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inserito il 4/3/2009 alle 18:20

 

PROGETTO DI LEGGE N. 0300
 
di iniziativa dei Consiglieri:
Valmaggi, Oriani, Fabrizio, Ferretto Clementi, Viotto, Mirabelli, Benigni, Pizzetti, Porcari, Concordati, Civati, Cipriano, Gaffuri, Tosi, Galperti, Prina, Sarfatti, Squassina A., Adamoli, Spreafico.
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Istituzione del fondo regionale di finanziamento per le Case delle Donne,
 servizi e Centri antiviolenza delle donne
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PRESENTATO IL 05/03/2008
 
 
 
 
ASSEGNATO IN DATA       06/03/2008
 
ALLE COMMISSIONI          REFERENTE            II
                                               CONSULTIVA         I        
 
ALTRI PARERI                      Commissione Pari Opportunità 
 
                                       


 
 
 
RELAZIONE
 
Con la risoluzione 54/134 del 17 novembre 1999 l’Assemblea Generale dell’ONU ha stabilito che ogni atto di violenza contro il sesso femminile che arrechi o sia suscettibile di arrecare pregiudizio o sofferenze fisiche, sessuali o psicologiche alle donne, nonché la minaccia di eseguire tali atti, la costrizione o la privazione arbitraria di libertà, tanto nella vita pubblica quanto nella vita privata, costituisce “violenza contro le donne” e rappresenta uno dei principali meccanismi sociali per mezzo del quale le donne vengono mantenute in condizioni di inferiorità rispetto agli uomini. A tale proposito l’invito rivolto agli Stati nazionali è quello di definire azioni di contrasto del fenomeno.
 
Il fenomeno della violenza ha dimensioni di grandi proporzioni e non conosce confini, né differenze di classe, di etnia, di cultura, di religione o di appartenenza politica e i dati stanno a dimostrarne la vastità e la diffusione.
 
In Lombardia il fenomeno assume un peso rilevante, in particolare nelle aree urbane, non solo per quanto riguarda i fatti più eclatanti riportati dalla cronaca, ma anche e soprattutto, come testimonia l’esperienza quotidiana dei centri antiviolenza, da una recrudescenza di quelle “violenze invisibili” che si consumano fra le mura domestiche.
 
Combattere la violenza, quindi, significa, non solo reclamare maggiore sicurezza nelle strade e nei luoghi pubblici, ma soprattutto provvedere adeguate risorse per progetti di prevenzione, formazione, accoglienza, assistenza, ascolto, controllo, anche allo scopo di produrre un cambiamento nella cultura che produce violenza, principio guida che sta alla base dell’impegno, ormai quasi trentennale della rete delle Case delle Donne, Servizi e Centri antiviolenza delle donne diffuse in modo capillare su tutto il territorio lombardo.
Per questo il PdL qui presentato, non si propone un’azione di sostegno indifferenziata, bensì, nel dare il giusto riconoscimento e l’adeguato sostegno pubblico, alle Case delle Donne, Servizi e Centri antiviolenza, si afferma in modo inequivocabile il diritto di ogni donna ad essere accolta da altre donne che hanno lungamente maturato un’esperienza basata sulla cultura, la solidarietà, e le libertà femminili.
 
Il PdL, che ribadisce nei principi e nelle finalità questa visione dinamica delle politiche contro la violenza sulle donne, stabilisce i tratti dell’azione delle Case delle Donne, Servizi e Centri antiviolenza che, nell’avvalersi di competenze formate nelle pratiche dell’accoglienza, è finalizzata ad assicurare in assoluta autonomia di metodo e di gestione, sostegno e solidarietà ad ogni singola donna.
 
L’art. 3, specifica il tipo di attività svolte dalle strutture, riconoscendo anche le nuove forme di violenza come lo stalking ed il traffiking e la necessità che ogni tipo di violenza debba essere denunciata pubblicamente.
 
L’art. 4 tratta dei rapporti con le istituzioni, delle convenzioni e delle altre forme di supporto volte a garantire la continuità dell’attività e l’istituzionalizzazione delle Case delle Donne, Servizi e Centri antiviolenza, inserendoli tra le strutture facenti parte della rete dei servizi territoriali.
 
