Un grafico al giorno leva lo spread di torno
Mario Agostinelli   agostinelli.mario@gmail.com
inserito il 19/5/2010 alle 01:00

Una fuga di petrolio è in corso nel Golfo del Messico, al largo delle coste della Louisiana, e non se ne vede la soluzione. In effetti si tratta del maggiore disastro di origine umana che si conosca nel nuovo millennio. Il governo degli Stati uniti ha deciso d’ora in poi di imporre una tassa di un centesimo per ogni barile di petrolio prodotto con un prelievo complessivo di una settantina di milioni di dollari l’anno. Contribuiranno a un fondo di 118 milioni che graverà soprattutto su Bp, che l’amministrazione considera responsabile del disastro. Chi inquina paga, almeno un po’; poi tutto come prima. Che nessuno impedisca al petrolio di fluire e di rifornire le auto! Quelle auto tradizionali, indispensabili alla ripresa dell’America, soprattutto a pochi mesi dalle elezioni di mid term. Ma quale è il costo effettivo anche solo in mezzi e uomini per fermare la falla?   Poichè sono state già impiegate 275 imbarcazioni, si sono organizzati stage per quattromila volontari tra le ventimila persone coinvolte nel tentativo di ridurre il disastro, e si sono utilizzati 315 mila galloni di agente liquido biodegradabile, e recuperati 90.000 barili di liquido oleoso, il costo della difesa contro la macchia nera ha raggiunto già i 350 milioni di dollari. In più Bp dichiara di avere bisogno di tre mesi per mettere in opera altri pozzi che scendendo al di sotto di quello che erutta petrolio, riescano a deviare e mettere in salvo quello che sale, libero, in superficie. Quindi almeno altri 600 milioni di dollari. A queste cifre di salvataggio si deve aggiungere il danno maggiore, che è quello ambientale. Il petrolio ha ormai raggiunto la costa degli Stati uniti e almeno cinque stati sono in pericolo, Mississippi, Alabama, Louisiana, Texas, Florida e si stima una perdita per oltre 2 miliardi di dollari, tenendo conto della pesca, e delle attività turistiche. Ma se si pensa alla previsione di tre mesi per fermare il disastro e alle conseguenze irreversibili per coste, spiagge, flora e fauna locali, allora le cifre salirebbero a qualche decina di miliardi. Tanto quanto la finanziaria di Tremonti “lacrime e sangue” o quanto il costo delle centrali nucleari che irresponsabilmente vorrebbe imporci il governo. Ma ha senso continuare così, con un modello di sviluppo che arricchisce pochi e impoverisce le popolazioni e distrugge le risorse naturali?

 

 

Commenti dei lettori: 7 commenti -
Esposizione di cifre, precise, documentate... il danno materiale immane può essere in qualche modo documentato ora in termini economici, finanziari. Ma il danno ambientale, alla Terra? E' una gravissima ferita, mortale, i cui effetti - che non saranno mai quantificabili - hanno distrutto vita, distruggono vita, distruggeranno vita. La causa non è naturale: il maggior disastro di origine umana che si conosca nel nuovo millennio. Ora basta una tassa di un cent per... quietare le coscienze... sigh!
Scritto da Rosella e Carlo il 18/5/2010 alle 08:30
Certo che arrabbattarsi tra incidenti catastrofici una volta col petrolio, una volta col carbone o col gas e magari in futuro col nucleare non è gran che. Vuol dire che siamo al limite di mancanza di responsabilità verso il mondo vivente e le future generazioni. E' urgentissimo ricercare, sperimentare, introdurre nuovi sistemi energetici a minor impatto ambientale, ma si oppone l'egoismo e la miopia della crescita a tutti i costi e con sempre minor beneficio.
Scritto da Marinella il 18/5/2010 alle 11:27
@Marinella. Hai ragione. In particolare l'ultima frase del tuo commento trova tanta condivisione. Deve poter essere un discorso ANCHE e forse soprattutto individuale, personale, con uno stile di vita di sobrietà e di frugalità: il consumismo esasperato (ed esasperante) ed egoistico di ognuno determina ed impone le scelte consumistiche di chi produce tanto gravi sul piano energetico ed ambientale. Utopia?
Scritto da Legnanesi e Bustocchi il 18/5/2010 alle 12:55
Preoccupa una delle correnti principali del Golfo, la "corrente Loop", che presto potrebbe agganciare la macchia nera, portandola verso l'Atlantico e, dopo un lungo percorso, verso l'Europa. L'esperto Paul Montagna, della Texas A&M University, sottolinea come la minaccia diventi sempre più grande: «Siamo preoccupati per tutti e per tutto, non più soltanto per balene, delfini e tartarughe»
Scritto da giuliana il 18/5/2010 alle 13:39
Caro Mario, forse ne hai parlato in passato. Scuramente tutto il tuo agire e sentire che cerchi di "materializzare" anche attraverso questi interessanti ed intelligenti post prima o poi deve arrivare alla parola magica che stiamo anche noi scoprendo: la DECRESCITA. Da Google: "Decrescita è un sistema economico, ecologista, anticapitalista, umanista ed anticonsumista". Interessante, molto interessante. Coinvolgente. Chissà se ne scriverai...
Scritto da Amici da Robecco sul Naviglio il 18/5/2010 alle 17:45
grazie per i dati sempre puntuali! siamo come sempre di fronte ad una situazione paradossale e che assurdo arreca ancora maggior benessere economico alle banche e ai potenti... a noi rimane solo l'acqua inquinata, la moria di pesci e animali e la beffa di non essere considerati come referenti politici validi. ancora una volta l'opinione pubblica perde una partita importante!
Scritto da giacomo fiori il 18/5/2010 alle 18:51
Ricordo che in certi vecchi film i nativi indiani americani definivano il petrolio il veleno nero. Nel 2010 continua l'odissea delle conseguenze ambientali ed economiche di uno sviluppo fondato sul "veleno nero". Dalla fine del secolo scorso un altro veleno ancora peggiore di quello nero minaccia l'esistenza umana "il veleno nucleare".I costi di questo modello di sviluppo "non sono ovviamente sopportabili all'infinito". Coraggio, forse saranno i costi insopportabili a risolvere i problemi?
Scritto da robinews il 18/5/2010 alle 23:08
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