| 
			 inserito il 2/11/2009 alle 07:20 
				Nel sistemare vecchi libri di scuola – le mie medie cinquanta anni fa’ – ho ritrovato una antologia con alcuni testi di un grande poeta, Giovanni Pascoli, attento alla società che si muoveva e soffriva intorno a lui. Ho pensato così di riprodurre, nella chiacchierata giornaliera su Varesenews, parti di suoi sonetti rivolti ai connazionali che espatriavano e attraversavano pieni di speranze mari sconosciuti, come capita oggi a turbe dalla pelle scura che varcano senza cibo il canale di Sicilia. Ed ho pensato, naturalmente, a come i pronipoti degli Italiani di allora si siano indegnamente dimenticati di quel dolore e di quella umanità disperata.  XII 
……hanno un po’ più fardello 
che le rondini, e meno hanno di fede. 
Si muove con un muglio alto il vascello. 
Essi, in disparte, con lo sguardo vano, 
mangiano qua e là pane e coltello. 
E alcun li tende, il pane da una mano, 
l’altro dall’altra, torbido ed anelo, 
e al patrio lido, sempre più lontano 
e più celeste, fin che si fa cielo. 
XIII 
Cielo, e non altro, cielo alto e profondo, 
cielo deserto. O patria delle stelle, 
o sola patria agli orfani del mondo 
da: Italy , in Primi Poemetti, 
G. Pascoli, 1904, 
Categoria: Persone 
				
				
			 | 
		
		
			
			 
						
						
			Archivi: 
					Ultimi post: 
					
				(23/5/2012 - 12:46) 
				(22/5/2012 - 11:37) 
				(21/5/2012 - 14:41) 
				(18/5/2012 - 10:23) 
				(17/5/2012 - 14:09) 
				(16/5/2012 - 13:10) 
				(15/5/2012 - 12:05) 
				(13/5/2012 - 22:00) 
				(11/5/2012 - 18:35) 
				(10/5/2012 - 13:50) 
				 |