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inserito il 21/7/2008 alle 15:03

La Corte d'appello civile di Milano, sulla base di una sentenza della Cassazione del 16 ottobre 2007, si è pronunciata il 9 luglio 2008 autorizzando il padre di Eluana Englaro, in qualità di tutore, ad interrompere il trattamento di idratazione e alimentazione artificiale che tiene in vita la figlia da sedici anni.
L'idea che qualcuno possa decidere per un altro se la vita vale la pena di essere vissuta è un criterio inaccettabile. L'Unione europea è uno spazio dove non c'è la pena di morte e all’interno del quale il rispetto e la tutela per la vita e la dignità umana devono essere incondizionati.

In questi giorni è stata depositata un'interrogazione scritta alla Commissione europea e al Consiglio nella quale viene chiesto quali siano gli stili di vita compatibili con trattamenti sanitari, quali l'alimentazione e l'idratazione artificiale e se, in presenza di un vuoto legislativo in materia, può essere considerata dalla magistratura come chiara e convincente espressione della presunta volontà di una persona in stato di incoscienza la dichiarazione orale di un momento antecedente allo stato vegetativo.
Alla Commissione e al Consiglio è stato ricordato che l'articolo 32 della Costituzione italiana sancisce che la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività e, garantendo la possibilità al malato di accettare o meno un trattamento sanitario, sottolinea che la legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.

Il Tribunale di Lecco aveva dichiarato in precedenza inammissibile il ricorso del padre di Eluana sul presupposto che ai sensi degli articoli 2 e 32 della Costituzione «un trattamento terapeutico o di alimentazione, anche invasivo, indispensabile a tenere in vita una persona non capace di prestarvi consenso, non solo è lecito, ma dovuto in quanto espressione del dovere di solidarietà posto a carico dei consociati, tanto più pregnante quando, come nella specie, il soggetto interessato non sia in grado di manifestare la sua volontà».
La Corte d'appello civile di Milano, sulla base della sentenza n° 21748 della Cassazione, ha ritenuto che l'interruzione delle cure può essere giustificata quando la ricerca della presunta volontà della persona in stato di incoscienza è ricostruita alla stregua di chiari, univoci e convincenti elementi di prova anche sulla base dello stile e del carattere della sua vita.

SEGUE

Commenti dei lettori: 1 commento -
http://www.disabili.com/content.asp?L=1&IdMen=56&SUBC=12120 23/08/2005 - DOPO TERRY, SARAH, CHE INVECE E' 'RITORNATA' DOPO 20 ANNI DI COMA Giorgio Genta, dell'Associazione ABC, si interroga sul "diritto al possibile risveglio" 31 marzo 2005, muore Terry Schiavo. Anzi, viene "staccata la spina" alla donna americana, in coma vegetativo da 16 anni. Una decisione prima che medica, etica, le cui riflessioni ancora si trascinano. Riflessioni alimentate, ad esempio, da quanto è accaduto nei giorni scorsi
Scritto da Carlo Cattorini il 21/7/2008 alle 19:49
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