Un grafico al giorno leva lo spread di torno
Mario Agostinelli   agostinelli.mario@gmail.com
inserito il 1/4/2009 alle 10:21

Forse farebbe bene ai nostri ministri un po’ questurini, che si appellano ai prefetti per problemi che vanno ben oltre l’ordine pubblico, ma che riguardano la convivenza sociale e perfino la cessione di credito da parte delle banche, rileggere questo , semmai lo hanno letto. Si intitola "Via il Prefetto!". Era stato pubblicato dalle nostre parti, in Insubria, da Junius nel 1944 su "L'Italia e il secondo risorgimento", supplemento alla Gazzetta ticinese e ci è stato segnalato dall’illustre economista Giorgio Lunghini.

“Proporre, in Italia ed in qualche altro paese di Europa, di abolire il «prefetto» sembra stravaganza degna di manicomio. Istituzione veneranda, venuta a noi dalla notte dei tempi, il prefetto è quasi sinonimo di governo e, lui scomparso, sembra non esistere più nulla. Chi comanda e chi esegue fuor dalla capitale? Come opera l'amministrazione pubblica? In verità, il prefetto è una lue che fu inoculata nel corpo politico italiano da Napoleone. Gli antichi governi erano, prima della rivoluzione francese, assoluti solo di nome, e di fatto vincolati d'ogni parte, dai senati e dalle camere dei conti o magistrati camerali, gelosissimi del loro potere di rifiutare la registrazione degli editti che, se non registrati, non contavano nulla, dai corpi locali privilegiati, auto-eletti per cooptazione dei membri in carica, dai patti antichi di infeudazione, di dedizione e di annessione, dalle consuetudini immemorabili. Gli stati italiani governavano entro i limiti posti dalle «libertà» locali, territoriali e professionali. Spesso «le libertà» municipali e regionali erano «privilegi» di ceti, di nobili, di corporazioni artigiane ed erano dannose all'universale. Nella furia di strappare i privilegi, la rivoluzione francese distrusse, continuando l'opera iniziata dai Borboni, le libertà locali; e Napoleone, dittatore all'interno, amante dell'ordine, sospettoso, come tutti i tiranni, di ogni forza indipendente, spirituale o temporale, perfezionò l'opera. I governi restaurati trovarono comodo di non restaurare, se non di nome, gli antichi corpi limitatori e conservarono il prefetto napoleonico. L'Italia nuova, preoccupata di rinsaldare le membra disiecta degli antichi ex-stati in un corpo unico, immaginò che il federalismo fosse il nemico ed estese il sistema prefettizio anche a quelle parti d'Italia, come le province ex-austriache, nelle quali la lue si era infiltrata con manifestazioni attenuate. Si credette di instaurare libertà e democrazia e si foggiò lo strumento della dittatura. Democrazia e prefetto repugnano profondamente l'una all'altro”.

Meditate, finti liberali e federalisti autoritari, meditate..

 

 

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