Un grafico al giorno leva lo spread di torno
Mario Agostinelli   agostinelli.mario@gmail.com
inserito il 20/1/2011 alle 20:30

Ho ripreso qui, tagliandone parti non essenziali, un articolo di Italo Calvino che, al pari di Nanni Moretti,  seppe anticipare quanto il nostro Paese sta  subendo e malauguratamente sottovalutando.

 

“C'era un paese che si reggeva sull'illecito. Non che mancassero le leggi, ne' che il sistema politico non fosse basato su principi che tutti più o meno dicevano di condividere. Ma questo sistema, articolato su un gran numero di centri di potere, aveva bisogno di mezzi finanziari smisurati (ne aveva bisogno perchè quando ci si abitua a disporre di molti soldi non si è più capaci di concepire la vita in altro modo) e questi mezzi si potevano avere solo illecitamente, cioè chiedendoli a chi li aveva in cambio di favori illeciti. (…) Di tanto in tanto in tanto, quando meno ce lo si aspettava, un tribunale decideva di applicare le leggi, provocando piccoli terremoti in qualche centro di potere e anche arresti di persone che avevano avuto fino ad allora le loro ragioni per considerarsi impunibili.

 

In quei casi il sentimento dominante, anzichè di soddisfazione per la rivincita della giustizia, era il sospetto che si trattasse di un regolamento di conti di un centro di potere contro un altro centro di potere.(…) Così tutte le forme di illecito, da quelle più sornione a quelle più feroci, si saldavano in un sistema che aveva una sua stabilità e compattezza e coerenza e nel quale moltissime persone potevano trovare il loro vantaggio pratico senza perdere il vantaggio morale di sentirsi con la coscienza a posto. Avrebbero potuto, dunque, dirsi unanimemente felici gli abitanti di quel paese se non fosse stato per una pur sempre numerosa categoria di cittadini cui non si sapeva quale ruolo attribuire: gli onesti. Erano, costoro, onesti, per abitudine mentale, condizionamento caratteriale, tic nervoso, insomma non potevano farci niente se erano così, se le cose che stavano loro a cuore non erano direttamente valutabili in denaro, se la loro testa funzionava sempre in base a quei vieti meccanismi che collegano il guadagno al lavoro, la stima al merito, la soddisfazione propria alla soddisfazione di altra persone. Dovevano rassegnarsi all'estinzione? No, la loro consolazione era pensare che, così come in margine a tutte le società durate millenni s'era perpetuata una controsocietà di malandrini, così la controsocietà degli onesti forse sarebbe riuscita a persistere ancora per secoli, in margine al costume corrente, senza altra pretesa che di vivere la propria diversità, di sentirsi dissimile da tutto il resto, e a questo modo magari avrebbe finito per significare qualcosa di essenziale per tutti, per essere immagine di qualcosa che le parole non sanno più dire, di qualcosa che non e' stato ancora detto e ancora non sappiamo cos'è.”

 

Così Calvino in una descrizione visionaria mezzo secolo fa. Ma fino a che punto noi potremo sopportare tutto, senza che il disprezzo dell’etica, che è a fondamento della convivenza, procuri danni irreparabili?

 

Commenti dei lettori: 3 commenti -
Che chicca! Calvino sul Corriere della Sera anni '70 a quanto ne so. Ma ci sarà uno scatto per uscire da questo tunnel in cui siamo stati portati dalla peggior classe dirigente del dopoguerra?
Scritto da Rino Lanza il 20/1/2011 alle 23:43
Uno Stato che fonda la buona amministrazione della cosa pubblica sulla virtù dei suoi governanti o sulla razionalità dei suoi cittadini è uno Stato instabile, debole e insicuro. E’ questa la tesi che anima “ Il Trattato Politico “ di Baruch Spinoza. Tesi originalissima se la si inserisce in oltre duemila anni di tradizione platonica, in cui sebbene in diverse forme, si è sempre sostenuto che lo Stato migliore sia quello governato dagli uomini migliori. Spinoza invece di invitarci, come aveva fatto Platone a scegliere i migliori da mettere al governo, focalizza l’attenzione sulla creazione di un’architettura istituzionale che possa rendere lo Stato ottimo, indipendente da chi lo guidi. Un principio semplice quello della separazione tra istituzioni e virtù dei governati, che però sembra sia sempre più dimenticato nonostante che molti stati moderni si siano ispirati a tale idea. Basti pensare alla divisione dei poteri, al bicameralismo, alle procedure di controllo o di bilanciamento come il voto di metà mandato negli USA o alle figure di Presidenza delle Repubbliche come garanti delle Costituzioni. Spinoza ci dice che è lo Stato a dover garantire sicurezza, pace, libertà ai cittadini e non i governati di turno, la salute di uno Stato deve prescindere dalle virtù di ne è al comando. Eppure in Italia da molto tempo, troppo, il dibattito politico sembra ripercorrere le orme del platonismo, ci s’interroga sulla moralità o meno della casta, ci si indigna sul comportamento virtuoso o meno della classe dirigente. Ci si lamenta dei vizi di chi ci governa, sperando di averne dei migliori, ma non ci si preoccupa di salvaguardare l’integrità delle istituzioni. Spinoza direbbe che è un atteggiamento miope, di un popolo vittima delle passioni, preda degli egoismi, avido di desideri di vendetta. La vera salvaguardia della libertà non è nelle virtù di chi governa, ma nel valore delle istituzioni, nella Carta Costituzionale, nella sua capacità di creare equilibrio tra passioni, interessi e potere. In quest’ottica diviene evidente che il “berlusconismo” da temere non sia quello delle escort a villa Cerosa o a Palazzo Grazioli, ma quello della legge elettorale che priva ai cittadini una vera scelta, quello del conflitto d’interessi irrisolto, quello del ricatto Fiat che sancisce l’espulsione delle libertà costituzionali dalle fabbriche, quello della supremazia degli avidi interessi economici sulla politica, quello delle “picconate” date ai principi fondamentali della Costituzione. C’è un continuo sussurrare dei media e non solo, alle orecchie degli italiani che occorrono riforme, cambiamenti alla Costituzione, mutamenti, martellamenti continui in sordina che fanno chiaramente pensare a una strategia di stravolgere in senso autoritario le basi dello Stato democratico. Astuzie che orientano un popolo che demanda ad altri l’agire e che corre il rischio di svegliarsi un giorno schiavo con il rammarico di aver contribuito alla propria schiavitù. Spinoza anche questo aveva scritto nel Trattato Politico” : uno Stato che fondi il buon governo sulla ragionevolezza ( buon senso) dei suoi cittadini è uno Stato alla mercé di un dittatore.
Scritto da Paolo il 21/1/2011 alle 22:14
Molto bello, bravo.
Scritto da Livio il 22/1/2011 alle 16:47
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