Un grafico al giorno leva lo spread di torno
Mario Agostinelli   agostinelli.mario@gmail.com
inserito il 9/6/2009 alle 12:23

Nell’ondata di euroscetticismo che connota l’esito delle europee, il caso italiano ha connotati propri, interessanti da mettere a fuoco. Mentre si ripeteva che PD e PDL siederanno da protagonisti nell’emiciclo che rappresenta i 27 Paesi dell’Unione, la campagna con cui sono stati eletti i nostri parlamentari veniva indirizzata altrove. Che l’Unione non sia più attraente come un tempo si conclama a destra e si sussurra a sinistra. A destra sono sempre più evidenti i paladini delle prerogative nazionali di fronte ad un processo di integrazione vissuto con fastidio. A sinistra crescono le insofferenze verso un’Europa sempre più mercato e sempre meno sociale. Ma mentre la destra proietta sull’Europa le proprie paure e fobie, cercando di imporre il concetto escludente di “fortezza” per i nativi e, quindi, puntando al governo del Parlamento di Strasburgo per snaturarne la funzione fin qui avuta, alla sinistra preme di contrastare il liberismo della Banca e della Commissione Europee, e, quindi, di organizzare l’opposizione nelle sedi “ostili” di Bruxelles. In Italia, in fondo, sono le destre che si sentono in questo momento più europee, mentre le sinistre prendono le distanze da un obiettivo ancora popolare, ma non più condiviso nella sua concreta realizzazione. In mezzo, il PD, l’IDV e l’UDC, che ancora non sanno in quali gruppi parlamentari confluiranno, ma, disinteressati al contesto europeo, sono ossessivamente dipendenti, con maggiore o minore durezza, dall’agenda imposta da Berlusconi. Le elezioni europee finiscono pertanto col parlare un dialetto nazionale, impostato sul lessico e la sintassi dello schieramento politico più conservatore e meno disponibile al cambiamento. Si arriva così al paradosso di assistere all’esplosione della Lega, all’implosione della sinistra di alternativa, al continuo declino del PD, quasi fosse normale proprio nel tempo in cui Obama trasforma l’immaginario americano e nel momento in cui la crisi, che è contemporaneamente ecologica, finanziaria e sociale, esige ricette opposte a quelle che hanno portato ad una “crescita malata”, come Loretta Napoleoni definisce la deriva di questo ultimo decennio. Questo accade perché abbiamo trattato le elezioni europee come un regolamento di conti interno, con le sinistre in lotta competitiva e fratricida, il PD che continua a non essere un partito e a dimagrire, pur cannibalizzando e sterilizzando la sua sinistra, con il 13% di cittadini che vota ma non ha rappresentanza, con il 38% di elettori che sta a casa e, infine, con il “contenitore” Di Pietro che raccoglie tutto quanto vorrebbe ritornare alla politica, ma si sente minacciato e scoraggiato dalla protervia di Berlusconi, ancor più che dalla mancanza di programmi convincenti. Io penso che siamo lontani dalla stabilità e che viviamo una fase di transizione difficile, con una dinamica ancora imprevedibile, in cui si può passare dall’opposizione al governo in tempi sorprendentemente stretti. Per questo annoto tutte le contraddizioni del risultato elettorale e penso che gli equilibri locali attuali non reggeranno nel contesto europeo e mondiale cui saranno esposti. Con buona pace di Bossi e Di Pietro, che pensano che il loro dialetto sia diventato lingua universale.

Categoria: Idee e proposte
Commenti dei lettori: -
Archivi:
Ultimi post:
(23/5/2012 - 12:46)
(22/5/2012 - 11:37)
(21/5/2012 - 14:41)
(18/5/2012 - 10:23)
(17/5/2012 - 14:09)
(16/5/2012 - 13:10)
(15/5/2012 - 12:05)
(13/5/2012 - 22:00)
(11/5/2012 - 18:35)
(10/5/2012 - 13:50)