"Insieme costruiamo il futuro."
Alessandro Alfieri   alessandro.alfieri@consiglio.regione.lombardia.it
inserito il 19/4/2012 alle 12:15

Come la lettera di Veronica squarciò il velo di ipocrisia su Berlusconi, la lettera della moglie di Simone - pur da persona comprensibilmente ferita - racconta quello che è diventato Formigoni. Mi dispiace sinceramente per molte delle persone che militano in CL. Persone con cui sono cresciuto e che stimo. Proprio per questo spero che anche loro si rendano conto che così non si può più andare avanti. E' bene che tutti - sottolineo tutti - si prendano le proprie responsabilità.

Categoria: Persone, Lombardia
Commenti dei lettori: 10 commenti -
Caro Alessandro,anche io sono cresciuta nel e grazie al movimento.Ti confesso che sto facendo molta fatica a capire e a giustificare. Formigoni non è CL, ma questa lettera è un macigno pesantissimo. Ti ringrazio per la correttezza che molti,anche nel centrodestra,non hanno.
Scritto da stefania il 19/4/2012 alle 14:51
probabilmente questa lettera è peggio di un avviso di garanzia per il celeste.ora però niente scuse e avanti con una proposta credibile per la lombardia.spero tu ne sia protagonista.
Scritto da valceresio il 19/4/2012 alle 14:52
Quando ero giovane segretario regionale della Dc e poi presidente della Regione Lombardia guardavo con simpatia il Comunione e Liberazione. Non condividevo certe esasperazioni, ma mi piaceva quel loro essere una minoranza intensa che esprimeva valori. Appena eletto segretario, nel 1986, andai a trovare don Luigi Giussani. Un uomo spartano, un cattolico integrale. Organizzai nell'87 un convegno con lui e con il gesuita padre Angelo Macchi. Lo scontro tra Cl e la Curia del cardinale Martini era così duro che dall'arcivescovato si tentò di impedire l'evento con pressioni su di me e su De Mita. Io le respinsi, era la prima volta che Giussani partecipava a un convegno della Dc e per i ciellini fu uno sdoganamento. Ricordo che era infastidito, già allora, per l'attivismo dei suoi ragazzi. Presagiva che la loro ossessione politica li avrebbe portati fuori strada. Era preoccupato che il movimento potesse essere contaminato da una gestione troppo disinvolta. Oggi mi permetto di dire che don Giussani aveva ragione. C'è stato un tradimento del suo insegnamento e del suo stile di vita. Quando c'è troppa commistione tra il potere e i valori si passa facilmente ai valori bollati.
Scritto da B. Tabacci il 19/4/2012 alle 15:03
@stefania ho molto rispetto per CL e per le tante opere di bene che ho visto con i miei occhi,ma con gli stessi occhi ho visto l'occupazione spietata e la gestione del potere in Lombardia tanto che Belsito, Lusi e la Rosi Mauro sembrano tre dilettanti.
Scritto da Fastfurious il 19/4/2012 alle 15:07
Condivido Bruno Tabacci. Mi permetto di aggiungere che Don Giussani, straordinario educatore, pensatore acutissimo, sacerdote frugale e sobrio, del quale mi onoro di essere stato discepolo, non possedeva la cultura politica necessaria per orientare i suoi verso un percorso politico coerente con i valori di cui il movimento allo stato nascente fu portatore. Lo loro presenza si risolse in un "entrismo" finalizzato al potere scandito da alleanze mutevoli e strumentali al momento storico.
Scritto da cesare chiericati il 19/4/2012 alle 15:18
@cesare chiaricati chiedo: bisognava arrivare a questo?bisognava arrivare agli arresti,alle intercettazioni,alle barche,alle vacanze,alle lettere di mogli con i mariti in carcere,ai Daccò etc... per capire che il movimento doveva prendere per tempo le distanze da chi lo rappresentava. Quanto si è aspettato?domande amare e risposte ancora di più dolorose.
Scritto da Fabio Rigatto il 19/4/2012 alle 15:47
Nel 1985 don Giussani salutò la platea del meeting lasciando ai presenti una domanda che tormentò a lungo anche me,giovane non ciellino ma affascinato da questa figura. "Vi auguro di non stare mai tranquilli - disse - ovvero di esercitare sempre la curiosità, il desiderio di comprendere, la capacità di mettersi in gioco".La celestiale tranquillità di Formigoni è la prova di come sia ormai lontano anni luce dai principi ispiratori di Comunione e Liberazione. Cali il sipario prima possibile.
Scritto da Marcello S. il 19/4/2012 alle 15:54
@Fabio Rigatto. Certo ci si doveva fermare subito dopo le opache alleanze andreottiane. Invece ha prevalso una sorta di messianismo del potere nella certezza che occupandolo lo avrebbero in maniera palingenetica cambiato. Questo è avvenuto nell'unanimismo più duro, chi non era d'accordo sulle scelte fatte aveva una sola alternativa, andarsene. Sempre più la politica dei ciellini si è allontanata dal messaggio originario, fino alle commistioni leghiste e berlusconiane dell'ultimo ventennio
Scritto da cesare chiericati il 19/4/2012 alle 16:16
La preziosa testimonianza dell’on.le Tabacci ricorda il difficile confronto tra l’illuminista Martini e i vertici di Cl (Formigoni, Vittadini, Cesana, Intiglietta, ecc.). Non immaginavo che Giussani fosse già preoccupato dall’irruenza (chiamiamola così) di questi suoi allievi. Anche Scola, recentemente, ha preso qualche distanza da Formigoni. La lettera della signora Simone è il grido di rabbia, mista a dolore, di una moglie che sta mostrando gli artigli a difesa del proprio marito. E’ la legittima viva e vivace protesta della coniuge che condivide una vita, un amore, un progetto (e magari anche qualche segreto) con il proprio marito ed è ferita, indirettamente, da quanto sta accadendo a lui. Chiunque lo farebbe. E’ questo l’unico valore attribuibile alla lettera e alla scrivente. Riguardo al contenuto, è bene stendere un velo.
Scritto da eg il 19/4/2012 alle 17:23
Mi si consenta un parallelismo tra la vicenda della Lega e quella di CL. Seppur nella ovvia diversità esistente tra i due movimenti, un aspetto che li accomuna è l’idea di “tradimento” dei sentimenti, della buona fede, delle emozioni e delle speranze di migliaia di militanti. Il rapporto fiduciario, che è alla base del patto non scritto che s’instaura tra rappresentanti e rappresentati, in entrambi i casi appare violato da interessi personali e logiche di potere. Personalmente, comprendo la buona fede e la genuina “cecità” del militante comune, ma mi suscita un certo fastidio la lettera-denuncia della moglie di Antonio Simone, la quale si desta solo ora che il marito è stato preso, come si usa dire, “con le mani nella marmellata”. La domanda che si pone la moglie di Antonio Simone “perché facciamo quello che facciamo?”, molto prosaicamente mi ricorda il “per andare dove dobbiamo andare, da che parte dobbiamo andare?” in “Totò, Peppino e la malafemmina”. Ma non vorrei mancare di rispetto al nostro Papa.
Scritto da Leonardo C. il 19/4/2012 alle 21:14
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