Politica, istituzioni e territorio. Dialogo oltre i partiti
Giuseppe Adamoli   adamoli1@alice.it
inserito il 9/7/2012 alle 13:51


Troppi primari, troppi dirigenti medici e alcuni piccoli ospedali, poco sicuri proprio a causa delle minuscole dimensioni, che andrebbero riconverti.
Ecco perché i tagli contenuti nel decreto sulla spending review colgono nel segno “purché applicati dove serve e non in maniera lineare e perciò indiscriminata”.
Parola di Giuseppe Adamoli, ex consigliere regionale del Pd che per anni si è occupato della sanità lombarda e che ora appoggia la nuova manovra di Monti: “Se operati nei punti giusti, su sprechi e dissipazioni, i tagli permetteranno di risparmiare senza ridurre i servizi, anzi – aggiunge – possono essere un'occasione per migliorare il livello di assistenza sanitaria”.

“La sanità lombarda è la migliore, lo è da decenni, lo era ben prima che arrivasse Formigoni”.
Lo afferma convinto l'esponente democratico che però subito precisa: “Nonostante sia la migliore anche nella sanità lombarda, e persino in quella varesina, ci sono ampi spazi per la razionalizzazione e non bisogna aver paura di ammetterlo”.
Innanzi tutto ci sono troppi primari e troppi dirigenti medici: “Chi è a caccia di voti preferisce evitare di dirlo, ma è la verità”, assicura.
E cita il caso delle cardiochirurgie: “Sono reparti costosissimi e nella sola Lombardia ne abbiamo tante quante se ne contano in tutta la Francia. Troppe”.
Ma gli esempi si sprecano: troppe pediatrie, troppe chirurgie “anche all'interno dello stesso ospedale”, ricorda, troppi punti nascita a pochi chilometri di distanza.

I piccoli ospedali offrono servizi che sono un doppione di quelli garantiti da strutture maggiori poco lontane, ma soprattutto secondo Adamoli sono insicuri: “Piccolo è bello, ma non è sempre vero e di certo non lo è in sanità. Credo che chiunque abbia un proprio caro o un familiare seriamente malato preferisca farlo curare in un grande centro piuttosto che in uno piccolo, perché la maggiore esperienza rende il presidio più sicuro”.
Perché non riconvertirli in strutture adatte alle cure intermedie, per i pazienti dimessi dagli ospedali che non sono ancora in grado di far ritorno a casa? Secondo l'ex consigliere regionale è questa la strada da percorrere: “Nel nord della nostra provincia l'Azienda ospedaliera di Varese è in linea con i nuovi obiettivi della sanità di 3,7 posti letto per mille abitanti, e funziona”, afferma.
Certo, c'è anche il pronto soccorso che cronicamente finisce in crisi di sovraffollamento “ma il problema non è tanto la mancanza di posti letto in ospedale, quanto l'assenza di un filtro tra medici di famiglia e ospedale – spiega – e di questo è responsabile il modello formigoniano della sanità che si è concentrato sugli ospedali per acuti eliminando presidi ambulatoriali sul territorio. É tempo di invertire rotta”.

Dunque per Adamoli i tagli ci stanno, e ci sta che questa volta sia il sud della provincia a operare un dimagrimento maggiore, a cominciare dalla riconversione dei piccoli ospedali.
 
(Intervista di Lidia Romeo pubblicata su “La Provincia)

Commenti dei lettori: 46 commenti -
Complimenti Giuseppe, è indubbio che sia necessario ridisegnare i percorsi di cura perché auentando l'età media, le cronicità e la sopravvivenza, sono necessari interventi che curino il paziente all'inteno di un percorso di vita normale. E' anche necessario potenziare la rete dell'emergenza urgenza ma devono essere ridotti i presidi privi di garanzie di qualità e di reparti "salvavita".
Scritto da Lele il 9/7/2012 alle 14:34
Sono d'accordo, ma pongo in evidenza un problema: con la viabilità della nostra provincia non andrebbero smantellati presidi territoriali dove prestare le prime cure e stabilizzare i pazienti con patologie serie. Inoltre, nei pronto -soccorso dovrebbe sempre essere presente un medico rianimatore.
Scritto da Angelo Eberli il 9/7/2012 alle 15:11
Anziché decantare l'eccellenza della sanità lombarda, Formigoni dovrebbe migliorare la rete poliambulatoriale sul territorio perché l'ha praticamente annullata. In questo modo si risparmierebbero un sacco di soldi.
Scritto da C. Conti il 9/7/2012 alle 15:19
Sui piccoli ospedali, forse perché sono di Luino, farei molta attenzione a smantellarli. Buona invece l'idea di incrementare i luoghi di cura per cronici e bisognosi di cure riabilitative.
Scritto da Vittorio il 9/7/2012 alle 15:55
Sottoscrivo tutto. I piccoli ospedali "di prossimità" non rispondono ad un bisogno di cure sanitarie, bensì servono ad evitare disagi di trasporto. Sono, quindi, la risposta sbagliata ad un problema giusto. Un'osservazione sui medici di famiglia: troppo spesso svolgono una funzione "notarile": prescrivono esami (spesso su imbeccata di loro colleghi specialisti) e rilasciano certificati. Sicuri che non sia opportuno chiedere loro un piccolo "sforzo" per recuperare quella funzione (e quella disponibilità) che avevano fino a pochi decenni orsono ?
