Idee e uomini non sono in vendita. Liberi e forti
Graziano Maffioli
inserito il 26/3/2008 alle 21:31

Signor Presidente, onorevole rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, al centro del dibattito odierno non c'è una battaglia a difesa di interessi campanilistici, non c'è la rievocazione di un dualismo Malpensa-Fiumicino, che appassiona sempre meno, ma c'è più articolatamente il domani del sistema Italia.

Suscitano molteplici perplessità le linee guida del Piano industriale 2008-2010 approvate dal consiglio di amministrazione di Alitalia in data 30 agosto 2007.

Discutibili sono i contenuti, che fin dalle premesse, vengono emblematicamente definiti "misure atte a garantire la sopravvivenza e la transizione" di un'azienda, diventata ormai nell'immaginario collettivo come la nazionale di calcio, dove 58 milioni di tifosi sono da un lato pronti a sostituire l'allenatore per risolvere la crisi di risultati, che evidenziano una perdita e non da oggi di un milione e mezzo di euro al giorno, e dall'altro a ritenere che tra le soluzioni più gettonate possa esserci il... "lasciamola fallire".

La strategia ipotizzata, dunque, e riferita ad un ridimensionamento della rete di collegamento che gravita attorno a Malpensa, non solo non serve a rilanciare la compagnia nell'Olimpo delle linee aeree, perché intende unicamente salvare il salvabile, ma tende a produrre, laddove venisse attuata, profonde modifiche nella strategia aziendale e dannose ripercussioni sul sistema di trasporto aereo nazionale.

Ogni serio ragionamento non può prescindere da alcuni dati di fatto, che ripercorrerò con ordine: l'Alitalia ha una flotta molto dimensionata rispetto ai suoi concorrenti: dati AEA del 2005 rilevano che dispone di 182 aerei senza acquisti all'orizzonte, mentre la Lufthansa ne ha 409 (e 34 già ordinati), l'Air France 253 (37 in arrivo), la British Airways, 289 (10 già prenotati).

Dunque, vale ricordare che sotto la sigla AZ si nasconde un topolino che ha approfittato degli aiuti di Stato (5 miliardi di euro in dieci anni) e che l'Unione Europea ha permesso solo a patto che non fossero destinati al finanziamento di nuovi investimenti.

Continuando l'analisi dei dati e delle comparazioni utili a verificare la strategia aziendale di Alitalia, che intende nella fattispecie tagliare 150 voli internazionali da Malpensa, non si può prescindere dall'area allargata entro la quale è ubicato tale aeroporto.

Essa comprende i territori di Varese, Milano, Como, Novara e Verbania, un'area nella quale è presente una delle più importanti agglomerazioni italiane di persone e di imprese.

In un raggio inferiore a 100 chilometri si concentrano oltre 5,5 milioni di persone, a cui si dovrebbero aggiungere i circa 300.000 del Canton Ticino, con una presenza di 75.000 imprese manifatturiere e 697.000 occupati.

Con il bacino più esteso (Lombardia, Piemonte, Liguria) si raggiungono 15 milioni di abitanti, 187.000 imprese manifatturiere e 1 milione e 865.000 occupati.

È questo uno dei più interessanti bacini europei di consumo ad elevato reddito e di concentrazione imprenditoriale, da cui partono circa 132 miliardi di euro di esportazioni verso il resto del mondo.

Nell'area di Malpensa si produce il 31 per cento del PIL, ci sono il 20 per cento delle imprese attive in Italia e si genera il 47 per cento dell'import e il 41 per cento dell'export nazionale.

Vale la pena ricordare che da gennaio a luglio 2007 Malpensa ha registrato un incremento di passeggeri del 9,2 per cento, trend di crescita che consentirebbe di passare dai 21 milioni di persone trasportate nel 2006 a oltre 23 milioni nel 2007.

Per il trasporto delle merci, la domanda sempre più in aumento da parte delle imprese, determinata sia dal processo di internazionalizzazione che dall'interesse verso nuovi mercati, ha registrato nel primo semestre 2007 una crescita del 23 per cento, che le ha fatto vincere il premio Air cargo of excellence 2007 per la qualità dei servizi erogati.

Il valore delle merci esportate dalle imprese lombarde nel corso del 2006 ha registrato un aumento del 9 per cento, passando da 85.277 milioni a 92.910 milioni di euro, valore pari al 28,4 per cento del totale delle esportazioni italiane.

Qualora, dunque, le linee di intervento prospettate da Alitalia venissero attuate, risulterebbe evidente la volontà sia di rinunciare a competere con i grandi vettori europei ed internazionali che di allontanare l'Italia, e in modo particolare il Nord, dai traffici economici mondiali.

