Azioni, interventi e proposte per la competitività delle imprese.
Associazione Artigiani
inserito il 26/3/2008 alle 10:24

Sono contento di poter rappresentare oggi, qui, in questa terra del Nord, le ragioni e le attese del mondo dell’artigianato.

Le parlo a nome delle 85.000 microimprese che in Lombardia aderiscono a Confartigianato, ma anche come esponente ed espressione di tutti “quei Nord” che lei ha già incontrato e che chiedono e vogliono una maggiore considerazione da parte della politica.
In particolare vorrei concentrare il mio intervento sui temi del fisco e dell’insofferenza del Nord.
 
In una recente ricerca commissionata al prof. Mannheimer, realizata su un campione significativo di artigiani lombardi nostri associati, è risultato che fisco e federalismo fiscale sono considerati priorità assolute.  Alle domande “Quali sono le questioni più importanti che il governo che verrà dovrà affrontare in campo socio economico?” e “Cosa chiedi ai futuri parlamentari lombardi di sostenere a favore della Lombardia?” quasi il 40% degli artigiani ha posto l’accento sulla necessità di diminuire la pressione fiscale su imprese e famiglie e di attuare un serio federalismo fiscale.
 
Procediamo con ordine: la questione fiscale.
Nel protocollo d’intesa sottoscritto da tutte le organizzazioni della micro e piccola impresa con il Governo, nel dicembre 2006, si affermava la volontà di “portare il sistema fiscale italiano a diventare una componente sempre più funzionale allo sviluppo del sistema produttivo, distributivo e dei servizi agevolando i processi di riorganizzazione e ristrutturazione delle imprese”.
Il fisco come leva per lo sviluppo e non, dunque, come espressione di una logica punitiva.
La pressione fiscale nel periodo 2005-2007 è cresciuta di 2,4 punti percentuali e oggi si attesta al 43% del PIL. In questo contesto è necessario introdurre una serie di misure atte, da un lato, a ridurre la pressione fiscale che grava sulle imprese e dall’altro ad introdurre provvedimenti tesi a premiare le imprese più dinamiche.
La semplificazione degli adempimenti connessa alla stabilità degli stessi deve, anch’essa, essere messa al centro dell’azione politica.
 
1. Ridurre l’impatto finanziario dell’imposizione sulle piccole imprese
La tassazione del reddito d’impresa, ad eccezione dei contribuenti minori (fino a 30.000 euro di ricavi e con beni strumentali di ridotto importo, oltre ad altre specifiche condizioni), avviene nel rispetto del principio della competenza economica. Da ciò scaturisce che il reddito è determinato avendo riguardo, unicamente, al suddetto principio senza tener conto degli incassi e pagamenti effettuati dall’imprenditore. Molti imprenditori, spesso, sono tenuti al pagamento di imposte su redditi che non hanno avuto manifestazione numeraria. Per attenuare l’impatto finanziario si suggerisce di estendere la cosiddetta tassazione per cassa, già sperimentata per il nuovo regime dei minimi.
 
2. Studi di settore: riaffermazione degli iniziali scopi per cui furono concepiti
Gli studi di settore si sono rilevati, nel corso degli anni, fonte di notevole frizione fra le rappresentanze della piccola impresa e l’Amministrazione finanziaria. E’ necessario riaffermare i principi che furono alla base dell’iniziale condivisione del progetto: trasparenza ed equità nei rapporti fisco-contribuente.
Per migliorare lo strumento e riaffermare i citati principi è essenziale prevedere che l’entrata in vigore dello studio revisionato avvenga dal periodo d’imposta successivo alla sua approvazione. Ho letto nel programma del Partito Democratico che questo è previsto. Mi dispiace che solo oggi si dichiara di accettarlo; da due anni lo chiediamo senza essere ascoltati.
 
3. Sperimentare nuove ipotesi di contrasto di interessi: ampliare le ipotesi di deducibilità/detraibili di alcuni costi
La deducibilità/detraibilità di alcuni costi deve essere estesa, dopo la positiva esperienza connessa alle ristrutturazioni edilizie, anche ad altri settori. La perdita di gettito, connessa alla deducibilità/detraibilità delle nuove fattispecie, sarebbe colmata dall’allargamento della base imponibile che ne deriverebbe.
 
4. Mettere al centro della tassazione personale la famiglia
La tassazione personale deve essere riequilibrata avendo come punto di riferimento, in particolare, la famiglia così comeavviene in altri Paesi europei come Francia e Germania. All'aumentare della numerosità del nucleo familiare diminuisce il reddito soggetto ad imposta, pervenendo, quindi, all’applicazione di aliquote più ridotte.
 
