“Il silenzio uccide come la mafia” diceva dai microfoni di Radio Aut Peppino Impastato che 30 anni fa combatteva Cosa Nostra cento passi lontano dalla casa del suo omicida Tano Badalamenti. Un eroe amato dei nostri tempi, Peppino, ucciso dalla mafia come Borsellino e Falcone, e oggi ancora purtroppo vittima della rozzezza e dell’ignoranza del sindaco leghista di un paese della bergamasca – Ponteranica – balzato al rumore delle cronache per il tentativo di cancellazione della memoria del ragazzo di Cinisi , rimpiazzato strumentalmente da uno sconosciuto prete locale sulla targa della biblioteca a lui in precedenza dedicata. Settemila persone, giovanissimi per lo più, hanno spezzato il silenzio connivente su cui contava l’affondo della Lega, appoggiato addirittura dal viceministro Castelli, e reso inquietante dal taglio notturno di un ulivo piantato durante la settimana della pace dello scorso anno, come a voler lanciare in bergamasco un messaggio mafioso capovolto. Hanno sfilato inaspettatamente in moltissimi, con palloncini bianchi, invadendo le stradine della Val Brembana con allegria e coraggio: con loro ci sono tutti i cittadini che vivono con civiltà e determinazione la lotta per la libertà, per la dignità, per il ricordo e la trasmissione dei valori per cui si può arrivare perfino a morire. Non lasciamoci sopraffare da un senso comune che a volte porta al silenzio: la Lombardia è regione di straordinarie tradizioni di cui andare orgogliosi e non si può far rappresentare da rabberciati oscurantisti che ne stravolgono la storia e la cultura. Mentre non si sciolgono i comuni infiltrati di Paternò e di Fondi, si lancia lo scudo fiscale come amnistia per gli spacciatori e i trafficanti di armi e rifiuti tossici, si cala il silenzio sul fratello di Borsellino che accusa lo stalliere di Berlusconi di non aver mai accudito ai cavalli, il fiume di uomini e donne lombardi che ha sfilato a Ponteranica è un segnale di vitalità che aiuta a credere nella gente comune che ci sta intorno.