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inserito il 15/11/2008 alle 12:30

«Ricorso inammissibile»: due parole tremende, per dire che tornare indietro non si può. La sentenza che condanna a morte Eluana Englaro non può essere cancellata, e il suo tragico effetto non può essere bloccato. Questo ha deciso ieri sera la Corte di Cassazione, respingendo il ricorso della procura di Milano.

Potrebbe essere l’ultimo atto, epilogo di una lunga vicenda in cui nessuno esce vincitore, e solo una persona, di certo, esce sconfitta: Eluana stessa. Di questa sconfitta è convinto Mario Melazzini, presidente della Associazione Italiana Sclerosi Laterale Amiotrofica (AISLA), e malato di Sla dal 2002. Una sconfitta che suona particolarmente tragica per chi, come lui, condivide con Eluana l’aspetto centrale di tutta questa vicenda: il fatto di mangiare e bere grazie all’aiuto di un sondino.

 

Dottor Melazzini, che cos’ha provato sentendo questa ultima sentenza?

 

Enorme tristezza. Anche se da qualcuno potrà essere vissuta come una vittoria, io dico che in queste situazioni non ci possono essere né vinti né vincitori, ma solo sconfitti. E una cosa esce sconfitta in particolare: la vita. Sentendo dichiarazioni di vittoria fatte anche da persone non direttamente coinvolte, mi vien da dire che forse dobbiamo interrogarci, come società che si dice civile, su quale sia il valore che diamo alla vita. È o no un valore assoluto? Alcuni dicono che è stata fatta la volontà di Eluana: ma come si fa a desumere la volontà, come accade nella sentenza, in base solo ed esclusivamente a modelli di vita? A me come cittadino, come persona e anche come malato questa cosa fa molto, molto male: la vita vista come accettabile solo se adeguata a certi modelli.

 

Cosa si sentirebbe di dire alla famiglia di Eluana?

 

Io mi sento vicino a quella povera famiglia, indipendentemente da tutto. Non so cosa faranno ora, e se effettivamente metteranno in pratica l’ultimo atto, che non sarà un accompagnamento ma un vero e proprio omicidio. Questo mi sembra doveroso dirlo, come uomo ma anche e soprattutto come medico: l’alimentazione e l’idratazione non sono strumenti terapeutici, e come tali non sono mai identificabili come atto di accanimento terapeutico. Eluana non è una persona malata: Eluana è solo disabile.

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Commenti dei lettori: 2 commenti -
si ha paura a parlarne e stupisce gente così sicura come il dr. Melazzini. Tanta sicurezza nel dire, poco amore nell'ascoltare (per esempio il papà di Elueana) e si dimentica che Eluana è in stato vegetativo da anni: è vita umana? da PERSONA umana disabile? Esiste in natura? Una parola sul diritto: non fermiamoci alla forma della sentenza: in buona sostanza i giudici hanno riconosciuto un diritto, mentre potevano lavarsene le mani come fa da anni il parlamento. Bravi e coraggiosi.
Scritto da roberto il 16/11/2008 alle 11:45
E' ora di invocare il silenzio. Lo chiedono anche autorevoli uomini di Chiesa. Mons. Ravasi, presidente del Consiglio Pontificio della cultura, chiede di "abbassare la voce". Mons. G. Casale sottolinea che "la vita è relazione" ed invita ad abbandonare sofismi attardandosi dietro la distinzione tra terapia ed alimentazione artificiale. Il medico M. Melazzini sa benissimo quale distinzione ci sia tra chi come lui può rilasciare interviste pur alimentato da sondini ed Eluana . Non serve fingere.
Scritto da A. Vaghi il 16/11/2008 alle 12:29
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