Un grafico al giorno leva lo spread di torno
Mario Agostinelli   agostinelli.mario@gmail.com
inserito il 10/6/2009 alle 13:04

Conosco la Lombardia dalla mappa delle sue fabbriche, avendola girata in lungo e in largo per oltre venti anni, da segretario dei tessili prima e da segretario della CGIL poi. Martedì mattina, risultati delle elezioni europee alla mano, sono corso a rivedere la “mia” mappa della Regione: una mappa stravolta rispetto a dieci anni fa, ma tutt’altro che carente di occupazione operaia, densa di opere di braccia immigrate, lacerata da vuoti industriali sostituiti da centri commerciali a dismisura, a riprova di una ricchezza costruita sul debito, sulla riduzione dei diritti per i non nativi, sull’abbandono della manifattura e sullo svilimento del valore sociale del lavoro manuale. Sovrapponendo ad essa la distribuzione del voto, ne ho tratto un’immagine devastante per il centrosinistra e per la sinistra in particolare: c’è una correlazione precisa tra i nuclei operai rimasti o tra le concentrazioni di piccole fabbriche nel territorio e la crescita della Lega, il declino del PD e la lenta sparizione della sinistra. Innanzitutto, la crescita della Lega accompagna la redistribuzione delle fabbriche e dei capannoni nel territorio, concentrandosi nelle cinture delle città e nei distretti di nuova industrializzazione. Tra Bergamo città e la fabbrica diffusa tra Zingonia e Treviglio passa dal 18% al 39%. Lo stesso avviene a Brescia (15 punti di differenza tra centro urbano e l’indotto meccanotessile e armiero) e, in misura minore a Varese, solo perchè la città rimane una culla di dirigenti “padani”. Nelle province industriali, il PD sta ovunque tra il 15% e il 19%, senza discontinuità territoriale e la somma di PRC e SL non supera mai il 4%. Invece, a Milano città e nella cintura del terziario, dove ormai gli operai sono netta minoranza, la Lega precipita sotto il 13%, mentre il PD supera il 27% e la sinistra raggiunge il 6%. Nelle province agricole e a minor concentrazione manifatturiera (Mantova, Lodi, Cremona, Pavia) il partito di Bossi oscilla “solo” tra il 18% e il 21%, mentre PD e Sinistra ottengono i loro risultati migliori. Va osservato poi che i partiti di governo mantengono percentuali costanti in tutta la Lombardia, con compensazioni all’interno della loro area, senza travasi verso lo schieramento opposto e che IDV e UDC si distribuiscono uniformemente in tutta la Regione. Anche l’aspetto simbolico è significativo: Zipponi, leader Fiom nelle liste Di Pietro riceve poche preferenze, mentre un operaio veronese con la camicia verde fa il pieno nella sua stessa circoscrizione e la qualifica “operaio” compare in tutte le liste leghiste alle amministrative, proprio quando  Sesto San Giovanni, la ex Stalingrado d’Italia, passa alla destra. E, allora, torneremo a parlare agli operai?

Categoria: Lombardia
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