Era l'11 dicembre scorso quando, in un post dal titolo “Carte, pagamenti e servizi”, avevo parlato dell'imminente aumento delle transazioni di denaro automatizzate e della conseguente necessità di ridurre i costi per i servizi bancari, specialmente per i pensionati a minor reddito.
Quel giorno le banche italiane si erano dette disponibili a ragionare sulle misure del governo, pur puntualizzando che gli istituti di credito sarebbero stati contrari a fornire gratuitamente servizi che per loro hanno un costo. Ci trovavamo davanti a uno scenario tutto da definire, che era anche un'occasione di fare chiarezza sul costo dei servizi bancari e sulla loro trasparenza.
Non è infatti più possibile pagare in contanti importi superiori a mille euro, cosa che aumenta notevolmente le transazioni bancarie.
Oggi, a poco più di due mesi di distanza, vediamo che le banche non hanno accettato la sfida di differenziare i servizi e i costi per gli utenti. Protestano infatti gli istituti di credito e lo fanno proprio per l'azzeramento delle spese di apertura e gestione dei conti correnti rivolti ai pensionati con assegni fino a 1.500 euro.
In Italia i pensionati sono 16,7 milioni, di cui 9 milioni percepiscono l'assegno pensionistico sul conto corrente bancario. I costi medi di un conto corrente ammontano a 110 euro euro e le banche stimano in 1 miliardo di euro all'anno l'impatto della manovra sui bilanci.
Durante la prossima settimana, quando è atteso il voto sulla legge da parte del Parlamento, si saprà chi tra banche e parti sociali l'avrà avuta vinta. Mi auguro che a prevalere non sia il buon senso e non il più forte.