Un grafico al giorno leva lo spread di torno
Mario Agostinelli   agostinelli.mario@gmail.com
inserito il 15/11/2009 alle 07:56

Ho avuto la scorsa settimana l’occasione di un breve viaggio in Eritrea, un Paese intenso, dai molteplici volti. Ma anche un paese straziato da tre grandi flagelli, i cambiamenti climatici, la guerra, la dittatura. Le siccità che si sono susseguite hanno lasciato ferite imponenti: i terrazzamenti che ospitavano coltivazioni e che percorrevano i balzi che dall’altopiano scendono all’Oceano sono ora abbandonati o solcati per un solo magro raccolto da aratri di legno che sollevano una polvere rossiccia. Il paese è stato stremato dalla guerra di liberazione del 1990 contro l’Etiopia, ma dopo la guerra la politica disastrosa della dittatura ha peggiorato ulteriormente la situazione. IL PIL annuo procapite è 300 USD (quintultimo al mondo). Ad Asmara, la capitale, si respira aria italiana: l’assetto urbanistico è infatti improntato al razionalismo degli edifici costruiti in epoca fascista. Se si passeggia nei quartieri del centro, sembra di essere in un quartiere romano di oltretevere: stessa architettura, stessa luce, stessi colori. Alcuni bar e cinema del centro hanno conservato i nomi dell’epoca coloniale. Ci sono ancora insegne di molti negozi italiani e spaghetti e lasagne sono nei menu di quasi tutti i ristoranti. Anche il clima qui è clemente: Asmara si trova su un altopiano, a 2300 metri di altezza e gode tutto l’anno di un clima gradevole. Purtroppo a causa del servizio militare a tempo indeterminato , non ci sono molti giovani in giro; la povertà qui non si nota ancora, c’è movimento al mercato e i bar, ben forniti, sono frequentati e pare che le rimesse degli immigrati siano la fonte di sostentamento di molti Eritrei. Ma Asmara non è l’Eritrea. Basta uscire dalla capitale e tutto cambia:ben presto alle graziose casette coloniali si sostituiscono baracche costruite con vari materiali assemblati o villaggi di tucul dai tetti di paglia, in cui uomini e animali di ogni taglia convivono in assoluta promiscuità. Gli Eritrei sono miti e pur se affaticati da una vita davvero difficile, hanno volti che esprimono sempre grande dignità. Keren è una città completamente diversa da Asmara; sopravvivono anche qui costruzioni fascinose dell’epoca coloniale, ma la povertà è più evidente e si respira un’aria diversa: qui siamo decisamente in Africa, come indica il pittoresco mercato dei dromedari e degli animali di allevamento, che richiama centinaia di persone che contrattano prezzi e fanno scambi. A Keren, al contrario di Asmara a maggioranza Copta, la cultura musulmana è prevalente, anche se in Eritrea le varie religioni convivono da sempre senza tensioni. La povertà appare in tutto il suo squallore a Massaua; nel centro la guerra ha lasciato solo gli scheletri di quelli che una volta erano bellissimi palazzi in stile moresco, costruiti da Arabi, Turchi, Italiani. Massaua sta morendo: pochi gli uomini rimasti, molte donne e sciami di bambini che scalzi percorrono le sue strade polverose, chiedendo ai pochi stranieri che vedono non soldi ma biro. Già, perché le biro nei negozi si vendono, ma mancano i soldi per comprarle. Massaua ha un clima terribile e ancora a novembre è torrida e invasa da mosche e zanzare malariche. In un regime ottuso e dispotico, gli Eritrei devono affrontare guerra, povertà e dittatura, con scarse speranze di cambiamenti. Perciò alcuni di loro preferiscono rischiare la vita nel deserto per arrivare a quell’agognato Mediterraneo da cui spiccare il salto verso l’Europa, non sapendo purtroppo a cosa vanno incontro…Proprio nei giorni della mia permanenza veniva respinto dalla Marina Militare Italiana un barcone con 232 eritrei a bordo. Per loro non ci sarà scampo, come annunciava la nostra guida: torture in Libia o soppressione al rimpatrio a Massaua.

Categoria: Idee e proposte
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