Infine, l’art. 5 ha come oggetto la costituzione di un Fondo regionale di finanziamento dell’attività delle Case delle Donne, Servizi e Centri antiviolenza che abbiano svolto attività sul territorio regionale da almeno 5 anni.
 
 
 
 
 
 
 
 
Istituzione del fondo regionale di finanziamento per le Case delle Donne, Servizi e Centri antiviolenza delle donne
 
Articolo 1
(Principi)
 
1.    La Regione Lombardia, coerentemente con i principi contenuti nella Carta Costituzionale, con quanto previsto dalle risoluzioni dell’Organizzazione delle nazioni unite, dell’Organizzazione mondiale della sanità e dei programmi dell’Unione Europea, dalla legislazione nazionale vigente riconosce che ogni grado di violenza contro qualunque essere umano costituisce un attacco all’inviolabilità della persona ed alla sua libertà. Alle vittime di violenza è assicurato il diritto ad un sostegno temporaneo per consentire loro di ripristinare l’inviolabilità e di riconquistare la libertà.
La Regione, raccogliendo quanto indicato dalla circolare europea 293/2007, dalla “Dichiarazione sull’eliminazione della violenza contro le donne delle Nazioni Unite del 1993” e in base a quanto contenuto nella decisione 803/2004/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 21 aprile 2004:
a)    riconosce che la violenza fisica, sessuale e psicologica contro i bambini, i giovani e le donne, ivi compresa la minaccia di tali atti, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà, sia nella vita pubblica che nella privata, lede il loro diritto alla vita, alla sicurezza, alla libertà, alla dignità, all’integrità fisica ed emotiva e costituisce una minaccia grave per la salute fisica e psichica delle vittime di tale violenza;
b)    condanna tutti i tipi di violenza contro le donne;
c)     persegue con tutti i mezzi appropriati una politica di eliminazione della violenza contro le donne.


 
Articolo 2
(Finalità)
 
  1. Al fine di garantire adeguata solidarietà, sostegno e soccorso alle vittime di violenza e maltrattamenti sessuali, psicologici, fisici ed economici, la Regione riconosce e valorizza i modelli culturali della solidarietà e l’ospitalità autonoma e autogestita basata sulle relazioni tra donne, attraverso il sostegno, la promozione, la messa in rete e l’istituzione di case e centri destinati all’accoglienza, all’ospitalità o alla residenza temporanea, di centri di ascolto, di accoglienza, di consulenza legale e psicologica, di raccolta dati, di informazione e di ricerca, di servizi di sostegno rivolti prioritariamente a donne in difficoltà, di seguito nominati Case delle Donne, Servizi e Centri antiviolenza delle donne.
 
  1. Le Case delle Donne, Servizi e Centri antiviolenza delle donne - gestiti esclusivamente da donne e associazioni di donne che agiscono senza fini di lucro e si avvalgono di competenze appositamente acquisite e maturate nelle pratiche e nell’esperienza - sono autonomi nelle metodologie, nei progetti, nella gestione e nelle modalità di rapporto con le istituzioni pubbliche o private, assicurano sostegno e solidarietà ad ogni donna, quale che sia la sua etnia, religione, cittadinanza, luogo di provenienza e di residenza, condizione sociale.
 
 
Articolo 3
(Attività delle Case delle Donne,
Servizi e Centri antiviolenza delle donne)
1.    Le Case delle Donne, Servizi e Centri antiviolenza delle donne si avvalgono di competenze umane e professionali di donne appositamente acquisite e/o maturate nella pratica e nell’esperienza della prevenzione, dell’accoglienza e della mediazione -in casi di violenza intra ed extra familiare alle donne, anche in età minore, (fisica, psicologica, sessuale, economica, stalking, traffiking) e di violenza assistita, in qualsiasi forma essa si esprima- allo scopo di:
a) offrire solidarietà e accoglienza ad ogni donna che ad essi si rivolga, anche se non ancora in regola con le leggi vigenti, che abbia subito violenza, o molestie fisiche o psicologiche;
b) fornire aiuto per superare i danni morali e materiali conseguenti alle violenze e agli abusi subiti;
c) fornire soccorso, sostegno, assistenza, nonché consulenza legale e psicologica;
d) svolgere attività di formazione e aggiornamento di operatrici e operatori sociali, culturali e istituzionali;


 
e) raccogliere, analizzare e diffondere dati statistici relativi alla condizione delle donne e dei minori maltrattati emersi dai colloqui e dalle denunce presentate;
f) svolgere attività di prevenzione, pubblicizzazione, sensibilizzazione e denuncia del problema della violenza contro le donne e i minori, anche in collaborazione con altri enti, istituzioni ed associazioni;
 
g) predisporre progetti di uscita dalla violenza;
 
h) individuare particolari percorsi di protezione per le donne straniere che escono dalla violenza, per favorirne la regolarizzazione e l’accesso al lavoro.
 
