Fai vincere la lealtà verso i cittadini e verso il Paese.
Paolo Rossi   rossi_paolo@camera.it
inserito il 19/3/2008 alle 13:27

 

Legislatura 15º - Aula - Resoconto stenografico della seduta n. 177 del 26/06/2007
 
Seguito della discussione delle mozioni nn. 110 (testo 2), 114 e 117 sugli studi di settore
 
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Rossi Paolo. Ne ha facoltà.
ROSSI Paolo (Ulivo). Alla luce di quanto è stato detto e di quanto ancora il dibattito potrà dire, mi soffermerò brevemente su alcuni punti nodali che traspaiono dal testo della mozione sottoscritta da alcuni di noi.
Vi sono alcuni aspetti da elogiare, su altri devono essere mosse precisazioni. Da elogiare è, senz'altro, una politica fiscale che ha cercato di reintrodurre dei parametri di equità, a fronte di cambiamenti micro e macroeconomici; cambiamenti che tuttavia sollecitano uno sguardo d'insieme a più largo raggio sul mondo del lavoro di cui mai, come in quest'ultimo decennio, si è avvertita una decisa e persistente trasformazione.
È chiaro che una realtà frammentata e affatto particolare, com'è quella italiana, con significativi squilibri e disparità nell'ambito del territorio, nonché storicamente fondata su logiche corporativistiche, rende estremamente difficile quando non ardua, la realizzazione di un ampio progetto di riforme: le proteste di alcune categorie in merito al decreto Bersani o le difficoltà di risolvere l'annosa questione dei rifiuti in Campania rappresentano solo alcuni fra i casi emblematici di questi ultimi tempi.
Una politica che voglia davvero dirsi riformista è una politica dell'ascolto: capace di instaurare un rapporto virtuoso con la società civile, e dunque con il contribuente. Da qui non si scappa: il quadro generale non può che essere quello di un confronto aperto e costante con le categorie; cosa che fino ad oggi è avvenuta solo parzialmente. In tal senso, gli studi di settore possono costituire un passo in avanti, purché non venga meno la capacità di confronto e di ascolto. Il senso di malessere che si è generato nasce proprio dalle ischemie che si sono create all'interno del sistema di fiducia fra il cittadino e il Governo, non provocando quello scambio e quel confronto che sono gli unici elementi che possono garantire la solvibilità del rapporto.
In coscienza, non credo che vi sia oggi una questione settentrionale, ma è doveroso interrogarsi sulle ragioni che sottostanno al malessere che si è creato, in particolare al Nord, perché bollarle con superficialità e pressappochismo sarebbe un grave errore. Tali ragioni sono presto riassunte: gli studi di settore, di per sé, non sono buoni né cattivi. Essi possono essere considerati punitivi solo da chi non ha alcuna intenzione di pagare le tasse.
Il problema risiede, semmai, nei parametri ad essi legati. Si limitano a disegnare una griglia, una cartina invisibile che si sovrappone in termini economici alle singole realtà locali. Essi si fondano su una congruità, che deve essere passata al vaglio della coerenza. Ma perché possano rivelarsi strumento utile devono essere uno strumento duttile. La corsa di un autobus, da un capolinea all'altro, non acquista maggior senso nelle ore di punta quando è più affollato: ha lo stesso valore anche nelle corse notturne con pochi passeggeri a bordo. Si muove sulla stessa linea, compie le stesse fermate. Questo tragitto, questa mappa, che altro non sono gli studi di settore, va concordata con le imprese (quelle piccole-medie imprese, non mi si tacci di retorica nel rammentarlo, che hanno fatto negli anni la specificità e la ricchezza dell'azienda Italia), va concordata con il cittadino, con gli utenti.
È giusto e opportuno vagliare degli indici di normalità economica, e monitorarne nel tempo le eventuali oscillazioni, senza però perdere di vista le ascisse e le ordinate in cui detta curva variabile si inscrive, che restano congruità e coerenza. La nostra mappa deve avere punti di partenza e di arrivo condivisi, un itinerario certo, fondato su delle regole che non possono essere mutate frettolosamente o in itinere, rivedendo dei parametri che si tramutano nei fatti in un aumento puro e semplice del gettito fiscale.
Ma, oltre alla capacità di dialogo, c'è un'altra ragione del malessere diffuso su cui è opportuno interrogarsi. Ci vogliono regole chiare, ma anche equità di trattamento. Gli studi di settore costituiscono a loro modo una sorta di sconto per il contribuente virtuoso: se opportunamente regolati sono uno strumento a difesa e tutela degli onesti. In Italia, come ho già detto, non c'è una questione settentrionale: c'è una questione meridionale, purtroppo radicata nella storia del nostro Paese e tuttora lungi dall'essere risolta. E giusto che si vaglino misure adeguate alle singole realtà territoriali, ma è giusto altresì che la tutela degli onesti sia un principio effettivo su tutto il territorio nazionale.
Io provengo dall'estremo Nord, da una provincia, ai confini con la Svizzera, sufficientemente ricca come Varese, e so bene che i micronazionalismi e le culture particolaristiche non portano lontano, rimanendo schiave del malessere che cercano di esprimere. D'altro canto, non posso non domandarmi perché, tutto sommato, sono pochi i parlamentari della maggioranza o dell'opposizione meridionali che abbiano con intensità protestato contro gli studi di settore.
Questa è un'anomalia che in qualche modo va sanata, ma va sanata al di fuori dalle logiche, diremo così, ideologiche, metapolitiche o ancor più dalle facili strumentalizzazioni. Una maggiore equità fiscale e il ripristino della legalità non sono patrimonio del centro-sinistra o del centro-destra: sono una moneta buona, un obiettivo da raggiungere. Per tutti, a beneficio di tutti. Non di una parte. Se si vogliono cominciare a gettare le fondamenta di quel Paese nuovo e al passo coi tempi che l'Italia a ragione pretende di essere, è nostro compito fissare un'altezza dell'asticella. Non sarà il Governo a fissarla secondo parametri propri.
Dovremo decidere insieme, discutendo con l'opposizione e con le categorie interessate. Fissato il limite, però, non si può più venir meno agli impegni presi, da una parte e dall'altra. Questo è il senso ultimo della mozione in oggetto: stabilire delle regole, instaurare un rapporto di reciproca fiducia con il contribuente entro cui, e non a prescindere dal quale, operare maggiore controllo. Questo significa, secondo giusti principî, muovere una lotta costante contro l'evasione e avviare quella politica di riforme dalle fondamenta, di cui mai come oggi, a fronte di squilibri e disparità che si palesano, il nostro Paese ha un urgente bisogno.
 
Categoria: Economia
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