Scritto da Mattia il 9/7/2012 alle 17:28
In Lombardia si può certamente tagliare molto ma solo nella sanità privata dove ci sono troppi sprechi e troppi scandali. E' qui che bisogna usare le forbici alla grande ma non negli ospedali pubblici.
Scritto da Dino il 9/7/2012 alle 17:28
Ho letto ieri sul Corriere che perfino Formigoni ha ammesso che nella sanità si può risparmiare molto senza ridurre i servizi. Se lo dice lui vuol dire che c'è un'area grigia nella quale si può intervenire con la mano pesante. Mi chiedo perchè non lo ha fatto prima.
Scritto da Elisabetta C. il 9/7/2012 alle 17:34
Vorrei aggiungere un'altra cosa: oltre al post di oggi è molto interessante anche quello di ieri sul maestro transessuale. Con un giorno solo tra l'uno e l'altro il dibattito viene un pò strozzato, non ti pare?
Scritto da Elisabetta C. il 9/7/2012 alle 17:37
Caro @Mattia, penso che la valorizzazione vera, concreta, forte, convinta dei medici di base possa rappresentare un elemento di razionalità nella rioganizzazione del sistema sanitario. Ti faccio un semplie esempio, perfino banale, ti sembra giusto che nei fine settimana ogni assistito faccia fatica a trovare un medico o, soprattutto, un pediatra disponibile? Che filtro possono realizzare in questo modo verso il pronto soccorso di molti ospedali sempre intasato? Concentrare tutto sugli ospedali è sbagliato e costosissimo. In questo campo il servizio sanitario regionale deve cambiare registro.
Scritto da Giuseppe Adamoli il 9/7/2012 alle 20:02
Cara @Elisabetta, la frequenza dei post è uno dei dubbi che ho sempre portato con me. Non vorrei abbondare nè diradarli troppo. Ieri però su quello del maestro di Livorno ho lasciato un giorno e mezzo per la discussione che ha raccolto ben 50 interventi. I commenti sono continuati anche oggi pomeriggio (dopo questo post sulla sanità) grazie a @Camillo Massimo Fiori e ad @Angelo Eberli che con le loro tesi diverse hanno suscitato altri interventi a dimostrazione del fatto che un post non spegne l'interesse su quello precedente.
Scritto da Giuseppe Adamoli il 9/7/2012 alle 20:06
Mi piacerebbe sapere a quanto ammonterà la riduzione della spesa regionale sulla sanità pubblica rispetto a quella sulla sanità privata.
Scritto da E. Losa il 9/7/2012 alle 21:08
“La spending review è sbagliata perché conferma il percorso classico del ministero dell'economia degli ultimi 8 anni per riorganizzare la sanità”. Lo dice il PRESIDENTE DELLA CONFERENZA DELLE REGIONI, VASCO ERRANI, intervenendo al seminario del Pd sul sistema sanitario. “La spesa procapite è diminuita, siamo uno dei Paesi Ocse che spende di meno. La non autosufficienza è a zero euro, eppure - dice Errani - in questi ultimi 3 anni, compresa la spending review, abbiamo avuto un taglio complessivo di 21 mld di euro mentre la spesa privata è superiore ormai ai 30 miliardi di euro. O si cambia l'approccio o il sistema non reggerà. E non tra 5 anni, ma e' probabile che sia nel 2012, e certamente non reggerà nel 2013”. Errani punta il dito anche contro l'assenza di investimenti tecnologici in sanità. “Sono pari a zero – dice - e io non ci sto più a una discussione emergenziale. O ci mettiamo la testa e costruiamo un progetto, o altrimenti la sanità di questo Paese fara' dei passi indietro. E voglio dire al presidente del consiglio: di questo passo la spesa pubblica crescerà perché il privato chiederà risorse”. “Con questa spending review e con la somma di queste manovre molte regioni, a cominciare dall'Emilia-Romagna, nel 2013 non raggiungeranno il pareggio di bilancio. Io non metterò le tasse e non farò il commissario. Venga il governo a dire come si fa". Errani contesta il criterio di spesa suggerito dalla spending review. “Non può essere- spiega- che ogni quattro giorni mi inventi i prezzi di riferimento" per gli approvvigionamenti sanitari. “Una cosa e' il latte, una cosa è il prosciutto di Parma, una cosa è la sanità”, dice con riferimento neppure troppo velato all'esperienza di Enrico Bondi, quale risanatore della Parmalat. Il Presidente della Regione Emilia chiede al governo di avere la possibilità di "discutere del patto per la salute. Se tu mi dici che 'non si discute', allora non stiamo dando razionalità al sistema ma stiamo facendo un'operazione puramente ragionieristica”. (da REGIONI.IT, 9 luglio 2012)
Scritto da Evangelina Ranquileo il 9/7/2012 alle 21:17
