Bin Laden è morto proprio mentre il mondo arabo sta cambiando.
Simbolicamente è una coincidenza molto forte.
È finito quando nelle piazze del nord Africa si è iniziato a respirare un’aria nuova, fatta di ribellione ai leader e di democrazia.
Oggi sui giornali ci si interroga su cosa significa la morte di quello che era conosciuto come il principe del male, l’antagonista alla democrazia.
Ezio Mauro, direttore di Repubblica, in un editoriale, parla del nemico dell’occidente che scompare proprio quando nasce un nuovo soggetto politico, quello della pubblica opinione. È come se il terrorista numero uno, colui che teneva in scacco il mondo democratico, se ne fosse andato nel cuore di una “primavera araba che cambia radicalmente il quadro rispetto a 10 anni fa”.
Stesso concetto quello espresso dall’opinionista Sergio Romano sulla prima pagina del Corriere della Sera. “Il fatto più positivo, nella lotta contro il terrorismo islamista, non è la morte di Bin Laden, ma l’apparizione nelle piazze arabe di un popolo nuovo, composto da giovani che non sembrano affidare all’Islam la soluzione di tutti i problemi e, pur essendo buoni musulmani, considerano il voto, nelle questioni terrene, più efficace del Corano. Sono loro i migliori nemici di Al Quaeda”.
Ora non sappiamo quello che accadrà. Forse il germe del fanatismo non può più attecchire in un contesto sociale profondamente cambiato.
Ma è chiaro che a noi spetta il compito di aiutare chi sta lottando per un mondo nuovo.
L’Europa, l’Occidente non può lasciare soli i giovani che chiedono democrazia. Per il nostro futuro.