Azioni, interventi e proposte per la competitività delle imprese.
Associazione Artigiani
inserito il 12/6/2008 alle 15:35

Una dichiarazione breve, ma efficace: <Mi sono ricordato di un motto, ideato da Ivano Spallanzani, ex presidente di Confartigianato: “Lasciateci lavorare”. Questo sarà il Governo dei fatti, perché l’attenzione nei confronti del vostro mondo sarà alta. Questo sarà un Governo “artigiano”>. Così Silvio Berlusconi, Presidente del Consiglio, ha chiuso questa mattina, nella Sala Sinopoli dell’Auditorium Parco della Musica a Roma (folta la rappresentanza dell’Associazione Artigiani della Provincia di Varese), l’Assemblea annuale di Confartigianato. Con lui il presidente del Senato Renato Schifani e il vicepresidente della Camera Maurizio Lupi.
Ma anche Maurizio Sacconi, l’applauditissimo Ministro del Lavoro – in platea, Alemanno, Marcegaglia, Bonanni, Castelli ma anche Veltroni, Letta, Lanzillotta, Bersani - al quale è stato affidato il compito di “dialogare” con Giorgio Guerrini, presidente di Confartigianato nazionale.

Precise e circostanziate le richieste del “numero 1” di Confartigianato: coinvolgimento delle microimprese nelle nuove norme del Governo per valutarne il reale impatto sul mondo artigiano, no alle norme retroattive negli Studi di Settore, sì alla tassazione “per cassa” per imprese con volumi ridotti e all’agevolazione fiscale per ristrutturazioni edili, sì al Federalismo contrattuale e, di conseguenza, no al contratto a “taglia unica”. A seguire i “cavalli di battaglia”: liberalizzazioni, costo dell’energia, concorrenza tra banche e assicurazioni. Apprendistato.


Decise e mirate le risposte di Sacconi, che nell’anticipare alcune misure della prossima Finanziaria ha sottolineato quanto l’approccio di questo Governo ai problemi avverrà “per obiettivi e non per sanzioni”. Inoltre, numerosi saranno gli interventi a favore del mondo del lavoro, perché “ciò che va bene alla piccola impresa, va bene all’Italia”. Ecco allora le misure per una più facile gestione nei rapporti di lavoro (eliminazione del libro matricola e del libro paga; sì al libro presenze), sì al cumulo lavoro-pensione, semplificazione del Registro orario lavoro mobile, ripresa della Legge Biagi e valorizzazione e deregolamentazione dell’apprendistato.

Proprio su questo strumento, tipico del mondo dell’artigianato, Sacconi ha concentrato la propria attenzione affermando che “la sede dove si giocherà l’apprendistato non saranno più le scuole e i Cfp, ma le piccole imprese. Inoltre, l’apprendistato non sarà più di competenza della Pubblica Amministrazione ma degli Enti Bilaterali, perché proprio della bilateralità Confartigianato rappresenta un modello al quale guardare”. La lista delle “buone azioni” è lunga: la Magistratura che non deve invadere le libere scelte dell’imprenditore, la detassazione al 10% degli straordinari e la concertazione, nella quale Confartigianato avrà un ruolo di sempre maggior peso.

<Ci auguriamo – ha affermato Giorgio Merletti, presidente dell’Associazione Artigiani della Provincia di Varese e di Confartigianato Lombardia – che questa volta le parole abbiamo realmente un peso. E che la classe politica abbandoni il buonismo e la demagogia dimostrandosi seria negli intenti e nelle azioni. Per premiare, finalmente, quel 98% dell’imprenditoria italiana che è impresa artigiana. E per dare un senso alla sua missione: offrire stabilità, crescita economica, distribuzione delle risorse. E’ questo che abbiamo sempre chiesto; è questo che ci attendiamo dal nuovo Governo>.

