Un grafico al giorno leva lo spread di torno
Mario Agostinelli   agostinelli.mario@gmail.com
inserito il 25/10/2010 alle 09:25

Il 26 Ottobre del 2010 ricorrono i 150 anni dal celebre incontro tra Garibaldi e Vittorio Emanuele che segnò il passaggio del Mezzogiorno nel Regno d’Italia, guidato dalla famiglia Savoia. Il dono di Garibaldi al Re piemontese non ebbe le  conseguenze positive che si poteva aspettare per il futuro di questo paese. Fu un dono unilaterale, senza contropartite, che comportò un costo salato per le popolazioni meridionali e ne provocò la rivolta (leggi: brigantaggio), anche per via delle promesse non mantenute e delle aspettative che il movimento garibaldino aveva suscitato. Lo Stato reagì violentemente, trattò il Sud come una colonia, e ne perse la legittimità anche presso i ceti intellettuali che avevano sostenuto il nostro Risorgimento. Iniziò un processo che portò molti intellettuali e politici meridionali a reclamare l’autonomia (federalismo) per il Mezzogiorno, mentre l’apparato produttivo meridionale subiva i contraccolpi dell’unificazione del mercato nazionale e di una politica che guardava prevalentemente alla nascente industria nel nord-ovest.

 

Oggi, a distanza di un secolo e mezzo, il Mezzogiorno è ritornato ad essere visto come una palla al piede dello sviluppo italiano. Ma i termini politici della questione si sono invertiti. Non è più il Mezzogiorno che reclama autonomia ed indipendenza, bensì è il Nord che vuole uscire dall’Italia. Il rischio di una secessione "dolce" è rafforzato dalla pesante crisi economica in corso, dalla stessa messa in discussione della UE, da un processo generale di disgregazione sociale. Il pericolo che questo paese si spacchi è reale. Tutte le recenti esperienze di secessione, anche pacifica, hanno fatto registrare un regresso per i lavoratori e portato ad esaltare nazionalismi e xenofobie. Eppure centocinquanta anni di storia hanno prodotto un profondo interscambio di culture, di storie nel nostro paese. Le popolazioni del sud, del centro e del nord hanno integrato conquiste civili e dirittti nel lavoro, strappati con enormi sacrifici di chi è stato costretto all’emigrazione, ma ha incontrato sulla sua strada l’accoglienza e la solidarietà delle popolazioni locali. L’Italia si salva e si consolida ed esce dalla crisi solo se capisce che deve rifondare il suo patto sociale su basi valoriali e culturali che la tengano unita.

 

A Teano, dal 22 al 26 ottobre, movimenti e centinaia di esperienze di integrazione si incontrano e scambiano per organizzare un evento che segni, non solo simbolicamente, la svolta culturale auspicata. Dall’acqua all’energia, al lavoro, ai beni comuni, alla legalità: dibattiti e spettacoli renderanno visibile un’altra Italia che rende quotidianamente onore alla Costituzione e alla democrazia. Oggi, 25 ottobre , parteciperò all’incontro sulla democrazia energetica, contro il nucleare e per la diffusione delle fonti naturali e pulite e potrò raccontare di come anche la Lombardia porti il suo contributo alla ricostruzione dell’altra Italia giusta, pulita, solidale. Un’Italia non rancorosa, ma fiduciosa della partecipazione e delle diversità e che continua a integrare e unificare: quella che i nostri figli potranno andare  fieri di celebrare anche oltre i centocinquanta anni.

 

Commenti dei lettori: 1 commento -
Briganti. Fa chic, anche per qualche anima pia di Sinistra, parlare oggi di brigantaggio e non parlare Mai di Milano, di Brescia, di Belfiore, di Genova, della spledida avventura della Repubblica dei Briganti, quella Romana del 1849. Il giorno prima di arrendersi vararono uno Statuto ed una Costituzione che non ebbe pari fino al 1947. Troppo democratica ed avanzata. Ma parliamo pure di briganti. Non parliamo di Radetzky e di 941 impiccati nel 1848. MI scappa da ridere, troppa ignoranza.
Scritto da Roberto Gervasini il 25/10/2010 alle 19:00
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