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			 inserito il 29/9/2008 alle 12:28 
				
 Più la crisi bancaria americana rivela tutta la sua gravità, più prende forma un singolare riflesso mediatico-culturale. Numerosi analisti e commentatori - che tuttora si auto-identificano in via esclusiva come “liberisti”, come se all'alba del XXI secolo tutti gli altri fossero sostenitori del “gosplan” - sembrano meno interessati alle cause e agli effetti reali del collasso di Wall Street e sul suo contagio globale, che a una pretesa guerra ideologica scatenata contro i principi del libero mercato. Esemplare tra tutti è stato l'editoriale-manifesto del Financial Times “In difesa del libero mercato”: il vero dramma di questa crisi non sarebbe l'enorme eredità di perdite finanziarie per singole persone o intere collettività; non è la distruzione di interi settori del mercato finanziario e di un bene pubblico delicatissimo come il “credito”; non è neppure il rischio indotto di una lunga recessione e quindi di una più generale instabilità internazionale. No, il pericolo vero è che «i politici» (e in senso lato tutti coloro che svolgano riflessioni critiche su quanto è avvenuto) «traggano le conseguenze sbagliate» e chiedano correzioni agli abusi del libero mercato che fin d'ora scandalizzano i “liberisti” ben poco scandalizzati dallo tsunami di Wall Street.   Sono loro i nemici del libero mercato, anche se quello che è accaduto a Wall Street e continua ad accadere a Washington appare sempre più un gigantesco tradimento dei principi autentici della libertà di mercato: a) la concorrenza come selezione positiva per il merito e negativa per la proverbiale “moneta cattiva”; b) l'assunzione del rischio individuale e la responsabilità personale come premessa di un lecito arricchimento privato; c) la neutralità proprietaria e fiscale dello Stato rispetto alle attività imprenditoriali sul mercato; d) l'“integrità”, il rispetto delle regole condivise come elemento fondativo della libertà di mercato e il rifiuto dell'azzardo morale come vantaggio competitivo.   Categoria: Idee e proposte, Economia 
				
				
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