“Tagli camuffati da lotta agli sprechi”. Il PRESIDENTE DELLA REGIONE TOSCANA, ENRICO ROSSI, dà un duro giudizio sulla spending review, per il suo impatto sulla sanità. Rossi partecipa al seminario promosso dai Democratici "Il Pd per il diritto alla salute", con il segretario del Partito Pier Luigi Bersani e il ministro della salute Renato Balduzzi. In premessa, dal presidente della Toscana arriva l'invito a smetterla “con una campagna, che leggiamo tutti i giorni, contro la sanità pubblica”. Se ci sono sprechi, e ce ne sono, spiega, “non si può buttare via il bambino con l'acqua sporca”. Con la spending review, “paradossalmente, si prosegue un'opera iniziata da Tremonti. Il rischio è che anche con questo governo, noi ci accolliamo dei tagli camuffati come lotta agli sprechi”. Si tratta, invece, di una “distinzione che deve essere mantenuta”. Per i bilanci regionali questo significa che “non può passare il principio per cui la lotta agli sprechi serve a pareggiare il bilancio. Così- dice il Presidente della Toscana- congeliamo ogni possibilità di innovazione in sanità”. Quel che serve e' invece “un fondo che consenta di mettere in tecnologie nuove e nuovi bisogni i risparmi che realizziamo”. Se invece si accettasse la logica del risparmio fine a se stesso "sarebbe un fatto gravissimo che condannerebbe il servizio sanitario”. Quanto al taglio dei posti letto, Enrico Rossi è categorico. “Questo era il governo dei competenti. Ma se qualche volta chiedessero qualcosa anche a noi forse la loro competenza potrebbe accrescersi”, e aggiunge: “non si può incendiare la sanità per un risparmio di 50 milioni. Non si possono mandare i carri armati in reparto. Il governo deve ricordare che la sanità è un patto tra istituzioni e cittadini. Chieda a noi, che sappiamo valutare caso per caso”. Anche le prospettive future non sono certo rosee, secondo il presidente della Toscana. “Perché- spiega- se va avanti la somma di tagli Tremonti-Monti, quest'anno magari ce la si può fare. Ma l'anno prossimo non ce la si fa più. Neppure le cosiddette regioni virtuose, ce la faranno più. Anche la mia Regione comincia a non farcela perché la virtù, come si dice, ci vuole pochissimo a perderla”. La soluzione non può essere la sanità integrativa. “Con la crisi che c'è, con la precarizzazione diffusa, io starei molto attento a cercare soluzioni che poi non corrispondono alla praticabilità delle cose". Servirebbe piuttosto, osserva, reperire risorse da altre fonti. “Qualche F35 in meno e una minipatrimoniale. I cittadini- dice Rossi- capiscono. Non possiamo pensare che l'unico linguaggio che conta e' quello dei compiti a casa e dello spread”. Poi dal profilo Facebook, il Presidente della Toscana rilancia: "Il Parlamento discuterà dei tagli alla sanità. Sarebbe etico che i parlamentari e membri del governo decidessero di rinunciare al fondo integrativo sanitario, pagato da tutti i cittadini. Non è un granché sul piano economico, ma sarebbe un bell'esempio. Sapere che chi decide sulla pelle degli altri decide anche sulla sua - conclude Rossi - darebbe grande autorevolezza alla politica". (da REGIONI.IT, 6 e 9 luglio 2012)
Scritto da Evangelina Ranquileo il 9/7/2012 alle 21:32
“Stiamo assistendo ad un vero e proprio assalto al Sistema sanitario nazionale'': lo ha detto la PRESIDENTE DELLA REGIONE UMBRIA, CATIUSCIA MARINI, intervenendo a Roma alla iniziativa dal titolo ''Il Pd per il diritto alla salute”. “E con l'obiettivo di riqualificare la spesa pubblica – ha affermato la Marini - con i tagli lineari, di fatto, si somministra 'la stessa medicina a pazienti diversi', trascurando che se oggi ci sono Regioni virtuose, è perché grazie alla programmazione, in questi anni hanno messo sotto controllo la spesa sanitaria razionalizzando e riorganizzando le reti ospedaliere, diminuendo la spesa farmaceutica, ottimizzando l'acquisto di beni e servizi. Tutto cio' in maniera concertata e condivisa con tutti gli operatori della sanità”. “Già nel 2011 - ha riferito la Marini - come presidenti delle Regioni italiane, abbiamo iniziato ad abbozzare delle proposte nella salvaguardia di un sistema sanitario e che rispondevano anche ad esigenze di contenimento, quelle misure che pero' oggi si aggiungono alle distorsioni del sistema. Il decreto del Governo infatti, mostra disattenzione sulle distorsioni finanziarie del sistema stesso”. “Dobbiamo recuperare la finalità del servizio sanitario - ha proseguito la presidente umbra - che e' quella della promozione della salute sapendo che questo produce benefici e risparmi. Le Regioni in proposito, avevano da tempo sottoposto dei temi su riforme strutturali, ma i tecnici del ministero della salute hanno fatto, per esempio, una semplificazione della rete ospedaliera, non considerando che il parametro dei posti letto per abitante e' vecchio di dieci anni. La presidente, ricordando che il totale delle risorse destinate dal precedente governo e da quello in carica al Fondo sanitario nazionale registrano una diminuzione di oltre 22 miliardi di euro, ha anche lanciato un allarme circa i ticket la cui introduzione era stata imposta dal precedente governo. “Dobbiamo vedere cosa accadrà tra un anno e mezzo – ha sostenuto -, perché a bilancio sono stati scritti due miliardi quale ipotetico ricavo dall'applicazione dei ticket, mentre dai dati dell'anno in corso emergerebbe che siamo solo al 50 per cento delle somme stimate”. (da REGIONI.IT, 9 luglio 2012)
Scritto da Evangelina Ranquileo il 9/7/2012 alle 21:33
Contro il "privato accredidato" si sta scatenando la solita reazione della sinistra statalista: fuori dalla storia.
