Un grafico al giorno leva lo spread di torno
Mario Agostinelli   agostinelli.mario@gmail.com
inserito il 1/11/2009 alle 07:14

Riporto una corrispondenza di un amico da Montevideo. Così come la migliore definizione che il Canada ha dato di sé è di non essere come gli Stati Uniti, all’altro capo dell’emisfero, l’Uruguay si vanta di non essere l’Argentina. Maradona e le sue oscenità risulterebbero insolite a Montevideo. E così, anche i politici che si battono per conquistare uno scranno in uno dei palazzi legislativi più belli del mondo, così come i candidati a presidente, sembrano piuttosto i sindaci di un municipio di provincia, soprattutto il leader del Frente Amplio, l’ex tupamaro  Con baffi e capelli brizzolati da modesto possidente o bottegaio del negozio dietro l’angolo, il candidato a successore di Tabaré Vázquez sembra sentirsi più a suo agio quando riceve gli amici per un mate insieme alla moglie Lucía Topolansky nel patio della sua casa semirurale. Al primo turno non ha raggiunto il 50% ma è il favorito per salire alla presidenza al primo turno.
Lo sfida l’ex presidente Luis Alberto Lacalle (1990-1995). Dirigente del Partido Nacional (o “Blanco”), chiacchierone veterano della politica uruguaiana con buoni legami internazionali con i suoi consimili conservatori nelle Americhe e in Europa. Il “ballottage”, secondo il delizioso gallicismo locale è previsto per il 29 novembre. Bianchi e colorati sono accusati dal Frente di essere ramificazioni dello stesso conservatorismo. Sommando i consensi, la matematica può dare un ottimo punteggio a Lacalle, se riesce a convincere gli indecisi e i colorati rassegnati, che non vorrebbero vedere ex guerriglieri al potere, che porterebbero avanti le politiche progressiste del governo di Vázquez.
In ogni caso, la campagna è dominata da un certo miglioramento dell’economia e da indicatori sociali che favorirebbero la permanenza della sinistra al potere. In cinque anni, l’economia sarebbe cresciuta di un 30 per cento, fatto insolito per il subcontinente. Mentre all’inizio del decennio la disoccupazione era al 20 per cento, oggi si attesta intorno al 7. Quasi sicuramente un ex tupamaro guiderà l’Uruguay e affiancherà i presidenti progressisti di Brasile, Argentina, Ecuador, Cile, Bolivia, Venezuela, Paraguay. L’America Latina ha svoltato e non è più il “cortile di casa” degli Stati Uniti.
Intanto però il 25 Ottobre il popolo calcistico dell’Uruguay è precipitato nello sconforto: in un altro “ballottage”, il ripescaggio nelle qualificazioni ai Mondiali di calcio, c’è stata la sconfitta con la dubbia Argentina. Ma se perdessero anche contro il Costa Rica, gli uruguayani non dovranno vergognarsi delle oscenità di Maradona. Perfino in questo si distinguono dagli argentini.

Categoria: Idee e proposte
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