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inserito il 26/3/2008 alle 11:05

Alitalia-AirFrance, la trattativa va avanti senza soste ormai da settimane. Il numero uno della cordata franco-olandese, Jean Cyrill Spinetta, che rappresenta il gruppo più grande del mondo, dopo aver messo sul piatto circa 2 miliardi di euro tra ripianamento dei debiti, acquisto della compagnia e aumento di capitale apre sul fronte degli esuberi. Ieri infatti il presidente di AirFrance-Klm ha dichiarato che “nessuno resterà a casa” e che 180 piloti potranno essere riassorbiti nel gruppo una volta sancito il passaggio della quota del ministero del Tesoro (49,9%) in mano francese. I 2100 esuberi previsti saranno tamponati grazie agli ammortizzatori sociali, quindi ancora una volta sarà lo Stato a dover far fronte alle esigenze di Alitalia dopo le continue infornate di fondi statali giunti negli anni nelle casse della Magliana. L’altra novità è lo slittamento della data di chiusura della vendita: non più il perentorio 31 marzo, ma probabilmente l’11 aprile, a ridosso delle elezioni. I soldi in cassa però sono sempre meno, il debito di Alitalia cresce di ora in ora e più di un esperto lancia grida d’allarme ventilando l’ipotesi fallimento che sarebbe dietro l’angolo.

Alternative ad AirFrance non se ne vedono, le cordate italiane si sono dissolte nel nulla e per il momento restano nei proclami elettorali di questo e quel candidato, qualcuno è arrivato perfino a proporre i propri figli come possibili acquirenti. Intanto il resto del mondo ci osserva con un sorriso di compassione sulle labbra mentre l’Italia “regala” un settore chiave come quello del trasporto aereo e non contenta lascia che anche il settore merci, intorno al quale ruotano milioni di posti di lavoro e imprese, sia abbandonato nel giro di due anni nella parte più produttiva del Paese: Lufthansa sarebbe pronta ad accaparrarselo. Il Nord intanto soffre e soffrirà per le conseguenze non tanto e non subito del passaggio di Alitalia ad AirFrance, quanto per il nuovo piano orario che la compagnia avvierà a partire dal 1 aprile: non ci saranno un terzo dei voli da e per Malpensa, le richieste di cassa integrazione hanno già toccato quota (circa) 2 mila, i precari vengono lasciati a casa (salvo salvataggi in extremis) e i sindacati lamentano una situazione ingestibile per quanto riguarda turni e orari di lavoro. Paradossalmente uno dei gap da sempre imputati a Malpensa, quello dei collegamenti, verrà parzialmente risolto proprio in concomitanza con l’avvio del piano di salvaguardia di Alitalia, vale a dire il 31 marzo: per quel giorno la Boffalora Malpensa sarà pronta e presto anche la ferrovia aumenterà la possibilità di raggiungere lo scalo varesino. Con dieci anni di ritardo e responsabilità che vengono rimpallate a destra e a sinistra, così come si rimpallano le accuse per il fallimento negli anni passati degli accordi con Klm e la stessa AirFrance, che avrebbero potuto salvare Alitalia. Malpensa però, lo credono in molti, si potrà salvare: servono alcuni (pesanti) aggiustamenti di tiro, i famosi patti bilaterali per consentire alle compagnie che lo vorranno di operare a Malpensa, la cessione coordinata degli slot. Chi vuole investire sullo scalo della brughiera c’è, lo dimostrano easyjet e anche AirOne, che proprio domani presenterà i nuovi voli in partenza da Milano. Lo dimostrerebbero le file di compagnie fuori dalla porta di Giuseppe Bonomi, numero uno di Sea, società che pagherà per il ridimensionamento di Alitalia e che ha fatto causa alla stessa Alitalia per 1,25 miliardi di euro per il cosiddetto de-hubbing. Chi vivrà, vedrà. 

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