparare a conviverci, anche se quel clima rende tutto più difficile, ed al tempo stesso non stancarsi di cercare soluzioni di merito ai problemi. Lo abbiamo fatto nel recente passato, lo possiamo fare nei prossimi mesi.
Scritto da Sergio Moia il 25/3/2012 alle 14:59
Nei sindacati è guerriglia aperta mitigata dalla necessità di apparire uniti per confrontarsi meglio col governo sul lavoro, ma strategie, tattiche e obiettivi sono diversi, inutili farsi illusioni, il disorientamendo dei lavoratoti è forte.
Scritto da Lavoratore Malpensa il 25/3/2012 alle 15:28
Mi pare che più volte abbiamo evidenziato le "slabbrature" della nostra società, essendo questa la situazione è inevitabile che aumentino le tensioni. Vero è che la nostra società è molto diversa rispetto al passato, molto più frammentata e individualista e perciò più debole nei confronti degli "interessi organizzati". Comunque, se le regole dell'economia restaano valide, il conflitto per la divisione della ricchezza, e per raggiungere l'equilibrio, è un dato. Non è scontata la violenza.
Scritto da Lele il 25/3/2012 alle 15:49
Sono d’accordo con Luigino Bruni quando scrive che "nella società contemporanea il centro o l’asse della dialettica sociale non è più il conflitto imprenditore-lavoratori, ma quello tra rendite e mondo dell’impresa...". Proprio per questo sono un poco diffidente verso il clima che si sta creando in questi frangenti che ripete invece quel vecchio schema conflittuale che Bruni definisce superato. Lo dico a @Mariuccio Bianchi ed anche a @Marco con cui spero di dialogare ancora per molto tempo nello stesso partito. @Emmezeta afferma che gli scioperi di questi giorni (spontanei?) sono scioperi politici. Ci sono sempre stati, per carità, ma la battaglia con il governo nella normalità della vita politica la dovrebbero fare i partiti. Penso che il metodo migliore sia quello proposto da @Sergio Moia, cioè la ricerca della soluzione dei problemi di merito. Su questo punto la dialettica sarà molto accesa e aspra, ma non sarà mai inutile come insegna l’esperienza non solo italiana.
Scritto da Giuseppe Adamoli il 25/3/2012 alle 16:01
@Marco, difendere i diritti raggiunti per chi? Per te che sei ultra protetto ma non per i giovani precari e in cerca di lavoro. Siete egoisti e avete l'impudenza di presentare una lotta che serve solo a voi, o anche a me ma non ai miei figli, come una lotta per tutti.
Scritto da Renato il 25/3/2012 alle 16:13
Adamoli, lo spero anch'io, ma dico :"interclassismo" non è "no-classismo". cioè, un conto è prospettare soluzioni che cerchino di mediare interessi divergenti-ma bisogna che il capitale accetti mediazioni, non mi pare!- un conto è negare la realtà di questi interessi . io vedo nel governo monti (BCE) una esplicita (!) volontà di ridurre reddito, potere, e tutele come ricetta per la competitività. il PD non può accettarlo, o per me -e penso per tanti-è inutile che ci sia, non ci aiuta a vivere.
Scritto da marco il 25/3/2012 alle 16:20
Adamoli, dovresti ricordare a @Marco e @Emmezeta che i lavoratori hanno conquistato i diritti con le loro lotte ma quando al governo c'erano i partiti "interclassisti" che loro combattevano.
Scritto da Lorenzo il 25/3/2012 alle 16:29
ma se di queste cose se ne fosse parlato al congresso, invece di dividersi fra rottamatori e apparatchniki, vecchio e nuovo, giovani e vecchi, categorie e divisioni senza riscontro reale...non sarebbe stato meglio ? Adamoli, sai che ho dei dubbi che in uno stesso partito possano convivere i due termini della dialettica sociale : ma è un tentativo da fare, ne sono consapevole. ma monti bisogna che ci dia una mano, e per ora non ce la dà (SEGUE)
Scritto da marco il 25/3/2012 alle 16:35
(continua) però mi sembra che la sinistra classica abbia più chiaro chi la vota, di quanto non abbiano i moderati : io non vedo, nel bacino classico del moderatismo moroteo "guardante a sinistra", tutta questa voglia di liberalismo sociale. non vorrei che foste vittime di un fraintendimento su quali sono gli interessi che il tuo mondo richiede e rappresenta ( sbagierò eh!). mi sembra ci sia molta paura di un mercato senza lacci anche nel tuo mondo, non solo nel mio.(CEI e cisl docet)
Scritto da marco il 25/3/2012 alle 16:41
Caro Sig. Moia, se in questo paese si sono sindacati guidati da gente come Bonanni, che pensa prima alla politica che al suo lavoro "naturale", stiamo freschi.