 

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inserito il 21/5/2008 alle 08:45

Accensione motori
Vinca il migliore! Come sempre. Anche in questo “grand-prix” del federalismo che punta al modello della Regione Lombardia come esempio per l’intera Italia. Umberto Bossi lo premia e vuole trovare una convergenza vincente con la proposta di legge varata dal consiglio regionale lombardo il 19 giugno 2007. Questa volta non si scappa: le imprese creano economia e chiedono che l’economia faccia quadrare i conti, anche per loro. Tasse pagate, vantaggi sul piatto.
Partenza falsa
Il Governo non frena gli entusiasmi e “sgomma” con proposte federaliste abolendo l’ICI, imposta che federalista, invece, lo è già. Si basa, infatti, sulla responsabilizzazione dei sindaci ed il 60% delle entrate tributarie dei comuni proviene dalla tassa sugli immobili. Magari si potrebbe ripensare il catasto e legare, come in Germania, Spagna e Inghilterra, la percentuale dell’imposta alla vivibilità del quartiere nel quale è collocato l’edificio.
Al Senatur non serve il “pit-stop”
L’ha detto il Senatur: l’80% dell’Iva ed il 15% dell’Irpef statale (l’intero gettito delle accise sulla benzina, l’imposta sui tabacchi e quella sui giochi) dovrà rimanere qui. E con quell’80% il conto economico della Lombardia raddoppierebbe passando dagli attuali 21 miliardi a 42. Sul fatto che la classe politica ci avesse preso, per anni, per i fondelli non avevamo dubbi…Meglio cambiare marcia!
Regioni “a spinta” sul grand-prix della fiscalità
D’accordo, ma quanto dei tributi versati a Regioni, Comuni e Province rimane sul territorio e viene reinvestito in loco? Pochissimo al Nord, tutto (con qualche ulteriore “rinforzino”) al Sud. Il Giornale, pochi giorni fa, scriveva: “Come dire che Irap, addizionale regionale Irpef, Tarsu e Ici ad esempio versate dai lombardi, servono per pagare asili e strade di Calabria e Basilicata. Mentre la Lombardia copre le spese correnti con il 64,6% dei propri tributi, in Basilicata si supera di poco il 21%”. Conti alla mano, sono promosse il Piemonte (53,7%), il Veneto (53) la Toscana (47,8) e l’Emilia Romagna (45,9). Tutte virtuose, poi la media – perché c’è chi “va a spinta” - si abbassa.
Facciamo il pieno
Attuando il federalismo fiscale i lombardi, in media, potrebbero risparmiare 323 euro di tasse all’anno oppure ricevere ben 707 euro di servizi in più. Ancora Il Giornale: “Il che significa asili, tram, metropolitane, case popolari, vigili per le strade”. Ma questo potrà accadere solo se il federalismo saprà applicare un meccanismo perequativo (che se mal gestito porterà inevitabilmente a problemi costituzionali) di coordinazione tra regioni ricche e regioni povere. Speriamo si ingrani la marcia giusta.
Formigoni preme sull’acceleratore
Formigoni l’ha detto: <Bisogna avviare una forma vera di autonomia finanziaria delle regioni>, soprattutto dopo aver disegnato uno Statuto regionale <capace di rispondere alle esigenze dei cittadini>. Così federalismo, per imprese e famiglie, significherebbe il via libera alla contrattazione decentrata (con le gabbie salariali), il rilancio di Malpensa, la riforma lombarda dell´istruzione e della formazione professionale, la piena autonomia alle Regioni sulla Sanità anche in materia di posti letto e farmaceutica, l’incremento del fondo statale a favore dei non autosufficienti. Insomma, per il Governatore della Regione Lombardia il federalismo <e’ prima di tutto fiscale e va inteso come una priorità>.
Teste senza “casco”
La lista delle priorità è lunga. Meglio coinvolgere anche gli enti locali nel fornire il nostro territorio di strade e ferrovie che insistono maggiormente sulla viabilità lombarda. Procedere alla costituzione di un Sistema universitario regionale, incentivare la ricerca e l’innovazione per valorizzare il capitale umano del Nord-Ovest, vero plusvalore di questo territorio. Infine, puntiamo all’interazione tra università, centri di ricerca e imprese, parchi scientifici e tecnologici, distretti industriali. Per difendere i tanti “cervelli” – ricercatori giovani e validi – che rischiano di correre senza casco (precarietà o assunzioni all’estero).
Premio al vincitore: ampolle con acqua del Tevere
Dalle rive del Po a Palazzo Madama e oltre: il primo impegno del nuovo Governo sarà quello di trasformare gli italiani in “federalisti”. La Costituzione (italiana) c’è, l’ampia sovranità statale anche, i numerosi diritti di autonomia – come in Germania – no. Così la rubrica Piccola Italia: “C'è un'Italia che paga il conto del ristorante anche all'altra che invece non può permetterselo”. Ma da qui a poco tempo Berlusconi & Co. dovrebbero regalare agli italiani una grossa abbuffata. Il conto si pagherà, naturalmente, con ciò che i cittadini ricaveranno dalla famosa detassazione (che detassazione non lo è più) degli straordinari.

