Ascoltare e lavorare insieme.
Stefano Tosi   tosi@tosi.it
inserito il 7/6/2011 alle 21:13

Ieri in Regione la commissione attività produttive ha svolto un lavoro di esame del comparto moda tessile ed abbigliamento. È emerso che nel 2009 il settore ha perso il 20% di fatturato. Nel 2011 si sta avendo una ripresa, ma si sono perse centinaia di imprese. Un danno pazzesco se pensiamo che Milano è nota nel mondo per la creatività degli stilisti, tanto da ospitare appuntamenti internazionali come Parigi e New York. L'industria e gli artigiani hanno capacità e qualità di lavoro uniche e riconosciute: quando le aziende chiudono non si perdono solo Pil e posti di lavoro, ma anche una tradizione che ha centinaia di anni e che difficilmente si potrà ricreare.
Dopo tanto parlare, la legge sul made in è ferma, anche oggi che l’Europa sta ragionando sulla tracciabilità dei prodotti: un brutto segnale che conferma come spesso il governo vada avanti solo a colpi di slogan.
Eppure, nel 2011, nel mondo si prevedono acquisti di prodotti di alta gamma per un valore di circa 185 miliardi. I marchi italiani, per essere competitivi, devono aumentare la loro fetta di mercato che oggi si aggira sul 30%. Ne va il destino delle nostre esportazioni. L'industria, con 1300 imprese, e la ricerca sono coinvolte per lo studio di nuovi materiali e trattamenti tecnologici. Le PMI affrontano la sfida della produzione e dell'internazionalizzazione. Per sostenere l'impegno regionale sul settore la Commissione ha chiesto alla Giunta di inserire il settore tessile nell'accordo di ricerca con il MIUR (che prevede stanziamenti per 120 milioni), di promuovere le reti di impresa del comparto, di recuperare le risorse residue dei bandi 2008 e 2009 , di ripristinare contributi per l'allestimento dei campionari, di promuovere la formazione per in giovani che intendono impegnarsi nel settore. Ci sono quindi temi su cui si può lavorare, ma non si può rimanere con le mani in mano. Perdendo anche questa scommessa.
 

Commenti dei lettori: 1 commento -
Settori strategici che non possono essere lasciati soli da una politica industriale che stenta a vedersi anche in altri settori. Grazie Stefano per la tua segnalazione e attenzione; il lavoro e le intelligenze che lo producono devono essere messe al primo posto nell'agenda politica.
Scritto da Michele di Toro il 8/6/2011 alle 06:39
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