Da questi dati affiora allora ben più di qualche ragionevole dubbio circa la credibilità delle indicazioni contenute nel piano Alitalia, il quale, anziché puntare al rilancio della Compagnia attraverso azioni in grado di recuperare competitività industriale, finirà per comprimerne le potenzialità proprio in ragione del preannunciato abbandono delle rotte intercontinentali che fanno capo a Malpensa.

Tali decisioni non sembrano tenere in alcun conto le esigenze di mobilità di quanti operano nelle imprese del Settentrione, che si vedranno allungare i tempi di percorrenza per raggiungere le destinazioni intercontinentali.

È stata stimata una dilatazione fino a due ore e mezzo per andare a New York e Boston, tre ore e mezzo per Caracas e sette ore per Buenos Aires.

Questa estensione originerà, sul piano delle prevedibili conseguenze, sia una propensione degli operatori economici stranieri a considerare le imprese del Nord Italia come partner commerciali di preferenza, anche grazie alla loro facile raggiungibilità da ogni parte del mondo, che un indebolimento dell'industria del Nord, tale da rappresentare un boomerang per gli interessi del Paese.

L'aeroporto di Malpensa è il quinto hub d'Europa con 38 destinazioni servite.

La perdita del ruolo hub di Malpensa riporterebbe viaggiatori e merci provenienti dall'intero Nord Italia verso i grandi hub europei, a partire da Francoforte, Zurigo, Parigi, Amsterdam, Londra.

Tale depotenziamento non equivarrebbe automaticamente al potenziamento di Fiumicino e il traffico che Malpensa perderebbe, con la decisione di Alitalia, comporterebbe per tutti gli aeroporti italiani, a partire da Fiumicino e dalla stessa Malpensa, una collocazione, nello scenario europeo, tra gli aeroporti dal secondo livello in giù.

Al riguardo, una riflessione in più la dovremmo aprire sull'attuale sistema aeroportuale italiano, che appare oggi più come una sommatoria di risposte alle necessità locali che la visione sistemica di un piano infrastrutturale efficiente, capace di fungere da catalizzatore per lo sviluppo futuro.

Nel corso degli anni il nostro Paese ha sostenuto investimenti consistenti: oltre un miliardo di euro per un progetto risalente al 1985 e inaugurato nel 1998 dallo stesso presidente del Consiglio dei Ministri Romano Prodi...

Si è trattato di soldi spesi per fare di Malpensa, secondo i piani dell'Unione Europea, l'hub del Centro-Sud Europa e ciò nonostante siano ancora in fase di completamento, dopo dieci anni, i collegamenti da e per l'aeroporto.

Persino tra le pieghe del DPEF 2007-2011 esistono risorse destinate a potenziare le infrastrutture intorno a Malpensa! Come può dunque Prodi, e la sua maggioranza, sostenere una serie di iniziative per potenziare le infrastrutture di Malpensa e nel contempo approvare un Piano industriale che va nella direzione esattamente opposta?

Nell'attuale fase di globalizzazione dell'economia, la possibilità di spostare persone e merci in modo efficiente e a basso costo costituisce un fattore strategico e di successo.

Come può dunque il Governo italiano non dire parole chiare sul processo di sviluppo e modernizzazione del Paese, che per stare al passo con i tempi dovrebbe dare servizi, anziché continuare a confondere un'azienda con un monte di pietà?

Come può il Governo italiano consentire che, dinanzi a scelte che hanno una rilevanza enorme nella politica economica italiana, la decisione sia affidata unicamente al consiglio di amministrazione di Alitalia?

Ora è ancor più necessario agire affinché il processo di privatizzazione dell'Alitalia avvenga in tempi rapidi, soprattutto facendo in modo che la crisi della stessa eviti di pregiudicare il progetto per l'aumento della dotazione infrastrutturale necessaria allo sviluppo del Paese.

II Ministero dell'economia, che detiene il 49 per cento delle azioni Alitalia, non può limitarsi a spingere per l'eutanasia dell'aviolinea.

Se non vuole pronunciarsi sul piano industriale di Alitalia, dica almeno una parola chiara e definitiva per fare in modo che vi sia il coinvolgimento delle Regioni nella assegnazione degli slot, delle rotte e delle bande orarie.

Non servono al Paese, né al rilancio della sua economia, taciti assensi su linee strategiche aziendali che puntano unicamente sul tirare a campare.

Faccia fronte il Governo alle sue responsabilità, che non sono soltanto quelle di detenere una importante quota azionaria di Alitalia, ma difendere l'intero sistema Italia.

Chiarisca che non si tratta di un braccio di ferro tra Nord e Sud! Esca da questo assordante silenzio che danneggia pesantemente l'economia dell'intero Paese.

Graziano Maffioli

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