Un grafico al giorno leva lo spread di torno
Mario Agostinelli   agostinelli.mario@gmail.com
inserito il 4/5/2009 alle 11:37

Sedici avvisi di garanzia sono l’ultimo atto (registrato a metà febbraio 2009) della novella dei “derivati a Milano”. Una storia esemplare di finanza sfuggita di mano a un ente locale comandato da un sindaco imprenditore (Letizia Moratti) con la complicità di 4 banche: Deutsche Bank, Ubs, Jp Morgan e Depfa. L’attore, non protagonista, è il Comune di Milano, che nel 2005, quando era sindaco Albertini, altro imprenditore paracadutato alla politica, decise di rinegoziare vari mutui, contratti con numerose banche e con la Cassa depositi e prestiti, per un valore complessivo di 1,685 miliardi di euro. Con l’obiettivo di trasformare 130 contratti a tasso variabile in un unico contratto a tasso fisso, da rimborsare solo nel 2035, la Giunta di centrodestra si fece guidare per mano da Deutsche Bank, Ubs, Jp Morgan e Depfa. Secondo l’analisi di fattibilità presentata dai 4 istituti, il Comune avrebbe dovuto risparmiare, grazie all’operazione, oltre 50 milioni di euro. La realtà è ben diversa: gli swap sottoscritti dal Comune per l’ammortamento del debito, gli strumenti finanziari derivati che avrebbero dovuto garantire al Comune di metter da parte il capitale necessario a pagare il debito, si sono rivelati un “buco nero”. Le perdite stimate sono circa 300 milioni di euro. Così a gennaio 2009 il Comune guidato dal sindaco Letizia Moratti ha avviato un’azione giudiziaria civile nei confronti di Deutsche Bank, Ubs, Jp Morgan e Depfa. Da arranger, infatti, erano diventati titolari dei contratti swap (in 4 parti uguali, ognuno del valore di oltre 400 milioni di euro). Ma a tutt’oggi, nessuna perdita viene sanata in nessun modo. I derivati sono l’altra faccia della medaglia di Depfa. La banca è arrivata in Italia nel 2003 perché  - spiegò allora al Corriere della Sera il direttore generale per l’Italia William Marrone - “la finanza locale italiana sorta dalla devolution (con la riforma costituzionale del 2001 e l’allargamento delle competenze degli enti locali) sta diventando il mercato più dinamico al mondo dopo quello Usa”. Un mercato in cui Depfa è entrata da regina: in una nota presentata al Comune di Milano come curriculum vitae, la banca spiega di esser stata “coinvolta in tutte le emissioni superiori ai 500 milioni di euro effettuate da enti locali e territoriali italiani” nel biennio 2003-2004. Dal Comune di Roma alla Regione Puglia, dalla Regione Sicilia alla Sardegna, dalla Provincia di Udine a quella di Treviso, per citarne solo alcuni: il debito degli enti locali italiani è saldamente in mano a Depfa. Così, 31,9 miliardi di euro di debito delle amministrazioni locali, il 57,5% del debito complessivo, risultano “finanziati” con questi strumenti finanziari.
Ben 777 enti locali (tra cui la Regione Lombardia , 737 Comuni e 40 Province in tutta Italia esclusi Piemonte, Trentino-Alto Adige e Valle d’Aosta) hanno fatto ricorso ai derivati per “ristrutturare” (gestire) il proprio debito, e di questi 265 sono Comuni con meno di 5mila abitanti. Varrebbe la pena di riflettere su come le amministrazioni siano diventate sempre meno la rappresentanza dei cittadini e la tutela dei beni comuni e sempre più un’espressione burocratica di interessi, buttati in pasto al mercato e affidati alle stesse ricette che hanno provocato la più grave crisi del dopoguerra. Eppure, per anni e anni si sono incensati acriticamente l’impresa e il mercato e si è dato contro in ogni modo ai lavoratori e al sindacato. Finendo col promuovere, con le fanfare dei media, una schiera di assessori e di sindaci imprenditori che hanno trattato i soldi dei loro cittadini con gli stessi metodi della finanza allegra che ha dominato le borse di mezzo mondo.

Categoria: Economia
Commenti dei lettori: -
Archivi:
Ultimi post:
(23/5/2012 - 12:46)
(22/5/2012 - 11:37)
(21/5/2012 - 14:41)
(18/5/2012 - 10:23)
(17/5/2012 - 14:09)
(16/5/2012 - 13:10)
(15/5/2012 - 12:05)
(13/5/2012 - 22:00)
(11/5/2012 - 18:35)
(10/5/2012 - 13:50)