Il tasso di occupazione femminile della provincia di Varese, nel 2009, è stato pari al 51,76%. Nel 2008 era del 55,63%. Un dato troppo basso, come quello regionale e nazionale. Una percentuale che risente della crisi e di difficoltà strutturali e culturali aggravatesi in questi anni.
Il Governo ha peggiorato la situazione annullando gli incentivi all’imprenditoria e all’occupazione femminile e cancellando le politiche sociali che aiutano a conciliare lavoro ed impegni di cura. Se ne è parlato durante il convegno sull’occupazione femminile “Women at work…in progress” organizzato dalle donne del Pd sabato scorso, al Collegio De Filippi di Varese.
Il 74,4% delle donne lavoratrici residenti in provincia di Varese ha un’età compresa tra 25 e 34 anni. La percentuale scende al 69.50% tra i 35 e i 44 anni. E si abbassa ancora tra i 45 e 54 anni, situandosi al 56.40%. Questi dati dimostrano che a Varese, come nel resto di Italia, le donne solitamente abbandonano il lavoro dopo la nascita del primo figlio a causa della mancanza di servizi per l’infanzia, di politiche di welfare e di piani di conciliazione carriera e lavoro. Inoltre in questi anni per le occupate si è anche allargato il differenziale retributivo rispetto ai colleghi maschi.
Chi non dice addio alla scrivania dopo il primo figlio, lo fa dopo la nascita del secondo. Chi poi vorrebbe rimettersi in gioco quando i bambini vanno a scuola, difficilmente riesce ad avere un’altra opportunità. Questo anche per la difficoltà di trovare un’occupazione con tempi di lavoro flessibili, come si sta cercando di articolare il lavoro in altri paesi europei.
Non è più accettabile che venga ancora chiesto di scegliere tra avere un lavoro o diventare mamma.
Non più accettabile perché le donne sono una risorsa importante, la nostra democrazia deve garantire la parità di partecipazione di uomini e donne alla vita economica e sociale del Paese.