Un grafico al giorno leva lo spread di torno
Mario Agostinelli   agostinelli.mario@gmail.com
inserito il 2/4/2009 alle 11:14

Un mese fa ho partecipato a Varese ad una riunione serale di insegnanti e genitori contro le misure della ministra Gelmini. C’era un’aria di impotenza un po’ sconsolata e molta rabbia mista a rassegnazione. Vorrei confortare quelle persone con queste note che, invece, dovrebbero irritare la ministra più coccolata dal Cavaliere. Perché, se voleva tornare alla scuola con il maestro unico e le lezioni solo al mattino, invece ha rilanciato le domande al tempo pieno. Che adesso sfonda anche al Sud: più 35%. E, per accontentare davvero la libera scelta delle famiglie, servirebbero 10.000 insegnanti in più. Con tanti saluti ai risparmi di Tremonti. Già, perché pensava sicuramente alle scuole primarie del Nord, Maria Stella Gelmini, quando per mesi si è sbracciata a ripetere che il tempo pieno non era in discussione e che, anzi, dai tagli sarebbero probabilmente derivati nuovi margini per ampliarlo. Anche lì, certo: a Brescia, a Bergamo e a Varese devono arrivare le forbici che tagliano ogni spazio di flessibilità (e anche lì deve sfolgorare il nuovo sole del “maestro unico”), ma neppure Tremonti può permettersi di liquidare in quattro e quattr’otto il modello vincente, quello attorno a cui girano gli equilibri di vita delle tante mamme che lavorano. A Milano è a tempo pieno il 95% delle classi, e siamo ben sopra l’80% in tutta la Lombardia, in Piemonte, in Emilia Romagna, in parti della Toscana. Tutt’altra storia, invece, nelle regioni dove il modello più diffuso è stato quello a 30 ore settimanali (due pomeriggi coperti): é da lì, dalla soppressione di quello "scandaloso spreco" fatto di tre insegnanti ogni due classi che doveva arrivare il grosso dei risparmi pretesi dal ministero dell’economia.
Dev’esserci stata qualche settimana, forse un paio di mesi, in cui Gelmini la “determinatissima” – come la chiama il suo mentore Berlusconi – deve davvero avere pensato di poterla fare franca.. Ma le cose sono andate in modo molto diverso. Perché i modelli a 24 e a 27 ore non sono stati affatto gettonati e sono stati anzi richiesti da non più del 10% delle famiglie. Perché in sei casi su dieci, i genitori hanno chiesto le 30 ore con due pomeriggi coperti la settimana. E sopratutto perché la domanda di tempo pieno è cresciuta strepitosamente in tutto il paese (10,6% nel Nord, 7,8% nel Centro) e in particolare in quel Mezzogiorno (35%) che avrebbe invece dovuto, secondo le previsioni, assicurare il massimo contributo alla logica dei tagli. Fatti due conti, si parla di 3.200 classi e di circa 10.000 insegnanti in più.
Che cosa è successo? Molti hanno capito che si sta giocando una partita molto importante, anche al di là della questione della scuola elementare e dei suoi modelli e tempi di funzionamento. E che bisogna reagire, tentare di opporsi, farsi sentire, come succedeva quella sera a Varese con un po’ di sconforto.
E a sciogliersi come neve al sole potrebbe essere , tra qualche settimana, qualche consenso intorno al “trio spaccatutto” Brunetta-Sacconi-Gelmini. Perché delle due l’una. O sull’onda delle libere scelte delle famiglie la ministra contraddice le pretese di Tremonti – e questo francamente pare improbabile - o a molte famiglie verrà brutalmente negato quello che hanno chiesto.

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