Scritto da Fabio F. il 9/7/2012 alle 22:07
Se non ci fosse questa scossa governativa, parlamento e regioni continuerebbero a dormire tranquillamente spendendo e spandendo alla grande. Una volta tanto spero che il governo vada per la sua strada vedendo le carte dei partiti il giorno del voto alla camera e al senato.
Scritto da Luciana Binaghi il 9/7/2012 alle 22:19
Caro Giuseppe, non sono un tecnico, ma quando sento parlare in sanità di obiettivi quantificati sulla base del rapporto posti letto/abitanti mi domando se certi indicatori abbiano ancora senso. Infatti, penso che oggi, a differenza del passato, gli analisti della spesa sanitaria abbiano a disposizione una mole di dati e informazioni non solo sul fronte dell’offerta e delle prestazioni erogate, ma anche su quello della domanda, che consente una più che obiettiva valutazione circa le perfomance, l’efficienza e l’effettiva utilità delle strutture sanitarie presenti nel territorio. Limitarsi, invece, al semplice criterio burocratico dei posti letto/abitanti è assai riduttivo, perché significa privilegiare una lettura statica del fenomeno che non tiene conto delle dinamiche legate alla mobilità e alle modalità di fruizione dei servizi da parte degli utenti, che sono improntate sulla libera scelta dei medici e delle strutture. Penso all’Ospedale di Saronno, la cui peculiarità è quella di servire ogni giorno un bacino d’utenza ben più ampio di quello dei comuni del basso varesotto. Un bacino interprovinciale che abbraccia comuni che appartengono anche alle province di Milano, Como, Monza Brianza. Un ospedale che, proprio per la sua capacità di rispondere ai bisogni complessi di un territorio così vasto, avrebbe bisogno non di ridurre i posti letto ma, semmai, di potenziare l’offerta di servizi e prestazioni. Proprio alcune settimane fa, nel corso di un incontro dell’apposita commissione consiliare con il direttore generale dell’Azienda Ospedaliera di Busto Arsizio si evidenziava questa necessità. E che dire degli ospedali di Legnano e Busto Arsizio che distano fra loro meno di un chilometro in linea d'aria? Sull’assenza del filtro medici di famiglia/ospedale mi limito ad osservare che se si eliminasse dagli ospedali la nefasta prassi delle prestazioni intramoenia ed i medici specialisti tornassero a garantire le visite ambulatoriali, forse si affollerebbero meno i nostri ospedali e si smaltirebbero prima le liste d’attesa.
Scritto da Leonardo C. il 9/7/2012 alle 22:21
Gentile Adamoli, quando sento la parola "smantellare" applicata alla Sanità inorridisco. Sulla possibilità che ogni cittadino usufruisca di un' assistenza sanitaria fornita dallo Stato si misura la civiltà di un paese. L'America, a riguardo, è un esempio negativo. Rispetto ai piccoli ospedali le dico, da persona laureatasi in Medicina, che il problema non è ben posto sui principali media. Si dovrebbero considerare anzitutto due aspetti: 1) L'importanza del fattore tempo nel determinare la sopravvivenza o meno del paziente in situazioni di emergenza cardiovascolare (infarti, ictus, rottura di aneurismi, etc,etc) : queste patologie, che nel nostro paese determinano la maggior parte dei decessi degli adulti, spesso possono essere affrontate con successo soltanto qualora i medici del pronto soccorso abbiano la possbilità di prestare le loro cure al paziente velocemente. Quindi bisogna ragionare considerando il tempo che l'ambulanza impiega per portare il paziente nella Struttura ospedaliera. 2) Deve essere chiaro a tutti quelli che scrivono sul blog che il problema del presente e del futuro in Italia è l'invecchiamento della popolazione, e l'anziano, anche quando autosufficiente, spesso presenta in media 2/3 patologie a carattere cronico, che necessitano di continuità assistenziale. Il problema degli anziani ( e delle famiglie che li assistono) è proprio la mobilità, e quindi "l'ospedale di prossimità", con interventi soprattutto nell'ambito della medicina interna e geriatrica rivolti a questa tipologia di pazienti, risulta necessario al benessere degli stessi. Consideriamo inoltre che questi pazienti, impegnativi e che non "rendono" dal punto di vista economicista, sono proprio quelli che il privato rifiuta. Quindi evitiamo di fare demagogia ed applicare le categorie vuote della politica e di un neoliberismo cialtronesco alle questioni del benessere dei cittadini. Spero di essermi spiegato anche per i "non addetti ai lavori". Cordiali saluti.
