inserito il 28/11/2009 alle 07:40
La decisione di Stati Uniti e Cina era nell’aria, anche se stupiscono le forme dell’annuncio di domenica, con la convocazione a Singapore del primo ministro danese per comunicare l’impossibilità di un accordo a Copenhagen. Uno sgarbo all’Europa. Obama si è reso conto che tra la volontà di cambiare rotta sul clima e la sua trasformazione in atti giuridici le difficoltà sono molto maggiori del previsto. Lo dimostrano le resistenze che sta incontrando al Senato la legge sul clima e le posizioni ostili della potente Camera di Commercio USA che rappresenta 3 milioni di imprese. La Cina, d’altra parte, deve conciliare interessi diversi. E’ lanciata sul fronte delle energie rinnovabili, ha la leadership mondiale della produzione mondiale di moduli fotovoltaici, è numero uno nella installazione di solare termico ed è in rapidissima crescita nell’eolico. Non solo, ma si appresterebbe ad annunciare un taglio dell’intensità delle emissioni di carbonio, rispetto al tendenziale 2020, del 40-45%. Teme però l’effetto dell’imposizione di obbiettivi vincolanti sulla crescita dell’economia e preferisce accordi di riduzione a carattere volontario. Categoria: Idee e proposte
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