Scritto da Antonio il 25/3/2012 alle 17:06
Venerdì sera eri anche tu ad una riunione del Pd di Varese nella quale Nerozzi ha parlato della riforma del lavoro. Per alcuni apetti mi ha convinto, per altri aspetti no. Mi piacerebbe avere un tuo parere perché ho notato che non hai detto niente.
Scritto da Un miltante il 25/3/2012 alle 17:17
E le partite Iva che le rappresenta? Leggete la lettera che Dario Di Vico ha inviato oggi dal Corriere della Sera al ministro Fornero. Non le rappresenta né il sindacato né la confindustria. I blocchi sociali non sono più quelli di una volta e parlare di lotta di classe come 30 anni fa è un abbaglio che costa caro alle masse popolari che vivono una condizione di difficoltà, soprattutto le donne.
Scritto da Elisabetta C. il 25/3/2012 alle 17:42
Era il 1981, facevo la quinta liceo. Il mio prof di filosofia, lezione sul marxismo, disse che il paradigma di Marx che il profitto del padrone era basato sullo sfruttamento della forza-lavoro era ormai da considerarsi superata, poiché con lo sviluppo della tecnologia e l'utilizzo delle macchine veniva meno la manodopera degli operai. Aveva ragione. Ora, a distanza di 30 anni, dal XX al XXI secolo, la sua tesi viene clamorosamente smentita. E mi chiedo: ma chi sta tornando veramente indietro?
Scritto da pino s. il 25/3/2012 alle 17:48
@Antonio, il dente avvelenato con Bonanni ci può stare ma usare ogni occasione per fare polemica è sbagliato e non aiuta a risolvere i problemi che abbiamo.
Scritto da Luigi il 25/3/2012 alle 19:04
Visto che sei d'accordo con me a mettere al primo posto il merito, proviamo ad affrontare nel merito la questione che ha aperto questa nuova stagione di contrapposizioni. Mi scuserai se non resto nei 500 caratteri, perché sarebbe impossibile. Sono aiutato da Susanna Camusso che oggi, dalla Annunziata, ha dichiarato, finalmente in modo pubblico, che la soluzione tedesca può essere utile a risolvere il problema dell'art. 18. Non è arrivata a dire che la sottoscrive, ma ha fatto capire che questa era la proposta di tutto il sindacato, che poi Cisl e Uil avrebbero buttato al vento, mentre la Cgil, se la proposta fosse rimasta sul tavolo, alla fine l'avrebbe firmata. Dato che il PD l'ha ripresa e rilanciata, andiamo a vedere cos'è. Si eliminano le tre fattispecie in cui è stata articolata la possibile applicazione dell'art. 18 (licenziamenti discriminatori, disciplinari, economici). In pratica si toglie il “pasticcio e la confusione” di cui ha parlato, a mio avviso stupidamente, D'Alema. Si introduce la possibilità del giudice di decidere a suo giudizio tra reintegra e risarcimento, si fissa quest'ultimo ad un massimo di 18 mensilità. Il vantaggio di questa soluzione è che la reintegra si applica potenzialmente a tutti i licenziamenti. Ma ci sono anche degli svantaggi. Nel discriminatorio e nel disciplinare, in questo secondo caso quando il fatto non sussiste o quando c'è in gioco una fattispecie regolata dal contratto, nei casi cioè in cui oggi varrebbe solo la reintegra, potrebbe essere invece potenzialmente applicato il risarcimento. Il risarcimento massimo inoltre scenderebbe da 27 a 18 mensilità. Il fatto è che la rigidità degli imprenditori ad accettare la reintegra anche nel caso dei licenziamenti economici ha consentito nella trattativa di alzare le tutele negli altri casi. Alla fine inoltre è stata introdotta una misura cosiddetta “anti-abusi”, cioè quella che frena la possibilità di far passare per economici, licenziamenti che invece potrebbero essere discriminatori o disciplinari. La misura consiste in un tentativo obbligatorio di conciliazione con l'assistenza del sindacato, che si deve concludere necessariamente con un verbale che, in caso negativo, potrà essere portato in giudizio. All'interno di questo tentativo, se il sindacato ha elementi per contestare la supposta natura economica del licenziamento, ha la possibilità di farlo. Se, su questa base, il lavoratore poi in giudizio convince il giudice che la vera natura del licenziamento è discriminatoria o disciplinare, il giudice sarà tenuto a decidere come se si trovasse in presenza di quelle fattispecie e non di quella economica. Secondo la Camusso la soluzione tedesca è “utile” perché consente di conservare la deterrenza della possibile reintegra. A mio avviso invece questa deterrenza, come del resto è pratica consolidata nel diritto del lavoro, dipenderà dall'applicazione che ne faranno i giudici e dalla giurisprudenza che ne seguirà, compreso il fatto che la stessa causa in due diversi tribunali, o in due diversi gradi di giudizio, potrà avere due soluzioni opposte. Personalmente penso che non sarà possibile introdurre la “soluzione tedesca” nella fattispecie del licenziamento per motivi economici, lasciando inalterato il resto. Proprio per questo occorrerà avere la massima attenzione nel dibattito parlamentare, perché nel passaggio da una formula astratta, la “soluzione tedesca”, alla definizione di norme concrete, non si finisca per salvare l'immagine, abbassando nei fatti la tutela dei lavoratori.