Scritto da Carlo il 10/7/2012 alle 01:30
non ci saranno più gli aghi monouso ma sterilizzati con disinfettante scadente, le autoambulanze rimarranno senza benzina, gli endoscopi tolti dagli orifizi di un paziente e messi in quelli di un altro dopo una semplice lavata sotto l’acqua fresca, le lenzuola portate da casa per sopperire a quelle lerce dell’ospedale, gli asa che si metteranno a fare interventi chirurgici. si salvi chi può!
Scritto da Billa il 10/7/2012 alle 07:41
Quanti critici al tentativo di razionalizzare la sanità. E magari sono quelli che ogni giorno ne sparlano in termini di scaldali, sprechi, soldi buttati al macero. E' proprio vero che in Italia riformare cercando di risparmiare è impossibile.
Scritto da Giorgio il 10/7/2012 alle 08:34
@Evangelina Ranquileo - Grazie per aver riportato dei brani molto interessanti degli interventi di tre presidenti di Regione. Penso che le prerogative costituzionali delle Regioni vadano integralmente rispettate e mi aspetto che vi siano degli emendamenti al decreto governativo che accolgano alcune loro proposte. Devo soggiungere però che questi discorsi in generale li sento da anni, dopo di che è giusto notare che alcune correzioni innovative sono intervenute solo a seguito della stretta finanziaria dei governi nel corso degli anni.
Scritto da Giuseppe Adamoli il 10/7/2012 alle 09:44
@Leonardo C. - E’ chiaro che il parametro letti-abitanti si giustifica innanzitutto con il bisogno di procedere a realizzare dei risparmi. L’applicazione di questo parametro deve essere demandata alle Regioni che dispongono dei dati necessari e sufficienti per un’opera “sartoriale” appropriata e di buon livello. Sulla specificità di Saronno nulla da eccepire, bisognerà tener conto del suo bacino di utenza interprovinciale. A questo riguardo, penso che il ridisegno delle aziende ospedaliere (oggi sono troppe) non sia più rinviabile. Ne avevamo parlato anche nella precedente legislatura regionale senza mai giungere ad un approdo sostanziale.
Scritto da Giuseppe Adamoli il 10/7/2012 alle 09:48
@Carlo - Vorrei intanto precisare ai lettori eventualmente un poco distratti che inorridisco anch’io quando sento la parola “smantellare” in campo sanitario. Al contrario, in passato avevo fatto la mia parte in Regione, insieme a tutta l’opposizione, contro lo “smantellamento” dei servizi sul territorio e la loro concentrazione (con riduzione) sugli ospedali. Precisato questo, sono del parere che alcuni piccoli ospedali debbano essere riconvertiti in strutture riabilitative, per le cure intermedie e per i cronici. Diceva ieri Sergio Harari sul Corriere che “non è sempre necessario avere una Tac sotto casa. Talvolta si può anche fare qualche chilometro”. E poi, qualche Azienda ospedaliera va pure “smantellata”. Ti pare congruo averne tre nella nostra provincia (Varese, Busto, Gallarate) con tre costosissimi vertici aziendali? La mia esperienza in Regione mi fa dire che il Decreto governativo (spero sia sostanzialmente migliorato dal Parlamento) sarà l’occasione per mettere mano al riorganizzazione della sanità anche in Lombardia, per esempio riducendo l’onere pubblico sulla sanità privata.
Scritto da Giuseppe Adamoli il 10/7/2012 alle 09:53
Gentile Adamoli, ogni scelta rimane possibile, considerando vantaggi e svantaggi. I punti 1) e 2) che riportavo, sono, dati alla mano, questioni fondamentali se si considera la Sanità. Se si ritiene che un sufficiente grado di salute (o addirittura la vita) dei cittadini non sia più un problema prioritario per il nostro Stato, e si ritiene che criteri economici astratti debbano prevalere sul rispetto per la vita umana, si può anche smantellare quel che ci pare.Cordiali saluti.
Scritto da Carlo il 10/7/2012 alle 10:09
Anche la Polverini, presidente del Lazio, minaccia la rivolta contro il governo per i tagli alla sanità. Sono i cittadini della sua regione che dovrebbero imbracciare i forconi contro di lei e tutti gli ex presidenti. Dai, Monti!.
Scritto da C Bartoli il 10/7/2012 alle 10:11
Aggiungo: mi chiedo cosa penserebbe Harari se un suo parente, magari in preda ad una grave reazione allergica generalizzata causata dalla puntura di una banale vespa, ci "lasciasse la pelle", a causa di un intervento tardivo di medici ed infermieri del p.s., magari perchè l'ambulanza ha tardato a portare il paziente in una troppo distante Struttura ospedaliera....Le medesime cose che ha scritto sul "Corriere"?
