Un grafico al giorno leva lo spread di torno
Mario Agostinelli   agostinelli.mario@gmail.com
inserito il 18/2/2010 alle 09:40

Ieri abbiamo posto all’attenzione i dati preoccupanti della caduta dell’esportazione e della crisi bancaria. Oggi vogliamo andare ad ulteriori considerazioni. Come un solitario pellegrino il solo Draghi, presidente di Bankitalia va lanciando allarmi sempre  più accorati, ma e’ trattato da insetto fastidioso e, dunque, censurato. Epifani e’ invece dipinto dalla “buona” stampa come strutturalmente catastrofista, quindi le sue preoccupazioni sulla occupazione non vengono prese in seria considerazione. Assediato da vicende di escort piovute nei palazzi come la manna dal cielo, da ingiurie alla magistratura, da fatti di corruzione grandi e piccoli, il Paese è distratto dal suo andare a rotoli. Possiamo parlare di tutto tranne che dell’andamento economico, del dramma del lavoro. Nessuno riesce a porlo in agenda, non si dice al governo ma ai protagonisti sociali. Confindustria e’ scomparsa,di Cisl e Uil non si sa più niente – e lo sa anche il mio acutissimo amico Adamoli, che ne soffrirà quanto me - l’opposizione parlamentare gioca a fare la spregiudicata solo nella politica della immagine. Eppure i tempi si stanno facendo più duri. Lo testimoniano le persone in seconda fila. Nei giorni scorsi il presidente della Unione Industriali di Varese, nella sua relazione agli associati esprimeva la preoccupazione per la divaricazione di interessi tra mondo bancario e mondo industriale.”L’anno appena passato - ha detto Graglia- ha dimostrato che mondo finanziario e industria sono due mondi completamente distaccati”. Un fatto gravissimo che sottintende un percorso difficile di uscita dalla crisi. Una dichiarazione che nessuno ha ritenuto di riprendere. Eppure Graglia ha ragione. Il più grosso investimento industriale in corso in Italia ,infatti, non e’ sostenuto dalle banche italiane bensì dalla Banca Europea per gli investimenti. Suoi sono i cinquecento milioni con cui Alenia farà investimenti in Campania e in Puglia negli stabilimenti che gia’ possiede. Senza questo contributo della Comunità, Alenia sarebbe al palo. Ma cosa allora di Italtel e Eutelia in Lombardia, una volta fiori all’occhiello dell’informatica? E cosa dire di quella media industria del mobile del trevigiano che sta aprendo una fabbrica in Cina  con un finanziamento al 100% di banche cinesi.? Si badi bene, per vendere mobili in Cina, non per esportarli in Europa,  perchè quel mercato e’ maturo per assorbire quei prodotti ed i costi di spedizione vanificherebbero altri tentativi. Come  spiega l’amministratore delegato con una nuova fabbrica in Cina qui in Italia  si ampliano i servizi , si assumono tecnici e designer e si richiedono al territorio nuovi servizi, per esempio i voli per la Cina. Cambia, ovviamente,  il tipo di occupazione richiesta. Il calo della produzione, quello dell’utilizzo degli impianti e del fatturato, implica anche un calo se non la scomparsa degli utili. Come è possibile  autofinanziare gli investimenti in questo quadro? Perchè se il credito non arriva dal mercato finanziario, l’azienda deve trovare al suo interno le risorse. Ma quando gli utili non ci sono? Sulla mancanza di utili è ancora più preoccupante  il rapporto di Unioncamere Lombardia di questi giorni. Nell’anno appena concluso in Lombardia, una azienda su due ha fatto investimenti, ma nel complesso sono calati del 2,8%. E ben il 57% delle aziende dichiara di avere un andamento molto negativo. Del resto il calo del 38% degli investimenti immobiliari industriali nel 2009 rivela la mancanza di prospettiva del settore industriale. Tale dato è temperato dall’intervento speculativo dei fondi immobiliari che hanno triplicato il loro fatturato negli ultimi tre anni. Questi fondi, attivatisi all’inizio di questo decennio, sono sostenuti abbondantemente dalle banche ed operano sul mercato immobiliare, massicciamente anche in quello industriale. Alla fine del 2008 possedevano immobili per 34 miliardi, debiti per quindici, quando solo cinque anni prima  possedevano immobili per 3,5 miliardi e debiti per 500 milioni. All’inizio i debiti erano il 15%  del valore posseduto ora sono il 50%. Nel 2003 in Italia esistevano 17 fondi immobiliari oggi sono piu’ di 250. Pieni di debiti. Anche questo fenomeno aiuta a capire dove sono finite i soldi in questi ultimi anni. Sono calati quelli a disposizione della produzione vera e propria, quelli per la ricerca, la formazione, il marketing e si sono concentrati sulla parte immobiliare (solo quindici miliardi è la spesa del sistema Italia, in un anno, per la ricerca. Spesa pubblica compresa).