Scritto da Sergio Moia il 25/3/2012 alle 19:07
@Lorenzo.Le ricordo eccome"le lotte" per "la conquista dei diritti" perchè c'ero,insieme a elettori di quei partiti"interclassisti"che i"diritti" non non li davano(altrimenti perchè lottare?).Trovo che ancorato al passato sia chi contesta il dissenso di oggi paragonandolo a quello di ieri.Siamo nel 2012 non nel 68."Equità","disturbare chi in questi anni ha preso e mai dato"così diceva il PD dopo l'arrivo di Monti ma si va sempre lì...allora cosa si fa,...va bene così,.....si tace?
Scritto da emmezeta il 25/3/2012 alle 20:09
Dibattito molto interessante ed istruttivo. La penso come @Pietro (di sinistra) ma apprezzo la capacità del blog di affrontare anche le questioni più delicate in modo franco. Devo uscire subito, ma volevo dire almeno questo.
Scritto da Osvaldo il 25/3/2012 alle 20:12
Tutte le affermazioni perentorie contengono una parte di verità e una parte di menzogna. Le classi non sono scomparse ma sono cambiate: sotto l’aspetto sociologico hanno assunto stili di vita e di consumo che li rende paragonabili ai ceti medi; dal punto di vista culturale hanno perduto la coscienza di essere portatori di valori diversi da quelli correnti (borghesi) e di una visione diversa da quella neoliberista. Gli scontri sociali ci sono ancora ma il conflitto politico non si propone più di rovesciare un modello di società (la “rivoluzione”, sia pure pacifica) ma di acquisire ulteriori benefici per le categorie interessate. Classi e lotta di classi non sono più l’elemento centrale del dinamismo sociale e politico. Il conflitto ha perso i suoi connotati economici e ideologici per caratterizzarsi come scontro di identità. L’esempio americano può fare chiarezza; i due partiti in campo non rappresentano solo gli interessi economici ma anche altri fattori: la religione può essere più importante del salario e il dato etico (i “diversi”) è irriducibile. Rendita e imprese sono concetti relativi all’attività economica; tirarli dentro la politica può essere un elemento di confusione perché i lavoratori hanno poco o nessun potere al riguardo. E’ un fatto che all’economia reale, quella che produce i beni attraverso i processi industriale, ha oggi meno importanza della finanza dove si guadagna di più e si rischia meno ma sono i governi, meglio gli organismi internazionali, che possono intervenire per non compromettere i posti di lavoro in quei paesi avanzati in cui la vita costa di più. La sostanza del problema è che, in pochi decenni, il mondo è completamente cambiato, sotto l’influenza della tecnica ma anche sotto il profilo culturale. Le “ricette” di un tempo non sono più valide e il linguaggio dell’ “ epoca fordista” è fuori moda ed è del tutto risibile per una nuova società globalizzata e interconnessa. La risposta al “che fare?” non può essere che il risultato di una analisi corretta, serie a approfondita. Sarebbe già molto se la politica è il sindacato facessero del sano “pragmatismo”; invece seguono spesso modalità “corporative” che tendono a favorire quei gruppi che hanno un sia pur minimo “potere” da spendere, anche se solo in termini di consenso. In questo modo si tende ad affermare nella società un generalizzato “conflitto d’interesse” nel senso che i propri interessi (di gruppo, di casta, di ceto o di classe) prevalgono sul bene pubblico generale e la società si privatizza e si frammenta. La questione sociale è diventata una questione di promozione dei valori, dei diritti, dell’etica e della morale; il materialismo non basta più. Chi ha veramente da perdere sono gli “innocenti”, gli emarginati, quelli che non hanno nulla, i giovani che non hanno neppure la speranza di futuro. Certo è più facile manipolare le opinioni delle persone per ottenere il loro consenso piuttosto che l’impegno difficile, faticoso e spesso ingrato per farli crescere in coscienza e dignità.