Scritto da Carlo il 10/7/2012 alle 10:28
Evangelina, ai tre presidenti del centrosinistra vanno aggiunti anche Caldoro (Campania), Polverini (Lazio), Vendola (Puglia), Cota (Piemonte), Zaia (Veneto) e Scopelliti (Calabria) oltre ovviamente al nostro Formigoni, che si sono fatti sentire su questa manovra che, di fatto, sconcerta e impaurisce perchè tocca un settore delicato. E' anche vero che, come dice Adamoli, questi discorsi vengono fatti da anni. Quindi, più che altro, non conta solo ciò che viene detto ma anche da chi. Errani e Rossi non sono proprio nessuno nel Pd, governano due Regioni storicamente "rosse". L'anno scorso erano di moda le proiezioni del federalismo in sanità dell'Istituto CERM. Per determinare gli standard di spesa sanitaria venivano analizzate le Regioni che negli ultimi anni avevano rispettato la programmazione e realizzato un equilibrio di bilancio oltre che erogare prestazioni di qualità. C'è poco da fare, le Regioni erano le solite, Emilia Romagna, Lombardia, Toscana, Umbria, Veneto, che venivano assunte come benchmark. @Billa, speriamo di no, anche se la Polizia di Stato, sotto il ministero Maroni, ha spesso denunciato di non avere la benzina per le volanti. L'anno scorso ero a Mazara del Vallo. Lì, le lenzuola da casa le portano già perchè non si fidano. Sto parlando di gente di ceto medio-alto.
Scritto da V.R. il 10/7/2012 alle 10:29
Formigoni ha dichiarato che la riduzione dei posti letto in Lombardia non è un tabù. Dovrebbe cominciare con i letti delle cliniche private pagati dalla Regione e cioè da tutti noi.
Scritto da Osvaldo il 10/7/2012 alle 10:52
Adamoli, non per metterti in difficoltà, ma ti chiedo cosa pensi del figlio del professor Dionigi che all'ospedale di Varese ha sostituito il caro papà come primario della Chirurgia Prima, la più prestigiosa di tutta la provincia. Un bell'esempio di imparzialità ospedaliera.
Scritto da Iscritto Varese il 10/7/2012 alle 11:00
Tolgano i finanziamenti al sud e alle regioni rosse che hanno dilapidato interi capitali ma non alla Lombardia, al Veneto e al Piemonte. Le regioni rosse hanno vissuto su una spesa grande che era stata tollerata per motivi politici ma qualcosa almeno hanno fatto.
Scritto da Leghista vero il 10/7/2012 alle 12:49
Per lo spread stanno mettendo a dura prova la tenuta assistenziale. La colpa non è certamente di Monti ma di chi aveva governato prima e tuttavia una maggior prudenza nell'uso dei tagli andrebbe usata selezionando bene ciò che va effettivamente tagliato per eliminare gli sprechi che debbono essere certamente tanti.
Scritto da Una Pd Brescia il 10/7/2012 alle 13:27
@Carlo, le tue riflessioni sono sempre pertinenti e fondate e la dialettica con te è utilissima ai tanti lettori che si trovano di fronte due letture diverse. E' l'ambizione di questo blog. Siccome un conto è il decreto sottoposto al Parlamento è un conto ben diverso è la sua applicazione da parte delle Regioni, avremo modo, spero, di confrontarci ancora per molto tempo. Permettimi una sola osservazione: leggendo i tuoi commenti da un bel pò di tempo mi è difficile pensare che tu ritenga che anche in Lombardia non ci sia spazio per spendere molto meno mantenendo il livello dei servizi.
Scritto da Giuseppe Adamoli il 10/7/2012 alle 14:43
@Iscritto Varese, conosco bene e da molto tempo il prof. Renzo Dionigi che ha portato un apporto importante all'ospedale e all'università di Varese quale primario e quale Rettore ormai in scadenza di mandato. Non conosco invece per niente il figlio e non so che curriculum abbia. Non dubito che sia buonissimo. Tuttavia la successione diretta nello stesso ospedale e nello stesso dipartimento ha sempre qualche contro indicazione. Se anche non c'è nessuna forma di nepotismo, il sospetto è sempre dietro l'angolo e se lo porteranno dietro per parecchio tempo. Di questo loro stessi debbono essere pienamente consapevoli. Rispondere sdegnati alle critiche sarebbe un errore.
Scritto da Giuseppe Adamoli il 10/7/2012 alle 14:48
Harari, riportato da Adamoli, sostiene che non debba necessariamente esserci una Tac sotto casa. Ha ragione. Le Tac dovrebbero essere installate solo negli ospedali anzichè a dismisura come accade ora. Chiudiamo, allora, i piccoli studi medici privati accreditati, di solito collocati in un quadrilocale di condominio, che non aggiornano i macchinari (e le relative radiazioni) e, a mio modesto giudizio, non forniscono certezze diagnostiche. Un'amica tendente al claustrofobico un giorno mi dice 'vado a fare la RMN a (comune in prossimità di Varese) presso il centro polispecialistico xyxy che ha il macchinario aperto'. Io l'ho raccomandata di preoccuparsi della bravura del radiologo più che della forma di un'apparecchiatura. Che la certezza scientifica e diagnostica prevalga sulla claustrofobia! Peccato che in molti ospedali anche della nostra provincia il servizio radiologico dedicato a Tac/Rmn sia disponibile solo per determinate ore al giorno (al San Raffaele di Milano dalle 8 alle19). Nelle altre ore funziona impunemente l’intramoenia (che evidenzia @Leonardo C.), alla quale, nel caso di esame strumentale, sembrerebbe esagerato ricorrervi. Anche se poi puntualmente accade. Tornando ad Harari, solo in questo senso accolgo le sue parole. Altrimenti, come direbbero gli inglesi, sta incorrendo in ‘a big misunderstanding’.
