Ora è ufficiale. Nell’ultimo giorno della convention democratica a Denver Barack Obama ha accettato “con profonda gratitudine e grande umiltà” la nomination per la presidenza degli Stati Uniti d’America.
Acclamato da uno Mile High Stadium stracolmo e incoronato candidato da Hillary e Bill Clinton, Obama ha tenuto un discorso ispirandosi a Martin Luther King, John Kennedy, ma anche a Clinton. Il senatore dell’Illinois non si è perso in inutili fronzoli e promesse elettorali, ma ha chiarito quali saranno, in caso di elezione, i suoi obiettivi: fine della guerra in Iraq e conclusione della battaglia ai Taliban in Afghanistan, sanità accessibile a ogni americano, diminuzione le tasse alle imprese e alle famiglie, fine entro dieci anni della dipendenza degli Usa dal petrolio del Medioriente, investimenti in tecnologie pulite ed energie rinnovabili. Ha definito fallimentari gli otto anni di presidenza Bush e su McCain ha detto: “È tutto tranne che un indipendente”.
Insomma, Obama chiede agli americani sostegno, in cambio promette per il futuro un paese migliore di quello attuale.
Solo fra dieci settimane sapremo se il giovane candidato democratico avrà davvero la possibilità di far rivivere il “sogno americano”, se sarà il primo presidente afroamericano nella storia degli Usa.
Io lo spero. Sarebbe un bel segnale per l’America e per il mondo intero.

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