Scritto da Camillo Massimo Fiori il 25/3/2012 alle 21:03
Succede che lo 0,5% della popolazione mondiale detiene 69 trilioni di dollari mentre il 68% dispone solo di 8 trilioni e che questa élite condiziona e manovra politici, studiosi e giornali. Così il mercato è diventato un idolo e il denaro in un'ideologia, mentre la ricchezza globale passa dal lavoro alla rendita. Non rimpiango la lotta di classe (che non ho mai capito bene), ma la lucidità di leggere la realtà ben sapendo che ci sono le classi sociali e non c'è un pensiero unico.
Scritto da roberto caielli il 25/3/2012 alle 22:16
Tu conti sul fatto che il Pd impedisca la regressione ad una lotta di classe che, come dice @Fiori, ha cambiato profondamente i suoi connotati. Lo spero anch'io ma ci credo poco. Le elezioni amministrative porteranno Bersani ad avvicinarsi a Di Pietro e a Vendola.
Scritto da Pd Pavia il 25/3/2012 alle 23:27
Caro Giuseppe, Luigi Martucci, in un commento apparso in data odierna su "l'Unità" , affermando che sui licenziamenti per giustificato motivo oggettivo (economici) si introduce una sostanziale liberalizzazione, compensata da indennizzo, valuta positivamente il primo correttivo introdotto dal governo: il preventivo ricorso da parte del datore di lavoro all'Ufficio del lavoro per la procedura di conciliazione. Ritiene invece che il secondo correttivo sia una toppa peggiore del buco; per Martucci sarebbe paradossale prevedere un rentegro da parte del giudice "solo nel caso in cui sia il lavoratore a provare la discriminazione (cosa ovvia del tutto pleonastica)ovvero che il vero motivo sia di natura disciplinare". E prosegue: "Secondo tale previsione il lavoratore si dovrebbe auto-accusare di avere commesso una infrazione disciplinare, affermare che quello è il vero motivo per cui viene licenziato e che tuttavia il suo contratto collettivo per quella infrazione prevede non il licenziamento ma, in ipotesi, una sospensione". Conclude affermando che, così operando, si arretrerebbe persino rispetto alla legge sui licenziamenti del 1966. Che dire?. Francamente io non lo so . Mi pare però che, a meno che la Cisl, smarcandosi  perfino dalla Uil, voglia tentare  rischiose mediazioni a tutti i costi, sia il caso di affidare al parlamento la questione.  Diverso sarebbe  se le tre o le quattro confederazioni fossero rimaste unite. Poichè però le strade si sono di nuovo divise, personalmente a questo punto preferisco fidarmi maggiormente dell'azione politica , sostenendo anche nei comportamenti (a parole in fondo Bonanni l'ha detto) l'azione di quelle forze politiche, anzi del P.D., che vogliono cambiare in quel punto l'art. 18.  A mio parere ha ragione anche Scalfari che, ribadendo la marginalità dell'art. 18, rispetto a tutto il resto,sostiene però che il governo ha messo in atto in atto una prova di celodurismo, cui ha prontamente risposto con atteggiamento uguale e contrario la Cgil. Due errori simmetrici e speculari! La proposta del P.D. , per me dunque, è al momento l'unica in campo che cerca di spezzare questo dannoso braccio di ferro. In tal senso le forze sociali, le confederazioni sindacali, al di là delle loro divisioni e diffidenze reciproche, dovrebbero contribuire a creare consenso nel Paese e In Parlamento su tale proposta, altrimenti detta, in maniera un po' impropria "modello tedesco".
Scritto da Mariuccio Bianchi il 25/3/2012 alle 23:42
Con @Fiori invece di commentare trovo più utile sottolineare qualche passaggio. Il seguente lo sottolineo in modo particolare: "Sarebbe già molto se la politica è il sindacato facessero del sano pragmatismo; invece seguono spesso modalità corporative che tendono a favorire quei gruppi che hanno un sia pur minimo “potere” da spendere, anche se solo in termini di consenso".
Scritto da Valceresio il 26/3/2012 alle 08:39
Caro @Marco (16.35 e 16.41) - Di queste cose (ovviamente in generale) si è parlato al congresso e se n’è parlato nel senso di approdare ad una sintesi positiva fra culture diverse attraverso un progetto e un programma validi per il futuro. Ciò che non capisco nei tuoi ragionamenti è questo insistere sul “mio mondo e tuo mondo” come se fossero contrapposti e inconciliabili. Questa è una mina vagante micidiale per il Pd.
