Un grafico al giorno leva lo spread di torno
Mario Agostinelli   agostinelli.mario@gmail.com
inserito il 21/5/2009 alle 08:24

Riprendo, reinterpretandole, alcune osservazioni che mi ha trasmesso Ettore Masina. Chi legge la storia non soltanto sui libri scritti dai vincitori, ma anche ascoltando i lamenti o i silenzi dei poveri ai quali i mass-media tagliano le corde vocali, sa bene che accadono eventi i quali, a prima vista, possono sembrare episodi di scarsa rilevanza, ma che invece, a pensarci bene, segnalano il livello del male esistente nella negazione dei diritti alla vita. Non quelli branditi ideologicamente contro le Englaro o la maternità consapevole, ma quelli che riguardano gruppi di poveri respinti o inabissati nel Mare Nostrum e di cui i governanti – gli stessi che si scagliano contro aborto e eutanasia - ci assicurano che si tratta di spiacevoli incidenti di percorso nella difesa del nostro livello di vita. Respingerli equivale a far sapere che i loro tentativi non si ripeteranno. Come dicevano i terroristi? Punirne uno per rieducarne cento. Quegli eventi, però, mostrano le crepe del nostro sistema di vita, collettivo e personale. Apparentemente scomparsi, in realtà modificano i nostri valori, ci cambiano, talvolta irreparabilmente. Un giorno, scoprendone gli effetti devastanti, faticheremo a ricordarne l’origine, o addirittura saremo diventati così diversi (peggiori) da non vedere dove abbiamo scelto di camminare. Già ai meno giovani fra noi è facile constatare come i politici italiani usino oggi abitualmente un linguaggio che sarebbe risultato a tutti intollerabile solo pochi anni fa, e avanzino seriamente proposte razziste le quali, ancor prima che crudeli, pochi anni fa sarebbero state considerate demenziali. Eppur a noi è già toccato. Nel 1847, ottantaquattro bastimenti furono fermati a Grosse Isle, sotto Quebec. Fra gli immigranti irlandesi, francesi e i 700 italiani che cercarono rifugio sotto fragili capannoni esposti a tutte le intemperie, ne morirono 10 mila. Un secolo e mezzo più tardi, l’Italia, uno degli 8 paesi più “sviluppati” del mondo, ha usato una nave da guerra, uno dei costosissimi capolavori della tecnologia militare, per rimandare in un vero e proprio lager un piccolo gruppo di miseri che erano riusciti ad evaderne. Non c’è nessun italiano, che non sia analfabeta di ritorno, il quale ignori che cosa sia un centro di detenzione profughi in Libia: creature umane sottoposte a un trattamento miserabile, torture, violenze carnali e persino – come hanno raccontato tante persone che sono riuscite a fuggirne - donne che muoiono cercando di abortire il piccolo nemico che il carnefice ha seminato nel loro grembo. Per difendere la nostra paura, siamo diventati gestori di morte. Quello che è successo non può essere valutato in tutta la sua gravità se non si ricorda che il governo Berlusconi ha praticamente “tagliato” ogni nostro aiuto alle popolazioni più povere del Sud della Terra. e questo mentre la crisi economica mondiale morde con maggiore ferocia le aree del sottosviluppo. Inoltre fra quei 227 esuli molti, come è risultato in tutti gli sbarchi a Lampedusa, avevano diritto di asilo nel nostro Paese, secondo l’articolo 10 della nostra Costituzione, perché colpiti nei loro diritti umani; ma nessuno ha udito i loro racconti. Ma Berlusconi, Larussa, Maroni, Sacconi e compagnia non esibiscono platealmente, in TV, ad ogni uscita pubblica e ad ogni viaggio di solidarietà verso i nostri connazionali colpiti da catastrofi, la loro devozione cristiana?

Categoria: Persone
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