Un grafico al giorno leva lo spread di torno
Mario Agostinelli   agostinelli.mario@gmail.com
inserito il 8/3/2009 alle 09:55

“Il governo vende la pelle dell’orso prima di averlo ammazzato”: usano un proverbio da bosco di montagna i ribelli Tuareg del deserto del Niger. Così sul loro sito internet – gestito da chissà dove, forse non proprio a dorso di un cammello – attaccano il governo del Niger per la concessione di una ventina di nuove licenze minerarie. Nei giorni scorsi sette società straniere – forse anche l’ENI italiana in prima fila per il rilancio del nucleare - hanno firmato nuovi contratti per trasformare il massiccio dell’Air, dell’Azaouak e ampie regioni del nord in un groviera di prospezioni geologiche. Un groviglio di tubi e trivelle per succhiare uranio, gas, petrolio e tutto quanto fa gola agli ingordi d’energia. Cina e India in prima fila. Ma anche Gran Bretagna, e gli immancabili ex-colonizzatori francesi, che da quasi 40 anni sfruttano le miniere locali di uranio, di cui il Niger è il terzo produttore al mondo dopo Canada e Australia. Un paradosso, perchè è anche il paese più povero del pianeta.
In un
Paese martellato da siccità cicliche e crescente desertificazione, il sottosuolo potrebbe nascondere un’insperata scialuppa di salvataggio per navigare nel mare di Sahara che avanza. “I pascoli si riducono e si fatica a sopravvivere. Alla gente restano solo le scorie radioattive nella zona di Arlit o l’acqua inquinata dalle miniere”. Allarmanti livelli di contaminazione sono stati denunciati in questi giorni dalla Commissione di ricerca e informazione indipendente sulla radioattività (Criirad), un organismo non governativo francese. Valori “100 volte superiori al normale” sarebbero stati rilevati in una strada di Akokan, nel nord del Niger, vicino a una delle due miniere dell’Areva. “Rifiuti radioattivi” – è scritto in un comunicato - che potrebbero provocare gravi rischi alla popolazione. Qualche mese fa, l'Areva – l’azienda a partecipazione statale francese che ha fatto l’accordo con l’ENEL per il nucleare di Berlusconi – aveva trionfalmente annunciato di aver raggiunto “100.000 tonnellate” di uranio estratto in Niger in 35 anni, con l’obiettivo di raddoppiare a breve la produzione annuale. Così anche l’Italia sta entrando direttamente nel giro della rapina del sottosuolo africano.
E non importa se solo il 9,3% degli abitanti del Niger ha accesso effettivo all’energia elettrica. L’ennesima beffa. Come quando nel 2003 un dossier-patacca accusò il Niger di vendere uranio a Anche allora i servizi segreti italiani furono coinvolti.
Vecchio vizio da colonizzatori quello ripreso da questo Governo. Ma, dopo Libia, Somalia e Etiopia e dopo i saccheggi decennali di petrolio in Nigeria con tanto di regalo di motovedetta all’esercito nigeriano da parte di Frattini, i nostri governanti non possono lasciare in pace il continente più sfruttato del mondo?

Categoria: Economia
Commenti dei lettori: 2 commenti -
Se poi qualche abitante del Niger "se la prende" con noi,gli diamo del terrorista!.Italiani ,brava gente!
Scritto da angelo il 8/3/2009 alle 10:23
E' semplicemente sconcertante. Dopo essere andata a depredare, inquinare ed allagare terre coltivabili con la scusa degli impianti petroliferi; aver tolto ai pescatori locali la possibilitā di sfamarsi con il pesce del delta del Niger, adesso l'Eni andrā anche ad impestare un'altra regione del Niger con i rifiuti radioattivi. E tutto per dimostrare la fattibilitā delle manie di grandezza del nostro premier. Giā ora la benzina delle nostre auto puzza di sangue. Tra un po' anche l'elettricitā
Scritto da Angelo Bellora il 8/3/2009 alle 17:42
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