Ascoltare e lavorare insieme.
Stefano Tosi   tosi@tosi.it
inserito il 26/1/2012 alle 19:23

La distanza tra i redditi più elevati e quelli bassi è aumentata. Di conseguenza, gli italiani che percepiscono un salario più basso stanno mettendo mano ai propri risparmi.
I dati che ci fornisce l’Istat non sono incoraggianti. Le retribuzioni contrattuali orarie di dicembre sono rimaste ferme a novembre. È vero, sono aumentate dell'1,4% su base annua, ma il valore tendenziale è il più basso dal marzo del 1999. Cosa che allarga la forbice tra l'aumento dei salari e il livello d'inflazione (+3,3%), che è arrivato a una differenza di 1,9 punti percentuali. Il massimo dall'agosto 1995.
L'aumento delle retribuzioni va a rilento, l'inflazione corre e la fiducia dei consumatori è ai minimi dal 1996.
Ritorna quindi la preoccupazione che avevamo a metà 2011. Quando, nel post pubblicato il 12 maggio scorso, avevo messo in luce come la retribuzione media di un italiano, quantificata in 25.155 dollari, fosse inferiore alla retribuzione media dell’Unione Europea, pari a 30 mila dollari.
Se i salari non sono sufficienti, bisogna agire riducendo la fiscalità sul lavoro. Ovvero riprendendo il percorso di riduzione del cosiddetto cuneo fiscale sul lavoro iniziato nel 2007 e interrotto dal governo Berlusconi.
La riduzione del peso si tradurrebbe in un maggior potere d’acquisto per i lavoratori, un aumento della competitività delle imprese e in una ripresa per l’economia italiana.
 

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