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inserito il 7/5/2008 alle 12:03

Gli americani ci mancavano
L’Alitalia-affaire è un’epopea mista ad una soap-opera: se perdi una puntata sei finito. I protagonisti principali sono sempre quelli – la Sea, la compagnia di bandiera, l’hub di Malpensa – ma le “comparse” che sognano le luci della ribalta, in questi ultimi mesi, si sono fatte sempre più numerose: KLM, Air France, Aeroflot, Lufthansa…Gli americani ci mancavano, e sono arrivati. Fortunatamente non per acquistare ma per fare nuovamente scalo a Malpensa: forse è una buona notizia.

La KLM non è la KTM
Il terreno accidentato di Alitalia non faceva per lei, e così la KLM, che al contrario del KTM si trova in difficoltà tra le dune e le agili manovre del cross, se n’è andata. Fateci capire e spiegateci il perché il progetto KLM è fallito – o è stato fatto fallire – e non è mai stato reso pubblico il Piano Industriale definito, ai tempi, tra Alitalia e la società olandese.

Mengozzi e la politica “domestica”
Chiuso con la KLM si corre da AirFrance e il cacciatore di teste Mengozzi si mette al lavoro. Nel 2001 si è già a buon punto e le due parti sembrano avvicinarsi ad un’intesa. Poi il Governo blocca tutto e prende il via una gestione prettamente “domestica”. Perché?

Meglio i cavalli agli aerei
Ma come: la situazione peggiora, siamo alla canna del gas, non si sa come uscire dal sacco e nel 2005 un’Alitalia ormai ridotta a pezzi – ma, notizia dal Il Sole 24Ore, capace di spendere palate di euro per ristrutturare il suo sito internet - sponsorizza il concorso di equitazione Piazza di Siena. Diceva la canzoncina: “Chi ha tanti soldi vive bene, perché…”.

“Bad company”, good-business
Si era pensato anche a questo: proporre per Alitalia il modello utilizzato per risolvere la privatizzazione Finsider. I debiti si sarebbero potuti cartolarizzare attraverso una “bad company” e dare vita ad una newco per riportare progressivamente ad efficienza Alitalia con il coinvolgimento di capitalisti italiani. Ma crolla tutto e non ne conosciamo i motivi. Si attendono risposte: vere.

Gli aeroporti, in Italia, non saranno troppi?
Contateli sulle dita di una mano: non vi basteranno. Per “eliminare” Malpensa dal circuito degli hub l’hanno sommersa di scali: nel Nord Italia, tra Milano, Torino, Genova e Venezia, c’è un aeroporto ogni 40 chilometri. E a nessuno di questi è stato dato un obiettivo, una missione, un compito particolare. Scali d’affari, turistici o altro, non si sa. Fritto misto, con la classe dirigente lombarda che non sa spiegarci come ha gestito questa situazione. Non è che la borghesia milanese…ami troppo Linate?

Lasciamo Aeroflot dov’é.
Per carità, almeno teniamoci i voli comunitari. Con Aeroflot perderemmo anche quelli. A proposito, qualcuno potrebbe spiegarci quale è la dotazione tecnica degli aerei della compagnia e fornirci la statistica degli incidenti subiti dai suoi mezzi?

I dubbi sono come le formiche: non riesci ad ammazzarli tutti
E’ arrivata Lufthansa: evviva! Forse l’acquisto è vicino – e ciò fa ben sperare -, ma qui gatta ci cova. Si parla di aprire palazzi, uffici, banche e alberghi tutt’intorno a Malpensa e ridisegnare il territorio secondo il modello olandese dell’Airport city. Non a caso la squadra di Schiphol, gestore dello scalo di Amsterdam, è atterrata sul territorio di Malpensa. Dopo Francoforte, Monaco e Zurigo ci apprestiamo a trasformarci nel quarto Airport City di Lufthansa? Evviva la Baviera, perché questa volta, anche per noi, la tentazione di percorrere tale strada è forte. D’altronde tutto questo, noi, l’avevamo detto tempo fa.

Expo 2015…sognando il successo di Siviglia
Alitalia e la Lombardia le vogliamo così: decise, pronte, fantasiose, capaci di pianificare e gestire un evento che aprirà le nostre porte al mondo. Vogliamo politici-amministratori che, per una volta, ci dicano in anticipo sulle scadenze come realizzare il nostro sogno: “E’ tutto a posto: l’Europa sarà fiera di noi”. Urrà!