Scritto da Giuseppe Adamnoli il 26/3/2012 alle 09:10
@Un militante (17.17) - Nerozzi venerdì sera ha illustrato molto bene la sua linea sulla riforma del lavoro che non è esattamente la mia, ma questa è normale e positiva dialettica. Non mi è piaciuta una cosa: quando ha strumentalizzato Angeletti (Uil) contro Bonanni. Molto meglio stare sui contenuti che polemizzare in questo da parte di una personalità come Nerozzi.
Scritto da Giuseppe Adamoli il 26/3/2012 alle 09:13
Ci sono stati tanti interventi anche lunghi e articolati (@Sergio Moia e @Camillo Massimo Fiori, @Mariuccio Bianchi, ad esempio). Sono interventi di grande interesse che invito tutti a leggere. Se pretendessi di commentarli sarei invasivo e anche stucchevole. Mi limito a ringraziare tutti gli autori dei commenti augurandomi che il dibattito prosegua anche oggi.
Scritto da Giuseppe Adamoli il 26/3/2012 alle 09:16
Caro @Sergio Moia, ti ho letto con attenzione. Rispondimi, se vuoi, con un si o con un no. Alla fine di tutto, sei d'accordo col modello tedesco? La Cgil direbbe di si e voi?
Scritto da Sindacalista Cgil il 26/3/2012 alle 09:44
Ormai la parola spetta al parlamento. Più ci mettono le mani sindacati e altre parti sociali più si acuisce la polemica. Non resta che aspettare che le elezioni amministrative passino velocemente e che po il parlamento discuta la riforma del governo.
Scritto da Nicola il 26/3/2012 alle 11:17
Dopo il primo entusiasmo del governo Monti, che ho ritenuto capace di risolvere i problemi dell’Italia, per me si sta rivelando una grande delusione. A parte che è più arrogante di quello che sembri, è pronto ad accogliere le richieste delle banche mentre fa fatica a mediare sulle richieste del mondo del lavoro. Io sono portavoce di una lista civica di centro e ho sempre guardato al Pd con interesse. Siccome non sono ideologico, sui tempi del lavoro a volte sono più vicino a SEL. Consiglio a tutti l’articolo di Diamanti sulla Repubblica in merito ai quattro dilemmi del Pd: obiettivi, alleanze, primarie e leadership. http://www.repubblica.it/politica/2012/03/26/news/i_quattro_dilemmi_che_lacerano_il_pd-32207204/?ref=HRER1-1
Scritto da V.R. il 26/3/2012 alle 11:38
Quando il Pd affermava di aspettare l'accordo di tutte le parti sociali faveva il furbo. Era chiara che le posizioni sarebbero state diverse. Adesso la Cisl gli chiede di esprimersi chiaramente e il Pd prende le difese della Cgil. La vedo male per il futuro. Spero che Monti vada avanti e tiri diritto.
Scritto da Maurizio il 26/3/2012 alle 12:04
La “soluzione tedesca” non è sempre la migliore né la più desiderabile. Recentemente nell’astanteria dell’inferno l’ultimo dannato è stato accolto dal diavolo-portinaio con queste parole: “ I documenti sono in regola; lei può scegliere tra la soluzione tedesca e quella italiana. Disinteressatamente le consiglierei quest’ultima”. “ Ma la differenza di trattamento in che cosa consiste?”. “Più o meno si tratta dei soliti supplizi: la pece bollente, la graticola che scotta, i forconi conficcati nel posteriore, la melma sul filo della bocca e così via”. “Ma allora perché mi consiglia la sistemazione italiana?”. “E’ solo una questione di dettagli; nel sistema tedesco non ci sono imprevisti, in quello italiano la pece non sempre arriva, il fuoco viene lasciato spegnere, la melma è sotto il livello stabilito, i forconi sono difettosi e non pungono e molto spesso i diavoli scendono in sciopero. Veda lei!”.
Scritto da cmf. il 26/3/2012 alle 12:52
Vedo interventi che affrantano il merito della questione, ma mi pare ci siano degli errori. Se, come leggo, una delle possbilità sarebbe quella di importare il modello tedesco, chiedo: volete dire che c'è una possibilità di importare la COGESTIONE e i CONSIGLI DI FABBRICA? Se la risposta è no, state parlando di altro e nulla ha a che spartire con il modello tedesco che si base appunto su COGESTIONE e CONSIGLI DI FABBRICA... e secondo voi gli industriali accetterebbero una cosa del genere?
Scritto da Lele il 26/3/2012 alle 12:52
Che pena tutta questa propaganda sull'art. 18 . La CGIL fa il suo mestiere purtroppo sono i partiti che appaiono inadeguati . Di Pietro, Vendola , Diliberto certo rappresentano un pezzo di società ma con questi non si governa non so proprio come Bersani uscirà da questa difficile situazione. Il dopo Monti non si vede proprio questa è la realtà.
Scritto da Pietro il 26/3/2012 alle 12:58
Caro @Adamoli, la situazione sembra molto complicata. In questo nostro paese chi sta peggio sono i disoccupati, giovani, in particolare, i precari con addosso un peso enorme per quanto riguarda il loro futuro ed i lavoratori, una volta si diceva gli operai. Queste le parti più deboli della catena. Certamente l' art. 18 è stato enfatizzato ma, mi creda, in una fase del genere i diritti hanno la loro importanza e per tante e tante famiglie il solo rischio di perdere il lavoro è un vero dramma.
Scritto da E.F. il 26/3/2012 alle 14:17
Grande @cmf. Metafora perfetta. Parlare in astratto di modelli tedeschi da importare in Italia è insensato come è insensato creare la paura, rappresentare il diavolo dove ci sono persone che parlano senza paraocchi.
Scritto da Fab il 26/3/2012 alle 14:30
@Sindacalista Cgil. La Cisl ha sostenuto e sostiene il "modello tedesco" come la soluzione migliore e personalmente non ho nulla da obiettare. L'unico problema che pongo è che questo non può essere scambiato con la diluizione delle soluzioni trovate per regolare in termini più rigidi le flessibiilità in ingresso o per limitare ulteriormente le estensioni dei nuovi ammortizzatori sociali.
Scritto da Sergio Moia il 26/3/2012 alle 15:07
Ho paura che si stia guardando indietro ma da tutte le parti. Forse solo il governo Monti sta cercando con diffcioltà di guardare avanti.
Scritto da Rino Agosti il 26/3/2012 alle 15:14
@E.F. I diritti sono importanti ma i diritti di chi? Non solo di quelli già protetti che sono la minoranza che ha già un lavoro ma della maggioranza e dei giovani. Se si parla solo di art. 18 e si dimenticano tutti gli altri non si fa una cosa giusta.
Scritto da G. Carlini il 26/3/2012 alle 17:15
Ah, la lotta di classe! “Andavano gioiosi e furenti cantavano canzoni di lotta e di riscossa, andavano al radioso futuro, ragazzo altero orgogliosa fanciulla, salda nel pugno svettava la bandiera grido d'amore”. 1) “Noi siam la canaglia pezzente, la gente che suda e lavora, finiam di soffrire ch'è l'ora...Ai Soviet stringiamo la mano ….”. 2) “Non siam più la Comune di Parigi che tu, borghese, schiacciasti nel sangue; non più gruppi isolati e divisi, ma la gran patria dei lavorator !”. 3) “L'esecrato capitale sulle macchine ci schiaccia, l'altrui solco queste braccia son dannate a fecondar...”. 4) “Giacque vilmente la plebe in catene sotto il tallone del ricco padron; dopo millenni di strazi e di pene, l'asino alfine si cangia in leon ...”. Ah, la lotta di classe!
Scritto da ulderico monti il 26/3/2012 alle 17:49
Per una che è sempre stata di sinistra come me questa discussione mi prende fra due fuochi. Da una parte non posso dimenticare che 40 anni fa lo Statuto dei lavoratori fu una conquista del dopo '68 (che io non avevo vissuto). Dall'altra parte non posso ignorare che una riforma è necessaria. Spero che venga decisa in fretta nel modo migliore perchè è una pena vedere tante divisioni nel mio mondo.
Scritto da Una lettrice il 26/3/2012 alle 18:03
Ah, la lotta di classe! Quanto mi piace questo Professore che ha detto chiaro e tondo di non volersi far frantumare le sfere: lì ce l'han chiamato e lui - se si rompe - se ne va! Io che mi sono fratto da molto tempo e che non voterò mai più (dopo Guenzani a Gallarate) questo centro sinistra con le Vendole e i Di Pietri, attendo che passino i cadaveri politici e le loro menzogne. Avete più sentito parlare della madre delle riforme, la riduzione al 50% dei parlamentari e delle loro prebende?
Scritto da ulderico monti il 26/3/2012 alle 19:24
Sono fermamente convinto che sul benedetto art. 18 si stia combattendo una battaglia fondata non su ragioni ponderate, ma “per principio”, come avviene in molte devastanti dispute condominiali. Ho trovato amaramente divertente quanto icastica la vignetta di Altan apparsa su Repubblica del 21 marzo. All’incredulo poveraccio che si lamentava della nuova introduzione dell’ombrello nel solito posto con un sofferto “ancora”? veniva risposto : “è per aprire la strada agli investimenti esteri”.
