Un grafico al giorno leva lo spread di torno
Mario Agostinelli   agostinelli.mario@gmail.com
inserito il 10/11/2009 alle 07:37

Sono portato a credere che la sinistra nazionale rimuova il caso Lombardia perché non vuole andare a fondo delle ragioni della sua sconfitta: così profonda dalle mie parti da non farle immaginare nemmeno una rivincita. Ma come si può rimontare a Roma dando per persa Milano? A me sembra indispensabile analizzare il disegno elettoralmente pagante con cui il centrodestra ha attraversato per venti anni trasformazioni economiche e scomposizioni sociali sconvolgente. Capirne la portata e i pericoli per un Paese che elogia acriticamente “l’eccellenza del modello lombardo”; esporne infine i punti deboli e il declino a cui condanna gli abitanti, remunerando al presente solo le proprietà, gli affari e i profitti dei residenti. Mentre cambiavano modi e rapporti di produzione su scala globale, con effetti sulle migrazioni, sul clima, sul consumo di natura e territorio, con una redistribuzione del reddito con concentrazione della ricchezza nelle regioni più sviluppate, ma effetti tutt’altro che uniformi sulla povertà e l’esclusione, sul salario e sullo stato sociale, Formigoni si è posto nella posizione del correttore a valle degli effetti più stridenti. La sua azione di governo ha approntato e fatto crescere una macchina di caritatismo compassionevole incentrata sulla Compagnia delle Opere come soggetto designato dal pubblico a funzioni riparatrici. Così, liberismo comunitarismo e leghismo sono risultati naturalmente alleati per descrivere compiutamente una società ricca che affronta la globalizzazione difendendo, finchè possibile, i suoi privilegi. E’ per questo che questa destra padrona di una Regione con nove milioni di abitanti vuole alimentare con un federalismo becero – con l’incredibile consenso del “PD del Nord” – un modello che consuma più di quanto produce. Tre mandati del “Celeste” hanno rinvigorito quei centri di potere economico-finanziario che hanno lanciato un liberismo d’antan, cancellando diritti e inclinando a destra l’asse culturale e il sentimento popolare. Venti anni rivolti a vanificare una stagione di avanzata sociale, quella della fine anni sessanta, che in Lombardia più che altrove si era retta sulle spalle delle rivendicazioni egualitarie delle tute blu, degli immigrati che venivano eletti delegati sindacali, degli studenti che dopo l’università rimanevano per scelta nella scuola e nella sanità pubblica. L’abbandono di quella politica e di quella cultura ha dei prezzi per il futuro. La Lombardia che rilancia Formigoni per un quarto mandato ha vissuto di un patrimonio straordinario di energie ereditate – sociali, professionali, naturali – che sta consumando e le energie di cui si nutre non sono rinnovabili. Oggi, quando parte la corsa per le Regionali con sullo sfondo i grandi affari di Expo 2015, occorre andare all’attacco e costituire l’attrattore di una narrazione alternativa a quella della continuità del “modello Formigoni”. Questo è il compito delle forze politiche che hanno la responsabilità anche di ricostruire un’unità andata in frantumi perfino all’opposizione: osare, per incrociare quel desiderio di “ben vivere” rubato agli anni settanta e sconfitto dall’ideologia dell’esclusione, con un presente per ricchi e un futuro per pochi.

Categoria: Lombardia
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