La sinistra ha messo il paese in ginocchio. Rialzati, Italia!
Marco Airaghi   info@marcoairaghi.it
inserito il 11/10/2008 alle 10:35

“La scorsa notte ho fatto un sogno lungo e complesso.

E’ l’anno 2015. Da alcuni anni il terzo governo Berlusconi, mantenendo puntualmente la promessa elettorale, ha approvato una profonda riforma dello Stato in senso federale e, con essa, il federalismo fiscale: indispensabile corollario per rendere operativa ed effettiva la devolution.
I passaggi parlamentari erano stati lunghi e aspri, ma la netta maggioranza che era uscita dalle urne nella trionfale primavera del 2008 ha garantito una conclusione dell’iter legislativo senza intoppi.
L’Italia si è finalmente dotata di un sistema istituzionale più moderno ed in grado di adeguarsi alle profonde differenze territoriali e culturali del Paese.
Dopo un periodo di assestamento seguito alla terribile crisi finanziaria mondiale della fine del decennio, la profonda modifica dell’assetto statale ha dato i suoi frutti.
La nostra Regione e la nostra Provincia, finalmente libere di gestire direttamente la gran parte delle enormi risorse fiscali garantite dalla straordinaria capacità imprenditoriale dei nostri cittadini, hanno realizzato in pochi anni e con una rapidità senza precedenti le infrastrutture che da decenni servivano alle nostre imprese per trasportare la grande mole di materie prime e prodotti relativa alla produzione regionale.
Strade, autostrade, ferrovie ed aeroporti (Malpensa, impostasi secondo logica come l’hub italiano del business, ha rapidamente concentrato su di sé le rotte intercontinentali della nuova Alitalia e di molte compagnie straniere) consentono finalmente una mobilità tale da favorire lo sviluppo di nuove imprese e dei relativi servizi.
Anche i servizi locali, grazie ai ricchi introiti dell’autonomia impositiva, sono di anno in anno migliorati, raggiungendo livelli di assoluta eccellenza: la sanità lombarda, per esempio, già di altissima qualità a inizio secolo, è oggi considerata la migliore del mondo per qualità e quantità di cure ed assistenza.
La capacità della classe politica locale, da sempre attenta alla corretta gestione della cosa pubblica, dopo i primi anni di assestamento ha inoltre consentito di ridurre progressivamente il livello della tassazione locale, pur mantenendo inalterata la qualità dei servizi offerti ai cittadini.
Il combinato disposto di efficienza nei servizi, ridotta tassazione ed elevata dotazione infrastrutturale, attira in Lombardia investitori esteri e – convinte dalla credibilità della Lombardia – le unità produttive di molte multinazionali, attivando così un circolo virtuoso di crescita ed aumento del benessere ormai travolgente: l’imminente apertura dell’EXPO di Milano consacrerà la nostra regione come una delle zone più dinamiche dell’occidente.
Da sempre convinto federalista, da varesino mi compiaccio del compimento di un progetto che finalmente ci consente di esprimere appieno le nostre potenzialità, liberi dal giogo di un apparato statale lento, pesante ed inefficiente.
Un gran bel sogno.
Poi, improvvisamente, con quella rapidità di cambiamento tipica della fase onirica, il tempo corre, l’atmosfera cambia.
Ora mi trovo nel 2025, sono ormai in procinto di andare in pensione, ho molto tempo libero e cerco, inutilmente, di fare un giro nella mia Provincia. Non si circola più… ormai da qualche anno cercare un prato per far correre i miei nipotini è diventata una vera e propria impresa…
Il formidabile sviluppo economico degli ultimi decenni ha infatti portato sul nostro territorio migliaia di nuove aziende e, con esse, la necessaria manodopera: la popolazione lombarda nel giro di pochi anni è più che raddoppiata, ormai sfioriamo i 25 milioni. Oltre 20 milioni di abitanti sono concentrati nella zona di Milano, Brescia, Como e Varese: un’enorme area metropolitana senza soluzione di continuità.