Scritto da Angelo Eberli il 26/3/2012 alle 19:26
L'interclassismo può essere l'unica bandiera ancora oggi per il partito democratico. Non vedo Bersani alzare un altro vessillo però dovrebbe dirlo chiaramente risolvendo le ambiguità interne.
Scritto da Giorgio G. il 26/3/2012 alle 20:16
Caro Giuseppe, prima di concludere il vivacissimoconfronto, vorrei aggiungere ancora qualcosa. Parto nuovamente da un dubbio, che non tormenta probabilmente chi dispone di informazioni che io non ho: è vero quello che ha affermato venerdì sera a Varese il senatore P.D.Nerozzi, secondo cui alla proposta unitaria sindacale sul modello tedesco (quindi con tutti i reintegri possibili) il governo ha rilanciato sparigliando e favorendo l'ennesima corsa centrifuga delle confederazioni? O è vero quello che sostiene la signora Fornero che la Cgil non aveva mai dato garanzie in tal senso? La questione non è per me oziosa: se cioè siamo di fronte ad una prova di celodurismo del governo, o della maggioranza di esso, che mette in difficoltà non tanto la Cgil, che si è così ricompattata, ma il P.D., che solo per ora si è ricompattato;una prova di celodurismo che, non dimentichiamolo, sacrifica la coesione sociale in nome di un decisionismo che ammicca all'Europa ed a quei mercati finanziari che ben conosciamo. O invece il celodurismo è quello della Cgil, che sacrifica, in funzione di un suo compattamento radical-movimentista, gli interessi generali, non dico del Paese, ma di lavoratori e pensionati? Non so se a questo punto dirimere la questione sia ancora importante. Diciamo che a me serve per capire bene chi siano in questo momento amici e avversari. Ciò detto, quale sarà alla fine l'epilogo non me la sento di fare previsioni, anche se in realtà molta acqua dovrà scorrere sotto i ponti. Fino alle amministrative, presumo, lancio dei coltelli tra i partiti con il governo che farebbe bene a zittirsi, visto che ha passato la palla al Parlamento; dopo di che, potrebbe succedere di tutto, anche che  il disegno di legge  finisca su un binario morto o che avvenga lo scambio che Sergio Moia teme o che semplicemente si trovi una formula bizantina e da azzeccagarbugli (noi Italiani siamo bravissimi in questo) per salvare la faccia a tutti (alla faccia dei lavoratori naturalmente, scusate il bisticcio). La cosa però di interesse immediato, dati i tempi  dello sviluppo del disegno di delega, è se Bersani abbia sacrificato il P.D., come qualcuno sostiene. Francamente non sono in grado di argomentare  in tal senso. Affermo solo che per la prima volta anch'io mi sono sentito in sintonia con lui (a parte il suo riferimento alla sua giovineza ed a Berlinguer nella trasmisione da Vespa), anche perchè mi pare abbia compreso una cosa: molti elettori del P.D., come me, non legati nè vicini alla Cgil, non erano certo intenzionati a  dannarsi più di quel tanto sull'art.18; elettori che hanno sopportato la pesantezza del decreto "salva Italia",  in nome degli interessi generali del Paese;  elettori che hanno perfino compreso il pragmatismo di Monti nei confronti di taxisti, farmacisti, categorie professionali. Tutti costoro però, quando hanno avuto la sensazione che il governo, anzichè far uso del suo concreto spirito pragmatico, avviasse una battaglia politico-ideologica sulla concertazione e sul ruolo delle forze sociali, nonchè sull' art.18,  per le sue implicazioni simboliche più che per la valenza pratica, condite dal "tireremo diritto" di infausta memoria, sacrificando altresì  la tanto invocata coesione sociale, hanno detto, me compreso: "non ci stiamo". Dopo di che, ripeto, non so come il tutto possa andare a finire. Io, una volta tanto, almeno fino a prova contraria (che potrebbe essere a breve) vorrei essere ottimistica. Dovrebbe essere interesse di tutti non buttar via con l'acqua sporca e avvelenata dell'art.18 anche il bambino, cioè il resto dei provvedimenti.
Scritto da Mariuccio Bianchi il 26/3/2012 alle 20:24
Sto col Monti che ha parlato dalla Corea. Questo governo è un grandissimo passo avanti rispetto al precedente. O lo si fa lavorare e governare oppure è meglio che lasci e i partiti si prenderanno le loro responsabilità.
