Un grafico al giorno leva lo spread di torno
Mario Agostinelli   agostinelli.mario@gmail.com
inserito il 29/9/2009 alle 08:17

Dopo una ben orchestrata campagna di (dis)informazione, con l’inclusione di opportuni sondaggi (da cui emergerebbe il mutato atteggiamento degli Italiani sulle centrali nucleari) è stata inserita per legge nella strategia energetica nazionale” anche la realizzazione “nel territorio nazionale di impianti di produzione di energia nucleare. E’ da notare, incidentalmente, l’introduzione di norme rilevanti e specifiche in una “legge contenitore” di oggetti disparati ed eterogenei: basti pensare che è stata, tra l’altro, inserita la privatizzazione dei servizi pubblici locali e dell’acqua. In sostanza, il Governo è investito del potere di legiferare in merito all’intera filiera nucleare, dalla produzione del combustibile alla realizzazione delle centrali, fino allo stoccaggio delle scorie e al loro smaltimento “definitivo”, senza trascurare le necessarie compensazioni a favore delle popolazioni destinate a convivere con centrali o depositi di scorie. A questo punto sorge spontanea la domanda: quali risorse vengono stanziate per la realizzazione di un programma così impegnativo? Risposta: neppure un centesimo! Infatti si dice che “non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica”. Quindi non si stanzia nulla, non solo per la produzione di energia nucleare, ma neppure per la ricerca sui fantomatici reattori di quarta generazione o per la fusione nucleare. Bell’imbroglio! Una vera e propria perla, poi, è la disciplina dei principi generali in materia di compensazioni alle popolazioni coinvolte nella localizzazione dei siti nucleari: da un lato non devono esservi oneri per lo Stato; dall’altro, i privati, cui sarà demandata la costruzione e la gestione di centrali e impianti, dovranno espressamente farsi carico dei “benefìci diretti alle persone residenti, agli enti locali e alle imprese operanti nel territorio circostante il sito”! Si tratta, all’evidenza, di legislazione “creativa” in senso letterale: viene, infatti, creata la nuova categoria delle imprese nucleari private “benefattrici”, che compensano le popolazioni locali, tenendo i relativi costi a proprio esclusivo carico (iscritti a bilancio non si sa bene sotto quale voce). Quel che è gravissimo è che per la localizzazione delle centrali atomiche ( i cosiddetti siti ) non viene prevista l’intesa con le Regioni e perciò risulta violata la competenza e l’autonomia regionale prevista dal titolo V della Costituzione: in particolare, le materie coinvolte sono produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia; governo del territorio; tutela della salute. Si tratta di materie di legislazione concorrente per le quali, ai sensi dell’art.117 della Costituzione, “spetta alle Regioni la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei principi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato”. E’ su questa base che la Regione Lazio, l’Emilia, la Toscana, il Piemonte, la Calabria hanno presentato ricorso alla Corte Costituzionale contro la legge che vorrebbe reintrodurre il nucleare in Italia. Occorre riprendere in mano dal basso la questione. Quale energia, da quali fonti, con quali effetti per la salute e la stessa sopravvivenza è questione decisiva per il futuro del Paese e per i diritti di cui sono titolari i cittadini: non può essere affare di pochi e l’alternativa tra atomo e sole ci deve riguardare come prospettiva a cui dedicare tutta la nostra attenzione. Perché allora Formigoni e la Giunta Regionale stanno  zitti e coprono il governo, facendo spallucce di fronte alla possibile localizzazione di centrali nel territorio lombardo?

Categoria: Lombardia
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