Un grafico al giorno leva lo spread di torno
Mario Agostinelli   agostinelli.mario@gmail.com
inserito il 8/4/2010 alle 08:05

Esattamente un anno fa osservavo sulle coste venezuelane un enorme cargo cinese che nessuno sapeva dove fosse diretto. Si diceva che fosse radiocomandato e che facesse il giro del mondo con pochi scali scelti. Una leggenda metropolitana?

Ma come va il mondo al di fuori della nostra esperienza da piccolo cortile? I fenomeni di delocalizzazione produttiva e di globalizzazione che si sono determinati con intensità nel corso degli ultimi decenni non sarebbero stati possibili se l'economia portuale e marittima avesse conservato le caratteristiche dell’epoca precedente. Prevaleva in quella fase la dimensione del porto industriale, all'interno del quale i flussi di merce erano governati dalla domanda del territorio retrostante (hinterland). Genova era così la punta necessaria del triangolo industriale con due vertici a Milano e Torino. Ma il container, ha determinato nei decenni più recenti una sostanziale discontinuità nel sistema dei trasporti, che, assieme ai processi di deindustrializzazione degli insediamenti portuali, ha mutato radicalmente il volto ed il modello organizzativo di una delle attività economiche più antiche dell'uomo.  Il traffico dei container è diventato il termometro della globalizzazione e della internazionalizzazione dei flussi produttivi. Dal 1990 al 2007, il volume dei contenitori movimentato nei porti è passato da 25 a 125 milioni di TEU (il container da venti piedi che è l'unità di misura del traffico). Ed è cambiato profondamente, per effetto dell'avvento dei container, il mercato del trasporto marittimo, attraverso un processo di concentrazione proprietaria di dimensioni radicali: oggi 15 compagnie controllano il 66% della flotta full container mondiale, pari al 77% della capacità offerta. Quando dalle nostre parti vedete passare tir con il marchio Maersk, o MSC, ricordatevi che appartengono alle due più grandi compagnie marittime del mondo. Eppure la crisi ha ridotto la movimentazione: a maggio del 2009 erano ferme ben 576 navi porta container. Ma mentre i porti italiani sono al servizio sostanzialmente esclusivo del sistema produttivo nazionale, (tranne Gioia Tauro e Taranto), i porti del Nord Europa sono al servizio dell'intero sistema produttivo europeo, avendo puntato su modelli di organizzazione basati sulla riduzione dei tempi medi di sosta dei contenitori. Così come si è formato un mercato oligopolistico degli armatori, negli ultimi due decenni si è consolidato un mercato oligopolistico dei gestori dei terminal, con processi di concentrazione, di privatizzazione e di liberalizzazione delle banchine portuali. Insomma, il ciclo economico tende ad integrare attività marittime, portuali e terrestri in una regia unitaria. Il rischio di una bolla finanziaria è presente anche in questo settore: si sono cominciate a costruire navi anche senza aver sottoscritto impegni di noleggio con gli armatori.  Aprire lo sguardo sui fenomeni di globalizzazione è utile per non ripetere sciocchezze, buone per attirare voti , ma non per risolvere i problemi. Due esponenti illustri della Lega – il sindaco di Verona e il presidente della nostra provincia – hanno recentemente affermato che occorrono dazi e protezionismo per difendere le merci italiane: questa sì è una leggenda metropolitana…

 

Commenti dei lettori: 3 commenti -
Le trasformazioni vengono sempre definite epocali. Ma quelle riportate lo sono davvero. La politica dovrebbe confrontarsi con la realtà, ma la sensazione è che l'Italia si confronti con un armamentario di risposte e di palliativi utili a rassicurare senza risolvere alcunchè. La Lega si è assunta questo ruolo: gridare al lupo tenendoselo sempre intorno, perchè la paura porta voti anche senza soluzioni
Scritto da Filippo il 8/4/2010 alle 08:31
condivido in pieno quanto scritto da filippo, ma credo che questo non possa bastare. Chi ha un idea diversa dell'economia globale antiliberista deve però fare uno sforzo di ELABOR-AZIONE più comprensibile, radicando nel territorio le risposte proposte nel concreto. Senza questa capacità non possiamo consolarci criticando la lega che propone (ma non dispone pur essendo forza di governo) dazi e protezionismo. Quindi facciamo noi politiche e azioni concrete a difesa del lavoro italiano ed europe
Scritto da robinews il 8/4/2010 alle 13:48
la scorsa settimana varese news presentava un articolo"IL porto di Busto Arsizio ?sara Barcellona,per chi,come me,non ha sufficente conoscenza dell'argomento l'argomento non era comprensibile cosi come è difficilmente comprensibile il blog di oggi. La lega rende tutto facile,ci vogliono i dazi,dato che sta al governo da dieci anni ci spieghi perche i dazi non li mette! intanto l'impressione che da è che abbia sempre una soluzione per tutto,naturamente è solo fumo,agli altri smascherarla
Scritto da angelo m il 8/4/2010 alle 15:04
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