Idee e uomini non sono in vendita. Liberi e forti
Graziano Maffioli
inserito il 11/4/2008 alle 19:00

 

Se volgiamo lo sguardo al dibattito politico in corso in Italia sul tema del lavoro, vediamo che esso si concentra sulla cosiddetta legge Biagi, di cui la sinistra chiede di fatto l’abolizione. Questo atteggiamento fa parte di un retaggio culturale del passato che oggi non è più possibile riproporre. Il sistema italiano di protezione del lavoro si è, infatti, incardinato a lungo sulla difesa del posto fisso. Con il tempo è però diventato sempre più evidente che la difesa del posto di lavoro fisso si paga con la riduzione dei posti di lavoro disponibili. Se non esiste la possibilità di licenziare, in caso di necessità le aziende preferiscono non assumere e rinunciano anche a possibilità di ingrandirsi e crescere. In realtà poi le garanzie del posto di lavoro non si estende in modo uguale a tutti i lavoratori. Ne sono esclusi i lavoratori delle piccole imprese, quelle con meno di quindici addetti.
 
Da questa situazione si è cominciato a uscire col cosiddetto pacchetto Treu e poi con la legge Biagi. Benché siano stati approvati l’uno da un governo di centrosinistra e l’altro da un governo di centrodestra, l’ispirazione dei due provvedimenti è sostanzialmente la stessa, tanto che possono essere considerati come due tappe di un unico processo riformatore. Queste riforme hanno realizzato un vero e proprio miracolo: l’occupazione è cresciuta e la disoccupazione è corrispondentemente diminuita ai minimi storici. In seguito, per molti giovani, il contratto a termine si è poi consolidato in contratto a tempo indeterminato. Per altri no. Resta un’area importante di lavoro precario.
 
Cosa fare allora? E’ necessaria una proposta coraggiosa per andare oltre la legge Biagi. Rispetto ad essa non si può tornare indietro, se non si vuole trasformare tanti precari in disoccupati. E’ però possibile uscire dal precariato permanente. E’ necessario istituire un contratto a tempo indeterminato che non contenga la clausola di inamovibilità del lavoratore. Ovviamente questa libertà di uscire dal rapporto di lavoro va accompagnata con altri provvedimenti in difesa della persona che è rimasta senza lavoro: il sussidio di disoccupazione, la formazione professionale e l’aiuto nella ricerca di un nuovo lavoro. L’ideale è l’accompagnamento da posto a posto di lavoro. E’ allora necessario garantire al lavoratore un reddito adeguato nel periodo di disoccupazione, legato alla frequenza di corsi di formazione orientati che gli permettano di riqualificarsi, recuperando per quanto possibile la sua professionalità precedente e orientandosi verso i nuovi mestieri e le nuove opportunità offerte dal mercato.
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