 
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inserito il 28/4/2008 alle 17:00

La politica con il “paracadute”
Ci si improvvisa venditori di palloncini, aspirapolvere o zucchero filato. La politica, in quanto arte e scienza, necessita preparazione intellettuale, cultura, studio. Pratica. Si “inventa” (con la dialettica e l’oratoria) ma non si improvvisa. Gli “enfant-prodige” sono sempre esistiti, ma anche quelli hanno valorizzato i loro talenti applicandosi sui libri. Non è più tempo di convivere con una classe dirigente con il “paracadute”, sempre pronta a cadere in piedi e ad evitare le buche. I generali sono apprezzati se sanno stare in prima linea.
Il bene supremo
E’ quello dei Comuni e della Provincia di Varese. Delle imprese e dei cittadini. Di chi governa lo Stato e di chi è governato. Il bene supremo – concetto espresso da Machiavelli ne “Il Principe” – è quello di garantire il benessere delle istituzioni e di chi abita il territorio. Un benessere che si raggiunge attraverso l’azione di un politico, azione giudicata in base al principio di utilità.
Siamo stati al gioco; ora fatelo voi.
E’ finita l’epoca di chi guardava alla carriera politica come ad un diversivo, o un accomodamento, alla fatica quotidiana. Decidere e assumersi le proprie responsabilità è compito arduo: chi lo fa per la cittadinanza deve conoscerne i rischi, assumersi le colpe, godersi i meriti. Ma la classe dirigente, per essere ancora tale, nel futuro dovrà dimostrare di conoscere, di sapere, di apprendere.

E proprio per i manager del futuro – anche i nostri - sono stati pensati i Seminari di cultura e formazione politica tenuti a battesimo, poco tempo fa, da Roberto Formigoni. “Lezioni” che puntano alla preparazione di una classe dirigente al servizio delle istituzioni e della società civile, in grado di sostenere il rinnovamento della vita politica locale e nazionale e mettere in rete le potenzialità dei giovani coinvolti attivamente nella vita pubblica del paese. Alle materie indicate nei seminari – welfare, bioetica, relazioni internazionali, integrazione europea e istruzione – da parte nostra vorremmo aggiungere alcuni approfondimenti in:
- Diritto privato, Diritto pubblico, Diritto amministrativo, Diritto costituzionale
- Economia aziendale, Economia Politica
- Scienza Politica, Analisi delle Politiche Pubbliche, Politica comparata, Analisi delle Istituzioni Politiche, Filosofia Politica
- Storia delle dottrine politiche, Storia contemporanea della società e delle istituzioni
- Macroeconomia e Finanza
- Sociologia politica
Il cerchio si chiude con la piena valorizzazione degli Uffici Studi, delle Università e di tutti quegli enti che si dedicano alla ricerca ed allo sviluppo. Perché non c’è futuro senza memoria.

Land of Tourism o…?
Il nostro territorio deve cambiare, la sua economia crescere, le sue imprese rinascere, i suoi affari decollare. Land of Business: è questo ciò che vorremmo in questa provincia dove il suo neo-presidente Dario Galli ha dichiarato di voler realizzare al più presto un Piano Rifiuti e attuare quel tanto sospirato federalismo fiscale. Noi, però, continuiamo a rincorrere la logica di una Provincia che si trasformi in Agenzia e di multiutilities che sappiano servire cittadini e imprese. Insistiamo, per capire.
Un poco di pazienza: i Mondiali non sono ancora partiti
Secondo alcune inchieste giornalistiche, i cittadini di Varese hanno già dimenticato i Mondiali. Insomma, prima di partire si sogna già il traguardo: è un po’ come trovare un lavoro e pensarsi già in pensione. Contro ogni logica…pedaliamo a vuoto.

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inserito il 16/4/2008 alle 09:30

Al di là dei colori, dei giri d’Italia e dei “corriamo da soli”, ora c’è – e resta – l’Italia. Quell’Italia che “bisogna amare e non usare”, ha detto più volte Veltroni. La stessa alla quale Silvio Berlusconi, neo-Presidente del Consiglio, dice di “rialzarsi”. Ed è un’Italia stanca e afflitta da una politica sbiascicata, delusa dalle promesse, capace di premiare il “voto utile” ma anche di spaccarsi nella protesta dei “no”, di spingere la Lega verso le cime del successo politico, di tarpare – seppur in parte - le ali ai partitucoli e di stringere i denti per pretendere una politica che non faccia da scaldino alle poltrone di Roma. E a quelle della Provincia di Varese, dove il senatore Dario Galli (PDL – Lega) si è imposto su Mario Aspesi (PD - IDV).