Scritto da eg il 10/7/2012 alle 15:08
Qualche criterio per ragionare ci vuole, d’accordo, e accordiamoci pure che il rapporto posti letto-abitanti possa essere un buon parametro. Ma lo è se viene declinato in rapporto anche alla specialità. Possiamo concordare che alcune necessitino di un elevato grado di complessità con pochi letti mentre altre di un elevato numero di posti letto? Ho poi un dubbio circa la realizzazione di una organizzazione a hub&spoke, che a me piace figurare come un sistema pianeta-satelliti. Il dubbio: riusciremo a evitare che la distinzione si tramuti in sanità di prima categoria e sanità gregaria in termini di qualità? Non solo dal punto di vista dei pazienti, ma anche da quello dei lavoratori.
Scritto da Nicoletta il 10/7/2012 alle 15:33
I dubbi di Nicoletta sono anche i miei dubbi. Mettere sistematicamente le eccellenze da una parte e la medicina gregaria dall'altra parte non credo sia giusto. L'integrazione non può essere concepitata fra livelli di qualità diversa ma solo fra specialità diverse tutte tendenti all'eccellenza. Attenzione alle teorie troppo perfette.
Scritto da Medico di base il 10/7/2012 alle 15:51
@V.R., speriamo che Milano e la Lombardia non diventino come Mazara del Vallo. Ovviamenre sto scherzando ma i tagli alla sanità mettono paura anche a me.
Scritto da Simona il 10/7/2012 alle 17:05
Apprezzabile la risposta sul boss Renzo Dionigi, chiara e senza reticenza.
Scritto da Ospedaliero il 10/7/2012 alle 17:42
@Carlo, condivido l’analisi ma se le sue argomentazioni lo portano ad affermare che è necessario mantenere inalterata la rete dei presidi lo invito ad una più approfondita riflessione tenendo presente che il costo delle cure è in continuo aumento e che con i tempi che corrono i conti devono tornare. Già oggi nei piccoli presidi i P.S. sono in realtà medicherie, in caso di crisi acute i mezzi di soccorso vanno nei centri più grossi dove è presente il dipartimento di emergenza urgenza, quindi non è forse meglio riorganizzare e potenziare la rete dell’emergenza (ad esempio mettendo un rianimatore su ogni mezzo di emergenza); Cura delle cronicità. È sbagliato pensare di caricare sugli ospedali la cura dei cronici, l’ospedale deve poter rispondere alle esigenze degli acuti, le altre tipologie hanno bisogno di intensità di cura differenti e soprattutto per i cronici, il più possibile vicino ai propri affetti e luoghi d’origine. Quindi è necessario rafforzare le specializzazioni ad alta intensità di cura depurando le strutture da un uso distorto, per essere chiari: gli anziani “abbandonati” nei reparti di medicina o nelle ortopedie, non devono più esserci. Questi casi hanno bisogno di strutture diverse o di assistenza domiciliare. Per trovare le risorse per rafforzare specialità, assistenza domiciliare e terapie di recupero, credo sia accettabile pensare a ridurre altre strutture;
Scritto da Lele il 10/7/2012 alle 17:43
Gentile Lele, non vorrei insistere eccessivamente, ma credo che si debba anzitutto, per fare una corretta analisi, partire dai dati di realtà. Purtroppo devo, per spiegarmi, affrontare aspetti tecnici, che come medico conosco, e quindi dovrò rinunciare alla sintesi. L'esempio che ho fatto, della reazione allergica generalizzata, dovuta ad una banale puntura di vespa, è stato da me utilizzato proprio per far comprendere che anche p.s., come scrive lei non particolarmente specializzati in situazioni cliniche complesse ("medicherie"), possono essere determinanti, quando più prossimi al domicilio del soggetto, nel "salvargli la pelle". Situazioni anche non troppo complesse clinicamente, e tranquillamente curabili con i mezzi dell'odierna medicina, se i sanitari intervengono in lieve ritardo possono esitare nel decesso del paziente. Questo è il punto, e vorrei fosse chiaro anche a tutti i lettori di questo ottimo blog (a tal proposito ringrazio Adamoli, i cui toni cortesi e garbati mi portano talvolta a partecipare a queste discussioni, che ritengo auspicabili nel reciproco rispetto: il turpiloquio, che spesso domina in internet, non mi è consono e non è utile a chicchessia). Sul problema degli anziani e delle loro patologie croniche vorrei essere altrettanto chiaro: non intendevo ovviamente auspicare dei "cronicari", o delle degenze interminabili. Tutto il contrario. Intendevo dire che gli anziani, anche quando autonomi ed autosufficienti, e quindi residenti nella propria abitazione, magari assistiti da una badante (e l'Italia ha e avrà una maggioranza della popolazione con tali caratteristiche), statistiche alla mano, presentano in media 2-3 patologie croniche, magari anche non particolarmente gravi, che però necessitano di una frequente assistenza ospedaliera (ricoveri brevi ma frequenti, per intenderci). Ora ripeto quanto detto: tale situazione che si prefigura nel presente e nel futuro del nostro paese necessita, per essere gestita, del cosiddetto "ospedale di prossimità". Il grande centro ospedaliero, specializzato nei grandi interventi, non è adatto per gestire tali situazioni sul territorio. Ovviamente concordo con Adamoli quando ritiene che alcuni reparti altamente specializzati non siano utili in tutte le strutture ospedaliere (lui infatti faceva l'esempio della moltiplicazione delle cardiochirurgie, e concordo con lui). Infatti ho fatto l'esempio, come reparti necessari, della medicina interna e geriatrica, a cui potrei aggiungere la psichiatria (per garantire una copertura psichiatrica sul territorio nelle situazioni d'urgenza) ed altri ancora. Insomma, sarebbe utile fare una cernita dei reparti indispensabili a garantire il benessere dei cittadini non certo chiudere gli ospedali. Cordiali saluti.
