Un grafico al giorno leva lo spread di torno
Mario Agostinelli   agostinelli.mario@gmail.com
inserito il 31/5/2009 alle 09:03

La nuova varietà di popolazione che si incontra per le nostre strade è una realtà incontestabile ed inarrestabile. I flussi migratori dei quali l'Italia, la Lombardia, Varese sono protagonisti oggi comportano mutamenti che sapremo vivere con serenità solo se sapremo essere buoni ospiti e capaci di gestire in modo non conflittuale gli spazi e le risorse pubbliche. Sabato 23 maggio nella sala Borghi del Collegio De Filippi di Varese studenti dei Licei di Varese ed operatori della scuola pubblica si sono incontrati in occasione di "Circolare Cultura - la scuola dell'obbligo fra varietà culturale e qualità della relazione" per discutere di come il sistema dell'istruzione italiano stia affrontando le problematiche della diversità culturale. Invitati per l'occasione dall'Associazione EST Onlus, che da due anni cura un servizio di doposcuola presso la scuola media inferiore Righi. E' questo un plesso che per composizione studentesca e localizzazione offre un punto di vista emblematico delle politiche pubbliche dell'apparato educativo. Il progetto ESTRO, finanziato dal Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali, segue qui 60 alunni con il supporto di oltre 30 volontari, utilizzando la scuola come spazio pubblico pomeridiano per offrire un supporto educativo attraverso il gioco e la creatività. Ho introdotto e moderato gli interventi dei partecipanti, raccontando anzitutto di come ha conosciuto i fondatori di EST quando ancora erano giovani studenti dei licei varesini e lo aiutavano nella divulgazione di attività di cooperazione e volontariato internazionale, attività principale di EST oggi. Un approccio di impatto indubbiamente forte, da parte di alcuni ragazzi di Varese, partire in furgone per l'est europeo a fare volontariato negli istituti per minori abbandonati della Romania o nei reparti di oncologia pediatrica nelle aree dell'ex Unione Sovietica. Il prof. Enzo Colombo, ordinario del Dipartimento di Studi Sociali e Politici dell'Università di Milano, ha fornito un analisi dei flussi migratori e soprattutto delle cosiddette “seconde generazioni”, cercando di far comprendere alla platea il punto di vista del singolo che si trova ad affrontare la condizione di "immigrato" e "diverso" nella società in cui in realtà cresce e di cui oggettivamente fa parte. Emilia Naldi, giurista esperta in diritti di cittadinanza e collaboratrice dell'Agenzia per l'Integrazione di Bergamo pone in luce le possibili problematiche correlate alle proposte di legge sulla sicurezza, che non tengono conto degli strumenti giuridici attualmente esistenti per tutelare e regolare i fenomeni migratori, né delle possibili conseguenze cui si va incontro escludendo, ad esempio, dal sistema dell'istruzione pubblica, parte dei minori che abitano una comunità, a prescindere dalla loro condizione di "clandestinità" spesso derivante da cause formali. La scuola deve rimanere uno spazio pubblico, neutrale, dove gli insegnanti sono ospiti e gli alunni sono messi in condizione di apprendere. Ci si domanda come una Scuola che talvolta fatica ad accogliere nel corpo docenti un supplente proveniente da un'altra regione possa pretendere di "integrare" un giovane migrante che non parla italiano. Giovanni Resteghini, referente per l'intercultura dell'Ufficio Scolastico provinciale, ha sottolineato come vi siano attualmente numerosi strumenti a disposizione degli istituti scolastici e che l'apporto del terzo settore in questo senso è importantissimo. Evidenzia come, in particolare nelle aree metropolitane, si debba spingere verso un utilizzo dello spazio scolastico che prescinda da finalità puramente didattiche ma permetta sia una maggiore integrazione dell'istituto con il territorio sia un utilizzo più sensato delle risorse pubbliche che rimangono inutilizzate per una percentuale significativa della giornata. Il dibattito che si è aperto a seguito di questi interventi si è focalizzato sul concetto di "rallentamento" come pregiudizio diffuso. Le famiglie italiane tendono a non iscrivere i propri figli nelle scuole ad elevata percentuale di stranieri perché temono un offerta formativa non all'altezza, causata da un gruppo di studio meno qualificato. E' fondamentale sfatare questa incomprensione, sia perché la scuola dispone di strumenti in grado di far fronte alle difficoltà iniziali, sia perché non vi sono reali ragioni di concreto "rallentamento" negli studi. Al contrario, dallo scambio non possono che nascere miglioramenti. Una ragione ulteriore poi risiede nella eccessiva apprensione delle famiglie italiane verso la "prole" vista e vissuta come “investimento”, secondo modalità che abitualmente distolgono l'attenzione dai reali bisogni dei minori. Anche in questo senso il progetto ESTRO costituisce un esempio emblematico che si propone di affrontare la varietà culturale facendo emergere ed affrontando i conflitti generati dalle idiosincrasie che spesso gli adulti riversano giovani.

Categoria: Idee e proposte
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