  1. Le Case delle Donne, Servizi e Centri antiviolenza delle donne si impegnano a garantire alle donne anonimato e segretezza e intraprendono azioni che le riguardano solo con il loro consenso.
 
  1. Le Case delle Donne, Servizi e Centri antiviolenza delle donne si impegnano a lavorare affinché le singole donne che decidono di denunciare pubblicamente i danni subiti dalla violenza non vengano strumentalizzate dai mass media.
 
 
Articolo 4
(Rapporto con le istituzioni e altri organismi)
 
  1. La Regione, di concerto con province e comuni, sostiene l’attività dei centri e delle case delle donne e ne favorisce la creazione di nuovi.
 
  1. Le Case delle Donne, Servizi e Centri antiviolenza delle donne, anche in collaborazione con i servizi sanitari e sociali operanti nel territorio offrono i servizi di cui all’art. 3.
 
  1. L’ammissione alle strutture dei centri e delle case delle donne è gratuita; ciascuna si dota di un regolamento in cui sono definiti i rapporti di accoglienza per le donne e i loro bambini finche non sono in grado di rientrare nella vita normale.
 
  1. Gli indirizzi delle Case delle Donne, Servizi e Centri antiviolenza delle donne sono pubblici e adeguatamente resi noti con campagne pubblicitarie anche relative alle attività; i recapiti delle strutture residenziali sono invece coperti da segreto.


 
  1. Le Case delle Donne, Servizi e Centri antiviolenza delle donne mantengono costanti e funzionali rapporti con le strutture pubbliche cui competono l’assistenza, la prevenzione e la repressione dei reati (pronto soccorso, Carabinieri, Polizia di Stato, Procura della Repubblica, Tribunale dei minori, Giudici di sorveglianza), con i servizi socio-sanitari territoriali, comunali e provinciali (consultori, ASL, servizi psichiatrici e di assistenza legale nonché strutture scolastiche anche con appositi protocolli da definire).
 
  1. L’attività delle Case delle Donne, Servizi e Centri antiviolenza delle donne è assicurata, previe deliberazioni, anche da province e comuni, singoli o associati, che autorizzano la stipula di convenzioni con organismi e/o associazioni che perseguono le finalità indicate nella presente legge.
 
  1. Le Case delle Donne, Servizi e Centri antiviolenza delle donne, sulla base delle convenzioni stipulate, redigono ogni anno una relazione sull'attività svolta agli enti locali di riferimento siano essi singoli o associati che si faranno carico di trasmetterne copia all’Assessorato regionale competente.
 
  1. La Regione, le province e i comuni possono individuare nell’ambito del proprio patrimonio immobili da destinare, in comodato d’uso e senza oneri per le Case delle Donne, Servizi e Centri antiviolenza delle donne.
 
  1. La Regione e le province concedono, ai comuni che ne fanno richiesta, contributi per la ristrutturazione e l’adeguamento degli immobili, compresi quelli confiscati alla criminalità organizzata, da destinare ai centri e alle case delle donne.
 
 
Articolo 5
(Finanziamento)
 
  1. Ai fini dell’attuazione della presente legge, è istituito, un Fondo regionale destinato al finanziamento delle attività e degli interventi le Case delle Donne, Servizi e Centri antiviolenza delle donne, che dimostrino di avere svolto esclusivamente attività sul territorio regionale per un periodo non inferiore ai cinque anni.
 
  1. Al fondo di cui al comma 1 confluiscono anche le risorse eventualmente trasferite dal Fondo nazionale di cofinanziamento.
 
  1. Le modalità di ripartizione del fondo tra regione, province e comuni, saranno stabilite da apposito regolamento da approvarsi entro novanta giorni dall’entrata in vigore della presente legge.
 
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