5. Ridurre la pressione fiscale che grava sulle imprese soggette ad IRPEF
L’ampliamento della base imponibile, scaturente da una incisa lotta all’evasione fiscale attuata anche mediante una corretta applicazione degli studi di settore, deve portare ad una riduzione del carico fiscale che grava su ditte individuali e società di persone.
Si suggerisce:
1.      l’introduzione di una apposita detrazione d’imposta per coloro (titolari e soci) che prestano la propria opera nell’attività d’impresa;
  1. progressiva riduzione dell’IRAP attraverso graduali innalzamenti della franchigia di esenzione;
6. Rispettare i principi dello Statuto del Contribuente
Riaffermare i principi dello Statuto del Contribuente, in special modo per quanto riguarda l’efficacia temporale delle norme tributarie e la tutela dell’affidamento e della buona fede del contribuente.
 
7. Semplificare gli adempimenti tributari 
Nel corso degli anni la stratificazione di innumerevoli adempimenti spesso inutili e inefficaci ad una reale lotta all’evasione fiscale ha comportato notevoli costi di gestione, soprattutto per le imprese di più piccole dimensioni. Al riguardo si suggerisce l’istituzione di una Commissione ad hoc, composta da rappresentanti delle Organizzazioni imprenditoriali e dell’Amministrazione finanziaria, per effettuare una puntuale ricognizione degli adempimenti e proporre eventuali soluzioni alternative.
 
8. Il Federalismo fiscale come strumento per una azione più responsabile degli amministratori locali
Il Federalismo fiscale dovrebbe basarsi, il più possibile, sul principio di correlazione tra prelievo e beneficio connesso alle funzioni esercitate dai diversi livelli di Governo locali.
 
La Questione Settentrionale, o…
Il tema del federalismo fiscale mi permette di introdurre un intervento su ciò che si definisce Questione Settentrionale, anche se è preferibile esprimersi con “Questioni Settentrionali”, considerata la molteplicità dei Nord e le loro rispettive diversità. La ricerca di Mannheimer ha evidenziato che ben il 75% degli artigiani lombardi ritiene l’argomento di assoluta importanza.
Cercherò di affrontare il problema da una prospettiva diversa, cioè restando legato al tema del fisco. Ovviamente si tratta di una visione più ampia, generale e trasversale.
La questione fiscale al Nord è “altra”, certamente particolare rispetto ad altri contesti e territori.
 
Uno studio del 2006 della Agenzia delle entrate, quindi ufficiale, elaborato dal nostro ufficio studi nazionale fa emergere dati eloquenti che non necessitano alcun commento. Lo studio affronta anche l’intensità dell’evasione fiscale, intesa come rapporto fra entità e valori dichiarati. Si esamina il periodo 1992-2002. Ebbene, se l’intensità di evasione in Lombardia è del 13% nel Nord-Ovest sale al 20%, nel Nord-Est al 23%, nel Centro al 30% per poi raggiungere il 60% nel Mezzogiorno.
 
Se si guarda anche altri dati, per esempio quelli degli studi di settore, i termini della questione non cambiano. Anche qui, le statistiche della Agenzia delle entrate ci dicono che il numero dei congrui è di gran lunga più elevato al Nord che nel resto d’Italia, così come molto più elevati sono i redditi medi dichiarati.
Apriamo gli occhi: si vuole, o no, affrontare questa situazione senza timori? Non è accettabile “stressare” ancora e ancora questo tessuto produttivo.
 
Un bel libro di Marco Alfieri, un giornalista varesino del “Sole 24 ore” dall’emblematico titolo “Nord terra ostile. Perché la sinistra non vince” ben illustra cos’è, oggi, questo Nord. Scrive, Alfieri: “Capitalismo diffuso, centralità del territorio, imprese che cambiano e si rimodellano, imprese e distretti che alzano il valore aggiunto dei propri manufatti…”. Certo, con contraddizioni e difficoltà, ma comunque con una immutata vitalità.
 
Oggi questo Nord, questi mondi a capitalismo diffuso, alla politica non chiedono favori e protezioni ma buone infrastrutture, buona logistica (per evitare extracosti), buona formazione al lavoro, un fisco giusto e una burocrazia efficiente, risorse per competere.
Questo perché a competere sul mercato, oggi, sono sempre più i sistemi territoriali che le singole imprese.
Ecco, vorrei che questo messaggio le giungesse forte. Insomma, vorrei che la politica, finalmente, “svoltasse”.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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