Un grafico al giorno leva lo spread di torno
Mario Agostinelli   agostinelli.mario@gmail.com
inserito il 14/10/2009 alle 07:57

A volte, come capita per i bambini che crescono in famiglia, occorre che un esterno ci segnali quanto i loro lineamenti sono cambiati “dall’ultima volta”. Così capita che anche noi, immersi nella quotidianità, siamo portati a sottovalutare i cambiamenti che si registrano nel tempo lungo. Provo qui a porre a confronto alcuni dati che riguardano la nostra Regione e che, presi a distanza, sono davvero impressionanti. Nel 1971 i grandi stabilimenti lombardi con più di 500 dipendenti erano 304 (di cui 105 con più di 1000 addetti) per un totale di 380.000 occupati. Nel 2001 si sono ridotti a 98 (di cui solo 27 con oltre 1000 salariati) per un totale di 90.000. Nel 2008 gli stessi numeri diventano 46, 1341.000. Oggi le aree dismesse e non edificate in Lombardia coprono 26 milioni di metri quadri (esemplari i due milioni di metri quadri dell’ex Alfa Romeo). Ben 14 milioni di metri quadri ex industriali sono stati in precedenza ricoperti di edifici commerciali – supermercati in particolare. Sono scomparse le grandi concentrazioni di “tute blu”, ma non le lavoratrici e i lavoratori in carne ed ossa, purtroppo ridotti al precariato, resi invisibili ai media e senza voce per la politica. In compenso, i vecchi padroni si sono buttati sul mattone, nel business commerciale e nell’attività di intrattenimento dove è spuntata la stella di Mediaset e gli eredi delle vecchie famiglie si sono accompagnati ai Ligresti e ai fratelli Berlusconi. La riorganizzazione della produzione e del consumo è stata imponente, con un deciso spostamento verso il consumo, oggi in profonda crisi a seguito dell’impoverimento delle famiglie. Da dove viene allora la “ricchezza” ridistribuita verso l’alto della Lombardia? Diamo uno sguardo ai numeri della sanità. I movimenti di proprietà dal pubblico al privato sono anche qui notevoli. Dal 7% di privato nel 1971 si arriva al 27% del 2008 (equivalente al 40% per fatturato!). A Varese, ad esempio, sono ben 50 le strutture private accreditate, che erogano cioè prestazioni con il rimborso del pubblico. E sto parlando della sanità, non dell’assistenza, dove i numeri sono ribaltati: oltre il 50% delle prestazioni è erogato da strutture private accreditate. Nella sanità si sono spostati investitori di grande fama industriale: i Rocca di Techint (e di Tenaris-Dalmine che sta licenziando 800 operai), i Doris di Mediaset,i più noti De Benedetti e Tronchetti Provera, che ritengono più remunerativo il paracadute dell’accreditamento pubblico rispetto al tradizionale rischio di impresa. Se si pensa che i lavoratori dell’industria e del pubblico impiego sono accomunati da una perdita del potere d’acquisto dei salari del 7% in valore reale negli ultimi 20 anni, si capisce come i grandi cambiamenti della struttura produttiva e commerciale e dei servizi in Lombardia abbia arricchito le imperturbabili lobby economiche di sempre che, accompagnando il declino dell’industria, hanno sviluppato e sostenuto la privatizzazione del welfare. Quindici anni di politica del centrodestra di Formigoni, cifre alla mano, fotografano la continuità del blocco di potere che si arricchisce in Lombardia consumandone il patrimonio di professionalità, saperi e diritti e impoverendone le prospettive future.

Categoria: Lombardia
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