All’immigrazione dall’est europeo e dall’Africa, da qualche anno si è tornata a sommare una forte immigrazione da quelle regioni italiane che non hanno saputo affrontare la rivoluzione federalista: dopo un periodo iniziale incerto, la riduzione dei trasferimenti statali di solidarietà ha infatti ulteriormente aumentato le distanze tra le regioni ricche e quelle povere, anche a causa dell’incapacità di classi politiche locali che non erano state mai abituate alla necessità di efficienza gestionale.
La carenza di servizi, una sanità allo sfascio e la chiusura delle già poche aziende, che progressivamente hanno preferito spostarsi verso le regioni del nord dove le condizioni per operare erano divenute incomparabilmente vantaggiose, hanno precipitato molte regioni meridionali in un baratro di miseria e disoccupazione, spingendo come negli anni Sessanta intere famiglie a spostarsi al nord in cerca di lavoro e condizioni di vita migliori, incentivate peraltro dalla necessità delle aziende di assicurarsi nuova manodopera.
Sia per l’enorme richiesta di alloggi dovuta alla forte immigrazione, sia per la pressante esigenza di reperire entrate – ormai prevalentemente limitate alla tassazione sugli immobili, dopo il federalismo fiscale ed il relativo stop ai trasferimenti statali – i comuni hanno reso edificabile la gran parte dei loro terreni. La nostra regione, già alla fine del secolo scorso la più cementificata d’Italia, ha ridotto al minimo le sue aree verdi, a nord di Milano la Lombardia è un’unica enorme città.
La mia Provincia di Varese è irriconoscibile: zone industriali e artigianali si alternano ad aree residenziali. In ogni comune le villette sono affiancate da quartieri di edilizia popolare. I campi coltivati sono ormai spariti, resiste faticosamente solo qualche piccola zona boschiva, ogni anno intaccata da nuovi piani di governo del territorio.
Nonostante le nuove strade e le metropolitane leggere, la circolazione è praticamente impossibile, l’eccessiva antropizzazione intasa ogni arteria stradale ad ogni ora del giorno, la nostra Provincia ormai assomiglia alle grandi metropoli del mondo. L’acqua potabile è ormai da anni un bene prezioso e razionato, la qualità dell’aria quasi ogni giorno supera la soglia d’allarme.
Il sogno è divenuto un incubo. Mi sveglio di soprassalto, sudato e sconvolto.
No. Non è questo il futuro che volevo per la mia Provincia!
Poi lentamente mi rendo conto: era solo un sogno, un brutto sogno.”
Questo mio intervento vuole essere chiaramente una provocazione: ho descritto (volutamente) in forma di sogno un modello di sviluppo che, benché non necessariamente vero, appare però verosimile, essendosi nel passato verificato in aree del pianeta che hanno vissuto momenti di impetuosa crescita economica.
Credo che l’importanza epocale della riforma che il Governo sta proponendo, imponga al legislatore un’analisi approfondita delle possibili evoluzioni a medio e lungo termine.
Sono infatti fermamente convinto che la scelta delle politiche di sviluppo non possa prescindere da un’attenta valutazione dei costi ad esso connessi. Il vero benessere, il Progresso, si realizza solo se la crescita economica si accompagna ad un’adeguata qualità di vita: ritengo che conciliare le due cose sia un alto compito della Politica.
Per questo, a chi avrà l’onore di discutere e votare la riforma federale dello Stato, dobbiamo chiedere il formale impegno che sia realizzata garantendo regole certe e controlli rigorosi: pesi e contrappesi tali da rendere impossibile il terribile finale del mio sogno.
Nei giorni scorsi Umberto Bossi ha detto che nei prossimi mesi si vedrà finalmente chi è contro il federalismo, e questi saranno nemici per sempre.
Io, orgogliosamente varesino, da sempre convinto federalista, corro il rischio di essere equivocato: amo troppo la mia terra per non chiedere di aprire un dibattito che mi convinca che questo incubo non possa realizzarsi.
 
Marco Airaghi
Commenti dei lettori: -
Archivi: