"Insieme costruiamo il futuro."
Alessandro Alfieri   alessandro.alfieri@consiglio.regione.lombardia.it
inserito il 21/7/2012 alle 14:05

L’accorpamento e la trasformazione delle province è una sfida che va colta. L’obiettivo è la costruzione, al posto delle dodici province lombarde, di ambiti territoriali omogenei diversi dagli attuali, che non devono necessariamente ricalcare i confini amministrativi conosciuti fin qui. E ciò vale anche per Varese dove è opportuno che si apra al più presto una fase di ascolto delle autonomie locali.

Accettiamo quindi la sfida, anzi, stiamo già lavorando a una proposta che condivideremo con i livelli politici e con gli amministratori locali del PD e poi formuleremo nelle sedi appropriate, sapendo che va colta l’occasione per ripensare gli assetti della pubblica amministrazione in Lombardia.

Avremmo certamente preferito che il governo formulasse criteri meno restrittivi, soprattutto rispetto alla superficie, anche perché le nuove province saranno enti di secondo livello, governate da un consiglio e un presidente eletti dai sindaci: rischiamo di avere amministrazioni che agiscono su un territorio molto vasto, suddiviso in un gran numero di comuni, dunque difficili da gestire e con una legittimazione democratica limitata. È una criticità che sarebbe da riconsiderare, così come andrebbero ripensate le funzioni delegate dalle Regioni, che non possono essere solo la tutela ambientale e la viabilità. Al contempo devono essere pienamente valorizzate le gestioni associate di servizi e funzioni dei comuni, coinvolgendo con incentivi anche quelle per i municipi sopra i cinquemila abitanti.

Commenti dei lettori: 2 commenti -
Se la storia insegnasse qualcosa (ma sappiamo da sempre che essa non è "magistra vitae") rifletteremmo che l'Italia è fatta di municipi, fin dal lontano medioevo ed in certo qual modo fin dall'Italia romana, ed è fatta di province, almeno dall'epoca napoleonica. Le regioni, al di là che si voglia usarle per rafforzare il mito federalista, sono una costruzione recente e solo in mimimissima parte coincidono con gli antichi staterelli della penisola. Voglio affermare che il cittadino sente Comune e Provincia come istituzione di riferimento, non certo la regione. In tal senso, mi pare, lo dico consapevole di essere una voce fuori del coro, che non siano tanto le province da abolire o da accorpare, bensì le regioni (alcune delle quali peraltro hanno le dimensioni di una provincia, come il Molise). Purtroppo le vicende del nostro Paese sono andate in maniera tale che le regioni, pur con i loro costi, i loro sprechi, le loro inefficienze, sono divenute intoccabili e si è invece messo mano all'impianto delle Province. Questo passa oggi il convento povero della politica (povertà di idee e di progetti più che di risorse). Ci possiamo accontentare? Dipende. Se alla fine, con abolizione o accorpamenti delle province, si saranno abbattuti in maniera significativa i costi della politica, posso fare buon viso a cattivo gioco. In caso contrario si tratterebbe dell'ennesima operazione gattopardesca di cui le classi dirigenti del nostro Paese ci hanno da sempre abituato.
Scritto da Mariuccio Bianchi il 21/7/2012 alle 14:39
Se la storia insegnasse qualcosa (ma sappiamo da sempre che essa non è "magistra vitae") rifletteremmo che l'Italia è fatta di municipi, fin dal lontano medioevo ed in certo qual modo fin dall'Italia romana, ed è fatta di province, almeno dall'epoca napoleonica. Le regioni, al di là che si voglia usarle per rafforzare il mito federalista, sono una costruzione recente e solo in mimimissima parte coincidono con gli antichi staterelli della penisola. Voglio affermare che il cittadino sente Comune e Provincia come istituzione di riferimento, non certo la regione. In tal senso, mi pare, lo dico consapevole di essere una voce fuori del coro, che non siano tanto le province da abolire o da accorpare, bensì le regioni (alcune delle quali peraltro hanno le dimensioni di una provincia, come il Molise). Purtroppo le vicende del nostro Paese sono andate in maniera tale che le regioni, pur con i loro costi, i loro sprechi, le loro inefficienze, sono divenute intoccabili e si è invece messo mano all'impianto delle Province. Questo passa oggi il convento povero della politica (povertà di idee e di progetti più che di risorse). Ci possiamo accontentare? Dipende. Se alla fine, con abolizione o accorpamenti delle province, si saranno abbattuti in maniera significativa i costi della politica, posso fare buon viso a cattivo gioco. In caso contrario si tratterebbe dell'ennesima operazione gattopardesca di cui le classi dirigenti del nostro Paese ci hanno da sempre abituato.
Scritto da Mariuccio Bianchi il 21/7/2012 alle 19:51
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