inserito il 23/11/2009 alle 07:30
Il giudice argentino Gustavo Gomez, procuratore generale, spiega la sua idea di creare una rete internazionale e poi una corte penale ad hoc per perseguire i crimini ambientali commessi dalle grandi multinazionali. Un cammino lungo e difficile che però è già iniziato e guarda al futuro. È in Italia in questi giorni il Procuratore generale argentino Gustavo Gomez, membro della Rete latinoamericana di Procuratori Ambientalisti e da decenni impegnato sul fronte della difesa dell’ambiente e delle comunità colpite dai conflitti ambientali. La rete continentale di procuratori è frutto della sinergia tra le storie di impegno di singole procure sparse su tutto il territorio latinoamericano nel perseguire penalmente i responsabili di crimini ambientali, ma non è rigidamente strutturata, non ha presidente, né portavoce o tesoriere ed è articolata su due livelli: ogni paese ha un procuratore rappresentante [Gomez lo è per l’Argentina]; esistono poi decine di procuratori che aderiscono alle rete in ogni regione di ciascun paese, ognuno specializzato in un diverso campo di indagine. In Brasile ad esempio, i procuratori membri della rete sono circa 1.200. Una delle ragioni della lunga visita in Europa è l’idea che ha la rete di valicare i confini latinoamericani e divenire una rete intercontinentale. Le questioni ambientali, spiega Gomez, non hanno frontiere. «In altre parole – continua Gomez – il problema è che gli strumenti giuridici di tutela non sono sufficienti, lo dimostra il fatto che finora essi non sono stati efficaci per combattere le molte emergenze ambientali causate dalle politiche di impresa e dal mancato controllo degli organismi pubblici. La Rete di procuratori crede di avere una risposta in tal senso: elaborare a livello internazionale una normativa penale ambientale». Categoria: Idee e proposte
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