Categoria: Economia, Lombardia
Commenti dei lettori: 6 commenti -
Documentatissimo! Ma allora le voci di dissesto dell'Italia, oltre alla Grecia, sono plausibili? Mi fa paura e rabbia che il nostro governo e i nostri elettori facciano finta di niente.
Scritto da Adrian Zanolla il 18/2/2010 alle 13:46
Al culmine della gravissima crisi finanziaria mondiale sentivamo i "grandi" assicurare che ci sarebbero stati nuovi rapporti dell'economia fondati sull'etica. Bei propositi di chi promette di fare il bravo quando ha l'acqua alla gola... Infatti, passata (ma è passata?) la buriana, esaminando e riflettendo sul tuo post, ci si accorge che il dio-profit perde il pelo ma non il vizio. Come volevasi dimostrare. Carnevale per alcuni, quaresima per tanti altri. Peggio di prima.
Scritto da Carlo A.A. il 18/2/2010 alle 17:21
I soldi al mattone sono un delitto in un paese ad alta intensita industriale come il nostro. Chissa' se da qualche parte si sta comiciando a pensare ad un altro sistema di credito
Scritto da claudio il 18/2/2010 alle 20:14
Caro Agostinelli, quello che scrivi e denunci su questo tema e come sempre doc. Mentre il sistema produttivo della piccole e medie imprese viaggia ad altissima velocità verso un collasso drammatico fa impressione il silenzio dei piccoli e medi imprenditori. Nel recento passato in ogni provincia lombarda c'erano assemblee di questi imprenditori che osannavano le ricette leghiste e poliste fino a garantire un consenso elettorale plebiscitario alle destre. PICCOLI E MEDI IMPRENDITORI SVEGLIA!!!!
Scritto da robinews il 18/2/2010 alle 23:34
il problema non sussiste sempre per chi si ritrova nel circolo della riproduzione del lavoro,cioè,chi non perde lavoro è chi è piazzato all'interno di attività non produttive,di chi semplicemente gestisce e sposta capitali,dovrebbero ammettere che il mondo sta cambiando e che per evitare i cicli della crisi occorre uscire fuori dalla mera produzione a carattere industriale,occorre riconvertire le risorse e riformare i lavoratori con nuove destinazioni....
Scritto da francesca il 19/2/2010 alle 00:47
..(continuo del commento precedente),che significa rafforzare il terziario,portarsi in campo industriale all'avanguardia(dove a volte avanguardia non significa solo macchinari più tecnologici,ma anche alta qualificazione del personale,con un ritorno in ambito tessile per esempio alla manodopera)per emergere bisogna spostarsi dalla quantità alla qualità perchè come produzione non possiamo quantitativamente competere con la Cina.Bisogna investire di più su scuola,formazione e ecologia:IL FUTURO
Scritto da francesca il 19/2/2010 alle 00:51
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