inserito il 17/2/2011 alle 13:02
o ormai provo un distacco così profondo dalla mistificazione e dall’uso ingiurioso della comunicazione da sentirmi offeso. In effetti, le remunerazioni dei manager delle banche, delle assicurazioni, delle finanziarie e delle grandi imprese hanno ripreso a correre in grande stile. Non si tratta di poca cosa e basta guardare agli Stati Uniti: nel 2010 i redditi dei manager delle società americane quotate in borsa sono arrivati a 135 miliardi di euro, un record storico e una fetta sempre più importante del reddito distribuito che per il resto degli americani invece è diminuito. La crisi ha quindi riguardato altri: i disoccupati vecchi e nuovi, le aziende che hanno chiuso, chi non ha trovato lavoro, compresi i lavoratori della Chrysler che hanno accettato di dimezzare il loro reddito per difendere l’occupazione e le prebende di Marchionne.
E’ la conferma che è stata perduta, almeno per ora, l’occasione di mettere ordine nella scala dei redditi che ha perso ogni ragionevolezza, compreso il rapporto con i risultati aziendali. Nel pieno della crisi finanziaria gli Stati hanno dovuto sborsare molti quattrini per salvare il sistema bancario e si sono indebitati al punto da essere a loro volta bersaglio della speculazione finanziaria e quindi costretti a tagli e provvedimenti di riduzione della spesa che hanno pesantemente impoverito, gravando sulla parte più debole della società. La società, a partire dall’Italia, oggi è ancora più diseguale, la differenza tra i redditi è diventata ancora più forte e la ricchezza è ancora di più concentrata nelle mani di una fascia ristretta. Ma Berlusconi e Tremonti non si sono chiesti perché la domanda e i consumi ristagnano malgrado gli appelli ridicoli che incoraggiano all’aumento dei consumi. La domanda e i consumi non riprendono e il sentiero di sviluppo dell’Italia resta inesistente anzitutto perché il reddito è mal distribuito, mentre il debito pubblico è già aumentato in meno di 3 anni della cifra mostruosa di 200 miliardi di euro, nonostante si sia surgelato tutto: investimenti, scuola e formazione e spesa sociale. Oggi abbiamo - purtroppo - la certezza che dopo una vita di precarietà nel lavoro i futuri pensionati saranno troppo poveri, non in grado di sostenersi con le pensioni e quindi si creerà un bisogno di sostegno sociale pubblico insostenibile per le finanze pubbliche italiane.
Questo Governo è un danno per l’economia italiana e per il futuro degli italiani. Ma c’è qualcuno, anche a sinistra, che, a distanza di pochi giorni dalla sferzata magnifica delle manifestazioni delle donne, guarda con interesse a Tremonti o a Maroni premier. Sarò un po’ rigido…ma stiamo andando fuori di testa? Categoria: Economia
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