Scritto da Carlo il 10/7/2012 alle 19:57
Istruttiva questa discussione. Lo dico spesso ai capi e capetti del Pd di Pavia, imparate come si fa.
Scritto da Pd Pavia il 10/7/2012 alle 20:09
dottor carlo, dottor carlo, solo a leggerla mi è venuta una distonia neurovegetativa. io non vedo niente di buono da questa situazione. prima sopprimono gli ospedali, poi sopprimeranno anche noi. che ansia. in tutto questo ci mancava lo sciopero delle farmacie fissato per il 26 luglio. ridurranno la produzione di xanax? converrebbe a tutti fare una bella scorta prima di quel giorno.
Scritto da Billa il 10/7/2012 alle 21:24
Consiglio Adamoli di riprendere l'argomento fra qualche settimana. Oggi la situazione è ancora molto incerta. Interessante, da ultimo, il dialogo fra @Carlo e @Lele.
Scritto da C. Conti il 10/7/2012 alle 21:57
Già all'alba degli anni 2000 l'attuale Giunta aveva proposto una revisione dei presidi, in base agli indicatori elaborati la Provincia di Varese avrebbe visto la chiusura e riconversione del presidio di Angera, ritengo che anche oggi la dimensione delle riduzioni è in questa scala. Invito il sig. Carlo a valutarne l'opportunità anche nell'ottica dell'impossibilità di rinnovare e aggiornare tutti gli ospedali obsoleti ora esistenti.
Scritto da Lele il 10/7/2012 alle 22:21
@Lele, la coperta sanità non è diventata solo più corta, ma è ormai completamente lacera. In tema di servizi socio-sanitari a domicilio è notizia di oggi il taglio del servizio di Assistenza Domiciliare Integrata finora garantito dalle ASL. Un taglio ulteriore che si aggiunge all’azzeramento totale del fondo per le non autosufficienze, al mancato finanziamento dei voucher anziani per l’assistenza a domicilio da parte di familiari e badanti, per non parlare dell’impossibilità da parte dei Comuni di garantire servizi di trasporto e accompagnamento di anziani e malati cronici presso le strutture ambulatoriali e ospedaliere. In buona sostanza, la manovra del governo non è chirurgica, ovvero limitata alla lotta agli sprechi ed alle inefficienze. E’ piuttosto strutturale, nel senso che mette in discussione un sistema di servizi con il rischio obiettivo che il conto finale lo paghino ancora una volta i più deboli, come gli anziani, gli invalidi, i malati cronici, i portatori di disabilità, i minori e, più in generale, tutti i soggetti che vivono quotidianamente una condizione di fragilità sociale. Per questo, è inutile fantasticare nuovi modelli di organizzazione socio-sanitaria come la “Città della Salute” localizzata, guarda caso, proprio nell’area ex-Falck di Sesto San Giovanni (…), progettata dall’arch. Renzo Piano e sostenuta trasversalmente da tutte le forze politiche. E’ inutile prefigurare anche un modello incentrato sulla assistenza a domicilio che, proprio per i motivi che ho enunciato, oggi non è più all’ordine del giorno. Finora i Comuni hanno fatto da argine alle ondate di disagio sociale provocato dalla crisi e senza che mai, dal 2009 ad oggi, siano stati previsti finanziamenti ad hoc. Dopo le onde, lo tsunami è ormai prossimo.
Scritto da Leonardo C. il 10/7/2012 alle 23:30
@Ospedaliero, radiografa e dai i voti al tuo ospedale, invece di analizzare la risposta di Adamoli: senza reticenza, chiara, giallo paglierino, assenza di corpi chetonici e di cilindri cerei, epiteliali, eritrocitari, leucocitari, ialini.
Scritto da ospedaliera il 11/7/2012 alle 07:58
Archivi:
Ultimi post:
(12/6/2014 - 09:06)
(10/6/2014 - 11:29)
(8/6/2014 - 19:04)
(5/6/2014 - 12:08)
(28/5/2014 - 08:54)
(27/5/2014 - 09:40)
(26/5/2014 - 08:10)
(25/5/2014 - 09:04)
(24/5/2014 - 12:08)
(22/5/2014 - 17:23)