Un elettorato non ancora pronto, forse, per un bipolarismo che si vorrebbe compiuto: con un blocco impegnato a governare con un’opposizione che sappia essere critica quando lo deve essere, e non per posizione presa a priori. Al di là dei partiti e delle coalizioni, ora si deve solo lavorare recuperando ciò che si è perso: la cultura del merito e l’interesse strategico del Paese. Operare seguendo la via di decisioni condivise e rappresentative degli obiettivi di milioni di microimprenditori e cittadini. Ora alla Lega si è data un’occasione che non potrà bruciare perché l'esercito dei politici varesini a Roma è di sicuro interesse. A Palazzo Madama andranno Leoni e Rizzi (Lega), Tomassini (PDL) e Rossi (PD); alla Camera Umberto Bossi, Roberto Maroni, Marco Reguzzoni e Giancarlo Giorgetti (tutti Lega) e Daniele Marantelli (PD).

 
Sul tapis roulant di Malpensa sta scivolando Alitalia…nelle mani dei francesi; dobbiamo uscire ancora oggi dalla crisi dei subprime americani (e ricordarci che l’Italia ha saputo superare già altre crisi economiche); provocare la riforma della legge elettorale e della Costituzione attraverso un bicameralismo il più possibile perfetto e il rispolvero delle tesi di Gianfranco Miglio contenute nel testo “Genesi e trasformazioni del termine-concetto Stato”. Dove lo Stato è considerato “il capolavoro del pensiero occidentale”; capolavoro, però, che potrebbe vivere un declino inaspettato.

Con le sue “7 missioni per il futuro dell’Italia”, Berlusconi ha proposto “L’equazione del benessere”: MENO tasse sulla famiglia, sul lavoro e sulle imprese; UGUALE più consumi, più produzione, più posti di lavoro; UGUALE più entrate nelle casse dello Stato per aiutare chi ha bisogno, per realizzare le infrastrutture, per diminuire il debito pubblico. Ci auspichiamo lo possa fare, perché anche Berlusconi dovrà dimostrare di saper affrontare con consapevolezza, e soprattutto risolvere, i problemi di un’Italia che vuole crescita economica, stabilità di sistema, modelli efficaci di distribuzione delle risorse. Made in Italy, competitività, sviluppo, Welfare, ricerca e cultura, sicurezza e giustizia. Apriamo all’Italia – e alle nostre imprese - le porte dell’Europa: ci sono mezzi, capacità, conoscenze, strumenti. Capitale umano per dire al mondo che l’Italia, e questo nostro territorio, ci sono.

Ma serve un’iniezione di fiducia anche qui: lo abbiamo detto durante la tornata elettorale e lo ribadiamo ora. I giovani ci guardano e ci giudicano: nessuno li lasci soli. Tanto meno la politica, che sempre più dovrà salvaguardare il mercato del lavoro (modellandolo ai fabbisogni delle imprese) e ridurre la lontananza tra scuola e impresa sostenendo l’alternanza scuola-lavoro ma anche superando i confini di programmi ministeriali obsoleti e sempre troppo teorici. Non incoraggiamo la “liceizzazione” dell’Italia, perché tale tendenza sarebbe un errore per la continuità dell’impresa e per il ruolo che gli istituti tecnici devono giocare per l’impresa stessa. Inoltre, si dovrà puntare alla trasformazione delle municipalizzate in vere “società di servizio” (economiche ma competitive) e far correre le microimprese su infrastrutture che sappiano replicare il modello della CAL (Concessioni Autostradali Lombarde Spa) della Regione Lombardia. Un’ulteriore società che abbia il compito di governare e accelerare le grandi opere strategiche per la viabilità, non solo stradale, sul nostro territorio. Restano, infine, gli impegni di una drastica riduzione dei cavilli burocratici, del peso fiscale (guardando al modello del federalismo lombardo) e della spesa pubblica.

La classe dirigente si valorizzerà non con i propri privilegi, che risultano sempre più antipatici alla gente, ma con i fatti e i risultati. Perché la ricchezza accumulata in questi anni dal nostro Paese dovrà essere garantita e utilizzata per assicurare crescita, progresso e stabilità.

 

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