Un grafico al giorno leva lo spread di torno
Mario Agostinelli   agostinelli.mario@gmail.com
inserito il 7/12/2009 alle 07:51

La 15a Conferenza dei Paesi dell’ONU (COP 15), sottoscrittori della Convenzione quadro sui cambiamenti climatici (UNFCCC) e del Protocollo di Kyoto parte oggi a Copenhagen. Essa dovrebbe costituire la tappa finale della Roadmap di Bali, stabilita dalla COP13 nel 2007. Questo percorso negoziale dovrebbe spingere l’ONU a varare proprio a Copenhagen un “nuovo accordo internazionale onnicomprensivo sui cambiamenti climatici per il periodo successivo al 2012. Gli elementi costitutivi essenziali di tale accordo sono: gli impegni globali nel processo di riduzione delle emissioni climalteranti; gli obiettivi intermedi (2020-2030) e a medio termine (2050) di riduzione delle emissioni di gas serra dei Paesi industrializzati e le azioni di mitigazione dei Paesi in via di sviluppo; il sostegno finanziario per la mitigazione, l’adattamento e le tecnologie; il trasferimento tecnologico e la “costruzione di capacità” presso i Paesi in via di sviluppo e più vulnerabili al mutamento del clima. La Regione Lombardia ha la possibilità di partecipare alla COP15 attraverso la Fondazione Lombardia per l’Ambiente, ente del sistema regionale. Le politiche europee sintetizzate nell’azione 20-20-20 s’inseriscono nello sforzo di contrastare il cambiamento climatico in atto, mitigando i fattori di pressione antropici relativi alle emissioni in atmosfera di gas climalteranti. Le fonti prevalenti di emissione di gas serra, derivanti da impiego dei combustibili fossili, sono anche responsabili delle emissioni dei composti dannosi per la qualità dell’aria, regolati dalle normative europee. Lo sforzo delle politiche comunitarie è pertanto quello di mitigare le emissioni climalteranti cercando di conseguire simultaneamente altri importanti co-benefici. Ma cos’è cambiato rispetto a quando, nel dicembre del 1997, si firmò il Protocollo di Kyoto? Intanto è decisamente aumentata la consapevolezza della gravità del riscaldamento globale. I dieci anni più caldi da quando si misurano le temperature sono tutti compresi nel periodo 1997-2008.
Lo scorso mese di luglio si è registrato il più alto valore della temperatura media degli oceani degli ultimi 120 anni, 17 °C. La perdita di ghiaccio in Groenlandia è raddoppiata dal 1996 al 2005, arrivando a 100 miliardi di tonnellate all’anno. Per restare più vicini a noi, in Italia quest’estate è stata la quarta più calda nella storia della meteorologia. E in termini politici? L’ultimo anno ha notevolmente rafforzato la possibilità di raggiungere un accordo. Le elezioni in Australia e Usa hanno portato al governo leader impegnati sul fronte climatico. E la votazione anticipata in Giappone dello scorso 30 agosto ha determinato un ribaltamento politico che accentuerà il ruolo del Paese asiatico. L’Europa, come si sa, ha approvato un target di riduzione del 20% rispetto al 1990 con la possibilità di un innalzamento fino al 30% in caso di accordo globale a Copenhagen. Obama si sta muovendo su due livelli. Sul fronte interno è riuscito a far passare al Congresso una legge, il Clean Energy and Security Act, che prevede una riduzione delle emissioni climalteranti del 17% rispetto al 2005, adesso deve convincere il Senato ad approvare il piano in tempo per l’appuntamento di Copenhagen. Contemporaneamente sta attivando una diplomazia climatica nei confronti del Brasile, India, Cina per preparare il terreno. Per quanto riguarda la Cina, malgrado ufficialmente abbia sempre dichiarato l’indisponibilità ad accettare limiti alle sue emissioni, negli ultimi ha ammorbidito la sua posizione. Da un lato c’è la percezioni che i cambiamenti climatici causeranno gravi perdite all’economia del Paese, dall’altro le sue industrie stanno preparandosi ad avere un ruolo di primo piano nella green economy, come già sta avvenendo nei comparti del solare fotovoltaico e dell’eolico. Alla fine, sul successo dell’accordo giocherà un ruolo decisivo quanto i Paesi industrializzati metteranno sul piatto per facilitare il trasferimento di tecnologie pulite. Si parla di cifre dell’ordine di 100 miliardi di dollari l’anno, cui l’Europa dovrebbe contribuire per un 20-30%.

Commenti dei lettori: 1 commento -
Caro Agostinelli, ma questo Paese è all'altezza di questi problemi? Pensa a Calderoli che ha la fissa dei minareti e guadagna voti!
Scritto da Marina il 7/12/2009 alle 10:51
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