Scritto da Chiara il 26/3/2012 alle 20:27
Perché si lamenta, signor Adamoli? Dove c’è lotta di classe c’è democrazia. Pensi al nazismo, quel famigerato periodo in cui la lotta di classe scomparve per fare posto alla lotta di sangue. I tedeschi erano felici, una società organica senza invidie. Tutti uniti a bastonare il diverso, quello che non presentasse i caratteri della moda di allora: altezza, biondezza, bellezza. Tanta bellezza. Bè, Goring era grassone come me e Gobbels era ben poco alto, ben poco biondo e ben poco bello ma insomma andava così. Poteva il resto del mondo permettere che ci fosse una nazione senza classi che volesse imporre a tutti il suo modello e i suoi modelli altibiondiebellitantobelli? Fanculo alla Germania! Abbiamo unito le forze e li abbiamo distrutti quei bastardi! Non si lamenti, signor Adamoli!
Scritto da Claudio Ennam il 26/3/2012 alle 21:23
Monti ed il "tirare a campare". Sarebbe proprio strano che un Governo con una maggioranza enorme, pur spuria, dia le dimissioni. Adamoli ed altri, persone di sensibilità politica, avevano detto e scritto che se non si fosse trattato l'articolo 18, per vari motivi, la riforma si faceva rapidamente. Avevano ragione. E' stato un errore del Governo, reiterato dall'atteggiamento del ministro Fornero. A meno che non si stia usando l'antica tecnica del "taja e medèga"....
Scritto da FrancescoG. il 27/3/2012 alle 08:28
Può essere che i pensieri reconditi (non confessabili) della politica si agitino sulla opportunità di votare nell'autunno di quest'anno? Credo di sì: la permanenza del governo tecnico evidenzia ogni giorno di più l'insipienza dei partiti politici e, soprattutto, del Partito Democratico, che non è stato capace di sostituire il centro destra nel governo del Paese. E' prevedibile che anticipare le elezioni politiche permetterebbe di votare con l'attuale legge elettorale – che tutti dicono, senza nulla fare,di voler cambiare –, e con l'assetto istituzionale corrente – che tutti dicevano, ma non lo dicono più, di voler modificare: riduzione del numero dei parlamentari e funzioni delle Camere -. E' probabile che il prolungamento della legislatura fino al 2013 favorisca la ripresa del PdL, che abilmente s'è sempre presentato come il promotore privilegiato del governo tecnico, e penalizzi invece il PD in sofferenza per l'irrisolta questione delle alleanze politiche e pressato dal massimalismo burocratico sindacale, in primo luogo la CGIL. Tale è il contesto, ma chi mai prenderà l'iniziativa di porre fine all'attuale governo che, proprio perché mostra di disprezzare i suoi interlocutori politici, è praticamente insostituibile? Chi mai tra i codardi della politica reggerebbe alla responsabilità di far schizzare lo spread a 600? E' pur vero che l'irresponsabilità è sovrana!
Scritto da ulderico monti il 27/3/2012 alle 09:21
@Chiara sta con Mario Monti e io sto con Chiara.
Scritto da Funzonario regionale il 27/3/2012 alle 09:27
Non so rispondere alla domande di @Mariuccio Bianchi sulle ultime convulse ore della trattativa sul lavoro. Ciascuno dei partecipanti continuerà a sostenere il proprio punto di vista, mi auguro in buona fede. Sono cose che succedono anche dentro le coalizioni politiche, immaginiamoci fra un governo di tecnici che affronta problemi politici e le parti sociali. La partita adesso si svolgerà in Parlamento e tutto diventerà più chiaro. Spero che le conclusioni della direzione nazionale del Pd di ieri contribuiscano alla scelta più equilibrata. Trovo sbagliato sia ritenere che qualsiasi soluzione sia meglio dell’attuale art. 18, sia ritenere che questa sia una norma intoccabile di civiltà. Il diritto al lavoro è intangibile, come attuarlo, difenderlo, come tutelare i nuovi lavori, come garantire una flessibilità positiva, come realizzare la solidarietà fra le generazioni, dipende dall’evoluzione delle condizioni generali della società e dagli obiettivi che ci si pone. Ne riparleremo spesso.
Scritto da Giuseppe Adamoli il 27/3/2012 alle 09:39
Condivido il tuo giudizio. La riforma ha un'impostazione in gran parte condivisibile e innovativa. Ha anche dei limiti, in particolare nella parte relativa agli ammortizzatori sociali e alle politiche attive, servirebbero più risorse, e non solo pubbliche, che oggi sono difficili da trovare. La parte sui licenziamenti è scritta male e va corretta. I miglioramenti si possono e si devono fare in Parlamento, evitando guerre di religione o di guardare il futuro dallo specchietto retrovisore.
Scritto da Luigi Maffezzoli il 2/4/2012 alle 09:12
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